MASSIMO MAGLIARO, LE PRESUNTE TASCHE VUOTE DI MUSSOLINI E ALTRE PATACCHE.

A vederlo, viene in mente la battuta che, in un vecchio film della grande coppia comica, affiancato da un sorridente Stanlio Ollio rivolgeva a un tizio: “Ma lei esce con quella faccia anche la domenica?”

Massimo Magliaro, presidente della fondazione Almirante, già vicedirettore del TG1, non ha un cognome che ispiri la massima fiducia, e quanto alla faccia – absit iniuria verbis – se non sapessi chi è a trovarmelo di fronte in una strada deserta qualche preoccupazione me la farei venire.

Giustamente, però, uno dice: non si giudica la gente dalla faccia, che diamine! Pensa alla tua, che certo non è la faccia di Adone. Giustissimo, la gente in effetti va giudicata dalla sua cultura e dalla sua onestà intellettuale, sennò si fa “body shaming”. Il fatto è che purtroppo, però, anche in questo àmbito non è che Massimo Magliaro brilli in modo particolare. Basti pensare alla frase che recentemente ha ripetuto, e gli ignoranti attribuiscono nientedimeno che a Winston Churchill, secondo la quale “A Mussolini, quando lo appesero a testa in giù a Piazzale Loreto, non uscì di tasca nemmeno una lira”. Magliaro, che con orgoglio si professa fascista (senza offesa, con quella faccia non aveva bisogno di dirlo) evidentemente ignora che quella frase non era del grande statista inglese ma, più modestamente, di un comico italiano, Walter Chiari, lui pure di simpatie fasciste: quello che inguaiò l’innocente Lelio Luttazzi con una questione di droga e non gli chiese mai scusa.

Ma ignora pure, Massimo Magliaro (e se non lo ignora allora è in malafede), che Mussolini non amava tanto le lire (sulle quali aveva pur fatto incidere il suo profilo mascelloso) quanto i dollari americani, al punto che nel 1942, con l’Italia già in guerra contro gli USA, aveva mandato allo IOR ben tre milioni di dollari dell’epoca (equivalenti a una sessantina di milioni di euro attuali) per farseli trasferire a New York. Quei dollari furono poi restituiti dallo IOR allo Stato italiano nel 1945, e questa è storia.

Ma si sa che la gente della destra attualmente al potere nel nostro Paese con la Storia in particolare e con la cultura in generale ha un rapporto un tantino conflittuale, per cui le sortite di Massimo Magliaro non sorprendono più di tanto: basti pensare al ministro della cultura (!) Gennaro Sangiuliano, che giudica libri che non ha letto, secondo il quale Dante sarebbe stato il fondatore del pensiero di destra, e in Italia c’è stata una dittatura comunista; oppure alla ministra (!) del turismo Santanchè, che attribuisce a un certo Lucchini la regia del film “Il Gattopardo”, o ancora al presidente del Senato (!) La Russa, che non conosce la Costituzione italiana (affermando  che essa non è antifascista) e che riscrive la storia di via Rasella, per arrivare ai deliri – pardon – alle affermazioni del generale Vannacci, che non starò qui a ripetere perché a tutto c’è un limite.

Ma io non ce l’ho con loro. L’Italia è piena di gente così, che di solito spara le sue scempiaggini pontificando sui massimi sistemi fra una birra, un gol visto in TV, un rutto e un caffè, magari dopo aver intravisto un titolo su un giornale, buttato là su un tavolino del bar, ma guardandosi bene dal leggere l’articolo. Io, ripeto, non ce l’ho con i Magliaro, i Sangiuliano, le Santanché, i La Russa e i Vannacci. Io ce l’ho con chi li vota e con chi li voterà.

Immagino che, lette queste righe, qualcuno subito dirà: “e Fassino?” Precedo questi qualcuno: io al duty free shop di Fiumicino non c’ero, e quindi non sono in grado di giudicare. Se Fassino è impazzito, o è cleptomane, o semplicemente è un ladruncolo, toccherà deciderlo a chi di dovere. Le affermazioni di quegli altri, invece, sono conclamate e nessuno può negare che le abbiano dette, dunque il giudizio è più che legittimo: è doveroso.

Peraltro, se Fassino rubacchiava profumi (ammesso e non concesso), qualcun altro ha rubato milioni, ad esempio 49, e, a dispetto di un passato secessionista e antimeridionalista continua impunito a spacciarsi per patriota italiano.

Dunque ripeto: io non ce l’ho con loro ma con chi li vota. E prego di tornare alle urne chi, non andando a votare essendo deluso (non del tutto a torto) dai loro oppositori politici, lascia che costoro, sorretti da compagni di bevute, di rutti e di fregnacce perentorie, che invece a votare ci vanno, decidano del presente e del futuro del Paese e, che non è da meno, lo rendano ridicolo di fronte al mondo intero.

Giuseppe Riccardo Festa

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