Se la Costituzione si studiasse a scuola

La Costituzione non solo bisognerebbe studiarla, e fin dalle elementari, ma dovrebbe essere, in tutte le scuole di ogni ordine e grado, materia fondamentale e oggetto di esame; e causa di bocciatura in caso di conclamata ignoranza. Forse allora non si assisterebbe agli sconci cui ci costringono tanti politici di bassa lega e ancor più bassa cultura, giuridica e non solo.

Ad esempio quando pretendono di imporre ai parlamentari briglie, morsi, lacci e lacciuoli: la conoscenza di quanto disposto dall’Articolo 67 della Costituzione farebbe loro capire che è fuori dal mondo la pretesa di imporre un vincolo di fedeltà a un parlamentare, e ancor più inconcepibile è la pretesa di imporgli un voto di fiducia obbligatorio qualora il governo fosse espressione della sua parte politica.

Suona a dir poco bizzarro che ad avanzare un’idea così balzana, sfacciatamente autoritaria e vergognosamente antidemocratica, sia quello stesso partito che, al referendum del dicembre 2016, affermava di battersi per la difesa della Carta Costituzionale che ora, con questi diktat, sta prendendo letteralmente a calci, così mostrando di considerare la Costituzione sacra se la vuole modificare Matteo Renzi, ma carta straccia se intralcia i progetti della Casaleggio & Associati.

Il valzer di tanti parlamentari, che con disinvoltura si sono spostati da uno schieramento all’altro nel corso delle ultime legislature è uno spettacolo certamente avvilente e degradante. Ma ancor più degradante ed avvilente sarebbe lo spettacolo di parlamentari trasformati in marionette, privi di qualunque autonomia e libertà di coscienza, il cui voto, anziché libera espressione del loro convincimento, è frutto di una decisione presa altrove e imposta loro da persone il cui potere, per giunta, non ha avuto alcuna sanzione popolare ma discende dal semplice fatto di gestire un’azienda, che a sua volta gestisce un marchio. A questi pupazzi acefali preferirei di gran lunga il più squallido degli Scilipoti o dei Razzi.

Non approvavo, miei ventiquattro pazienti lettori, la riforma costituzionale voluta da Matteo Renzi: l’abolizione di fatto del Senato ed altre discutibili innovazioni rischiavano di creare un mostro, nel quale il governo avrebbe goduto di un potere eccessivo a fronte dell’indebolimento di Parlamento e Magistratura. Allo stesso modo ho avversato la proposta, avanzata anni fa da Silvio Berlusconi, di far votare le leggi solo dai capigruppo parlamentari, che aveva lo stesso scopo della norma grillina: una proposta che non esito a definire aberrante.

Men che meno, dunque, posso approvare l’insulto alla Costituzione rappresentato dal cosiddetto “Codice Etico” che il Movimento 5 Stelle intende imporre ai suoi rappresentanti nelle istituzioni calpestando, lo ripeto, quanto saggiamente  i Padri Costituenti previdero stilando l’Articolo 67:

«Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato»

Questo significa che i parlamentari non appartengono a nessuno, o meglio appartengono a tutti i cittadini. Che nessuno – sia esso segretario di partito, presidente della Fininvest, amministratore di una S.r.l. o titolare di un marchio – ha il diritto di condizionare le loro decisioni imponendo patti che peraltro, essendo anticostituzionali, sono comunque fin dall’origine nulli e privi di valore.

Disgraziatamente, sono tanti, tantissimi quelli che vogliono fare i parlamentari, ma pochi, pochissimi, si prendono la briga di chiedersi cosa davvero significhi essere un rappresentante della Nazione nel più alto consesso rappresentativo che essa abbia.

E ancora di meno, purtroppo per noi, sono quelli che si prendono la briga di leggere quella Costituzione che a chiacchiere, e spesso urlando e insultando, dicono di voler difendere.

Giuseppe Riccardo Festa

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