EUROPA, SE CI SEI BATTI UN COLPO

Sarà il caso di smetterla di inseguire i Pokemon e di cominciare a preoccuparsi sul serio.

Una cosa è sicura: la Turchia, questa Turchia, in Europa non ci entrerà mai. Ma viene da chiedersi se, allo stato attuale delle cose, abbia più voglia di entrarci. Il provvidenziale colpo di stato, provvidenzialmente fallito, ha permesso a Erdogan di sguinzagliare i suoi mastini e di mettere in pratica i progetti di proscrizione che, è ben chiaro, già aveva preparato da tempo: giornalisti, magistrati, docenti, militari, poliziotti: chiunque sia in odore di opposizione, anche blanda, al regime democraticamente eletto, è arrestato, esautorato, licenziato, intimidito.

La Turchia marcia a tappe forzate verso un’islamizzazione che non promette niente di buono. Del Paese voluto da Atatürk, talmente laico da proibire d’indossare qualunque simbolo religioso a chiunque, uomo o donna che fosse, non resterà presto più nulla: le donne si rimetteranno – volenti o nolenti – il velo islamico, i muezzin ricominceranno a salmodiare dai minareti, ogni traccia dell’occidente sarà cancellata.

Erdogan, sono pronto a scommetterci, presto otterrà dal suo parlamento due voti: il primo riguarderà il ripristino della pena di morte; il secondo la sua nomina a presidente della repubblica a vita. E a questo punto la farsa sarà finita, e l’ultima parvenza di democrazia sarà svanita in Turchia.

Vale la pena di ricordare che nell’attuale parlamento, in Turchia, il partito di Erdogan ha avuto la maggioranza grazie a una repressione che, se ora è lampante, per anni è stata strisciante, soprattutto ai danni della libera informazione.

L’islamizzazione della Turchia non potrà che eccitare ulteriormente, qui in Europa, la follia fanatica dei falliti, dei piccoli criminali e degli squilibrati che finora si sono ispirati soltanto all’ISIS (alleato occulto ma neanche tanto di Erdogan) e nella vincente religione islamica, magari trascurata fino a pochi giorni prima, cercheranno sempre più numerosi una ragione di riscatto e di vita ma anche, spesso, di morte: episodi feroci e disumani come quelli di Nizza, del treno in Germania e del villaggio vacanze nelle Hautes-Alpes si ripeteranno, e altro sangue innocente sarà versato al grido di Allah u akbar, nel silenzio sempre più assordante degli islamici moderati; e l’odio aumenterà, lieviterà, e genererà altre aggressioni, in una spirale perversa e senza fine.

Se una soluzione c’è, quella soluzione si chiama Europa: checché ne pensino i Salvini, i Farage e le Le Pen, l’Europa dovrebbe serrare i ranghi, cercare al suo interno le ragioni dell’unità e dell’orgoglio culturale, decidersi una buona volta a mettere da parte i piccoli interessi nazionali nel nome della difesa della comune e preziosa civiltà.

Ma l’Europa sembra stanca di sé stessa, e gli europei sono troppo impegnati a litigare fra loro, a livello di stati, e all’interno degli stati a dividersi in fazioni intente a odiarsi fra loro (l’Italia ne è l’esempio più desolante): è questo che, tra gli europei, fanno i più attenti alle cose del mondo.

Gli altri, giulivi e spensierati, sono tutti per strada a inseguire i Pokemon.

 

Giuseppe Riccardo Festa

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