JE SUIS CHARLIE. NOUS SOMMES CHARLIE

Il coro di generale condanna del vile assalto a Charlie Hebdo, e di vicinanza alle vittime, al quale Cariatinet si unisce con commozione e convinzione, non è purtroppo unanime. Non mancano i complottisti, quelli che immaginano un cinico disegno dei nemici dell’’Islam teso ad acuire le tensioni fra la cultura occidentale e quella musulmana: secondo costoro, la strage al giornale satirico e i successivi eventi non sarebbero opera di fanatici integralisti, ma di chissà quali servizi segreti.

È quasi inevitabile che ciò accada, e discutere con costoro è inutile, come lo è litigare con uno stormo di passeri. Non vale la pena di dedicare a questi dietrologi nulla di più di una scrollata di spalle.

Quelli che invece fanno male sono i tanti, troppi commenti di chi dice che quei quattro vignettisti se la sono cercata o che hanno esagerato. Tra costoro ci sono i paladini della vita pantofolaia, i don Abbondio che guardano con fastidio a chi osa alzare la testa, avere il coraggio delle proprie opinioni e addirittura esprimerle anche sapendo che, così facendo, corre il rischio di offendere sensibilità mal riposte.

È la gente che Dante, col massimo disprezzo, colloca fuori perfino dall’’inferno, gli ignavi a proposito dei quali fa dire a Virgilio: “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”.

E ci sono, anche, quelli che dicono che quella fine, i coraggiosi giornalisti e vignettisti di Charlie Hebdo, se la sono meritata. Costoro, evidentemente, non sopportano che qualcuno osi esprimere un’’opinione che contrasta con la loro; e purtroppo non mancano di farsi sentire anche in Italia.

Certo, l’’assalto alla libertà di opinione di Parigi tocca un vertice di ferocia e di abiezione, motivato dal fanatismo religioso, che noi non subiamo dai tempi dell’’assassinio di Walter Tobagi, di Peppino Impastato e degli altri giornalisti che sono stati assassinati a causa del loro coraggio.

Tuttavia non bisogna credere che il pericolo non esista anche da noi. Anche da noi ci sono voci che si levano contro giornalisti coraggiosi che osano denunciare il malaffare, e -– soprattutto quando si tratta di opinioni politiche –- lanciano insulti e minacce contro chi professa idee divergenti o anche indipendenti.

Non possiamo che augurarci, prima di tutto, che non scatti, in chi sui giornali esprime valutazioni e commenti, la tenaglia dell’’autocensura. I miei ventiquattro lettori sanno che ho abbandonato una testata giornalistica dalla quale ero stato censurato per aver condannato senza appello il barbaro assassinio di ostaggi da parte dei codardi e ottusi boia dell’’IS (articolo invece pubblicato integralmente da Cariatinet). Quella censura nasceva dalla paura; ma chi ha paura non può gestire un giornale, a meno che sia servo di qualcuno.

In secondo luogo, dobbiamo augurarci che coloro che inveiscono contro la libera espressione di opinioni, creano elenchi di giornalisti sgraditi o auspicano la chiusura di giornali avversi, si rendano conto di quanto il loro comportamento sia contrario ai principî di libertà – libertà di espressione e di coscienza -– che tutti dovremmo difendere e che, paradossalmente, così facendo essi stessi credono di difendere.

Quei principî dobbiamo ricordarceli quando ascoltiamo, o leggiamo, chi la pensa come noi, cosa facilissima; ma anche, e soprattutto, quando sentiamo la voce di chi ha idee che con le nostre contrastano, per quanto difficile possa essere.

Je suis Charlie.

Giuseppe Riccardo Festa.

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