E l’ex Cavaliere ritornò a cavallo.

Fare pronostici sul futuro della politica in Italia, e aspettarsi che si realizzino, non è molto diverso dal leggere un oroscopo e credere che le sue previsioni si avvereranno. Basti pensare, per dimostrarlo, al tourbillon di ipotesi, contro ipotesi, congetture e lambiccamenti, tutti smentiti uno dopo l’altro, che hanno accompagnato i contatti fra il Quirinale e i partiti, e dei partiti fra loro, dal cinque marzo ad oggi.

Ora pare che i pentastellati e i leghisti, dopo aver giurato e spergiurato di detestarsi quasi quanto certi esponenti (ed ex esponenti) del PD si detestano fra loro, abbiano scoperto di avere molte cose in comune e che il governo, alla fine, si farà, grazie anche alla posizione attendista di Silvio Berlusconi che, dopo aver detto dei grillini tutto il male possibile e immaginabile, ha poi dato a Salvini, se non una benedizione, quantomeno una non-maledizione in vista della nascita dell’alleanza. Ma tutto questo era prima.

Prima di che, si chiederanno i miei ventiquattro incuriositi lettori?

Prima, rispondo, della sentenza con la quale il Tribunale di Milano ha stabilito che il medesimo Silvio Berlusconi non è più ineleggibile, essendo rientrato a pieno titolo in tutti i suoi diritti di elettorato attivo e passivo. Gli effetti della Legge Severino non applicano più: il Caimano non è più un caimano, la sua colpa è stata lavata; l’ex cavaliere può chiedere che gli sia restituito il cavallo, e di sicuro farà di tutto per tornare in sella.

Questa inattesa novità aggiunge una variabile imprevista – un’altra – al già complicato gioco delle parti che si sta svolgendo, sotto l’occhio sempre meno paziente del Presidente Mattarella, fra Di Maio e Salvini, ciascuno dei quali sa di non poter fare a meno dell’altro ed è convinto di poterlo usare per scaricarlo alla prima occasione: Di Maio per realizzare la rivoluzione vagheggiata da Casaleggio, il vero leader del suo partito (ha confermato di esserlo annunciando una votazione on-line, sulla sua piattaforma, sull’accordo con Salvini); Salvini in vista di un pieno di voti soprattutto nelle regioni settentrionali quando, sicuramente prima dei cinque anni canonici, si tornerà alle urne.

Ma la novità rischia di far saltare il castello di carte perché Berlusconi è più che mai deciso a tornare in partita. Per quanto attenuata si sia la sua stella, egli sa che essa esercita ancora un certo fascino su molta parte del suo antico elettorato. E sicuramente, quel “prima dei cinque anni canonici” intende farlo materializzare nei tempi più brevi.

La maggioranza grillo-leghista, solida alla Camera, è risicatissima al Senato. Per quanto azzardato sia fare dei pronostici, dunque, non è difficile immaginare che, come già è successo in passato, ancora una volta qualcuno – per carità, sicuramente a causa di nobili motivi ideali e dopo doveroso tormento interiore, almeno così dichiareranno gli interessati – sarà folgorato sulla via di Arcore; e la XVIII legislatura, come alcuni auspicano e molti temono, possa essere la più breve della storia della nostra Repubblica.

Quanto ai partiti del centro-sinistra, o quel che ne rimane, faranno bene a darsi una svegliata e a dimostrare di avere qualcosa da dire, preferibilmente a una sola voce, e che quel qualcosa sia convincente: le argomentazioni dei loro avversari, oggi come oggi, per quanto razionalmente improbabili e finanziariamente discutibili, per non dire disastrose, hanno l’indubbio vantaggio di essere appetibili; in più sono martellate in modo continuo nelle orecchie della gente, tanto da sembrare credibili: se una cosa i grillini, che pure lo detestano, hanno imparato da Berlusconi, quella è l’uso sistematico, martellante e quasi ipnotico degli strumenti della pubblicità.

La sinistra, se delle quattro operazioni continuerà a praticare solo la divisione, e delle idee soltanto quelle magari intelligenti e profonde ma astratte, e lontane dai problemi della gente, finirà col diventare, definitivamente, una sbiadita nota di colore in un mondo politico sempre più orientato a virare verso il grigio.

Tanto grigio, ahinoi, da somigliare sempre di più al nero.

Giuseppe Riccardo Festa

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