Ammettiamo, per amore di paradosso, che Ilaria Salis abbia davvero aggredito quei neonazisti. Ammettiamo che questa donna minuta, forte solo delle sue convinzioni antifasciste, si sia scagliata con feroce determinazione contro un paio di poveri, fragili, indifesi e nostalgici difensori del Terzo Reich – notoriamente pacifici, amanti delle buone maniere, fini cultori della poesia e delicati nello spirito quanto nelle membra – e che armata della sua implacabile borsetta e delle sue micidiali unghie li abbia massacrati, al punto di costringerli a passare ben mezzora in un pronto soccorso ungherese, dal quale se ne sono poi andati senza manco sporgere denuncia.
Ammettiamo che Ilaria Salis meriti, effettivamente, di essere processata. Ammettiamo che i suoi accusatori dispongano di quelle prove che ancora non sono stati in grado di esibire in tribunale. Ammettiamo tutto quello che si vuole ammettere. Non sarebbe il caso che finalmente la magistratura ungherese si decidesse a formalizzare le accuse contro di lei, che tiene in galera da quasi un anno e mezzo, al carcere duro, prorogando di volta in volta la carcerazione preventiva ma senza arrivare una buona volta a precisare perché?
I governanti ungheresi hanno già condannato Ilaria, e questo la dice lunga sulla loro concezione della separazione dei poteri; ma sono disarmanti anche, oltre che avvilenti, le affermazioni dei politici di casa nostra, non solo quelli di destra, che riguardano la sua vicenda.
A destra – in primis Giorgia Meloni – si dice, mentendo spudoratamente, che bisogna lasciar lavorare la magistratura ungherese, perché così impongono le norme del diritto. Ma le norme del diritto vogliono che le magistrature siano indipendenti dal potere politico, ciò che nell’Ungheria modello Orban è ormai chimerico da anni.
La realtà, per quanto riguarda le destre nostrane, è che a queste destre il modello Orban piace parecchio. Ilaria è in carcere, in Ungheria, perché Orban vuole sia chiaro, in tutta Europa, che il suo regime non sopporta critiche e ingerenze da parte di antifascisti e antinazisti. E non è che i nostri attuali governanti siano disposti più di lui a sopportare critiche e ingerenze: le manganellate della Polizia agli studenti pro-Palestina, l’occupazione manu militari della RAI (con la scandalosa modifica alle norme sulla par condicio), il bavaglio alle intercettazioni, le querele a go-go contro gli intellettuali scomodi e le proposte di carcere per i giornalisti stanno a dimostrarlo.
Questa stessa destra italiana che levava alti gemiti contro la carcerazione preventiva, durante la stagione di Mani Pulite; questa stessa destra che vuole celebrare con un francobollo un evasore fiscale, un bugiardo patologico, un promulgatore di leggi “ad personam”, un amico e protettore di Marcello Dell’Utri, condannato per collusione con la mafia, ma non dice una sola parola, oggi, in difesa di Ilaria Salis.
A sinistra ci sono voci che, associandosi ad altre voci che vengono da destra, dicono che il caso Ilaria Salis non va politicizzato, quasi che il caso non fosse già politico fin dal primo giorno. Dicono, queste voci, che non bisogna creare un altro caso Tortora. E perché non bisognerebbe farlo? Ben vengano uno, dieci, cento, mille casi Tortora, se servono a denunciare l’oscenità di un uso oppressivo e repressivo della carcerazione preventiva, in Ungheria come in Italia (che pure, quanto a smanie repressive e disumanità del sistema carcerario non scherza), come ovunque in Europa.
Nel gran bailamme di nomi e di proposte di candidature per queste elezioni europee, che i partiti italiani fanno vorticare pensando a tutto salvo che alle questioni comunitarie, quella di Ilaria Salis è forse l’unica che davvero affronta un problema basilare della società europea, che critica la Bielorussia, la Russia, l’Iran, l’Egitto (ricordate Patrick Zaki?) e l’Afghanistan per le politiche repressive che praticano sulle rispettive popolazioni ma sta pericolosamente scivolando, pure lei, verso una pericolosa deriva autoritaria e liberticida.
Coraggio, Ilaria. Forse meriti davvero di essere processata; ma bisogna pretendere che quel processo si celebri nel rispetto delle tue prerogative di essere umano, prima di tutto, e poi di cittadina italiana ed europea. Bisogna che la presunzione di innocenza prevalga fino all’ultimo grado di giudizio, checché ne dicano i media di destra, i politicanti ungheresi e la gentaglia neonazista di tutta Europa.
Se eletta, sarai forse la sola eurodeputata italiana che avrà veramente qualcosa da dire, a Strasburgo. Voglio vederti uscire libera da quel carcere ungherese. Voglio sentire la tua voce alzarsi forte contro ogni forma di prevaricazione, di umiliazione e di oppressione in questa Europa che, ogni giorno di più, si sta mostrando debole con i forti e forte con i deboli.
Questa Europa che, se prevarranno gli Orban, le Le Pen, i Salvini e gli altri loro camerati, avrà tradito sé stessa e le ragioni stesse per cui è nata.
Giuseppe Riccardo Festa
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