Dunque, Matteo Salvini crede. E ci informa, con tanto di spot, dell’elenco delle belle cose in cui crede: gli italiani, la difesa dei confini nazionali, quindi la Patria (il maiuscolo è d’obbligo) contro i cattivi migranti – anzi: clandestini – africani, la difesa dei pensionati, la riduzione delle tasse, la sicurezza dei cittadini, l’onestà degli italiani. Anche se il verbo stesso cui ha fatto ricorso implica il riferimento alla fede, lo spot non cita rosari, crocifissi, vangeli e madonne, che pure Matteo Salvini è uso esibire ad ogni piè sospinto, ma è evidente la strizzatina d’occhio ai cristiani, anche se non a tutti: è riservata ai cristiani che amano il presepe, l’albero di Natale, la famiglia tradizionale (che lui predica ma non pratica), le madonne di Medjugorje e la solita paccottiglia basata sulla forma, ma non amano e men che meno praticano la sostanza (amore, tolleranza, rispetto, solidarietà, spirito di fratellanza) del cristianesimo caro a papa Francesco. In effetti, gridare ai quattro venti “prima gli italiani”, o “prima la Padania”; o “prima i Calabresi” (slogan intercambiabili molto cari al Nostro) e così anteporre i diritti di alcuni a quelli di altri, è sempre e comunque una dimostrazione di non aver capito niente della parte più nobile del cristianesimo (cfr. la parabola del buon samaritano): i diritti o sono di tutti o sono privilegi, insegnava il compianto Gino Strada che infatti era cordialmente detestato da Matteo Salvini.
Comunque a queste cose, evidentemente, Matteo Salvini ci crede adesso: un piccolo esercizio di memoria ci permette di ricordare che, dopo essere stato in gioventù (ah, ‘sti ragazzi!) un acceso comunista, poi il Nostro è diventato un leghista in stile Bossi la cui patria era la Padania, per il quale l’Italia non esisteva, Roma era ladrona, i terroni dovevano starsene a casa loro.
Mi perdonerà dunque Matteo Salvini se al suo “Io credo” rispondo “non le credo”: mi riesce difficile credere a qualcuno che ha una così marcata tendenza a cambiare i suoi credo secondo la convenienza del momento.
E mi permetto, anche, di fargli notare, concedendogli la buona fede per questa sua più recente enunciazione, appunto, di fede, che il compito del buon politico non è di “credere” ma di “valutare” e, in base ai risultati della valutazione, “agire”. “Credere” implica una presa di posizione già predeterminata, in conclusione un pregiudizio. E qui concordo con lui: infatti tutta la politica di Matteo Salvini, fin dalle origini, si è basata su una serie di pregiudizi, di verità presunte: i terroni fannulloni, l’Italia sfruttatrice della Padania, le tasse strangolatrici che legittimano l’evasione fiscale, la flat tax come panacea di tutti i mali, i migranti (adesso; prima erano i terroni) come unici e soli delinquenti di questo mondo, eccetera eccetera.
In conclusione, senatore Salvini, quello che lei crede è un problema suo. È quello che lei fa ad essere un problema nostro.
E stando a quel che ha mostrato finora, ahimè, debbo dire che il nostro problema, purtroppo, è molto, molto grosso.
Giuseppe Riccardo Festa
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