Sanremo: ammetto di essermi perso qualcosa

Sta’ a vedere che proprio quest’anno che ho deciso di infischiarmene, il festival di Sanremo finisce col dimostrarsi interessante!

Non per le canzoni, ovviamente: quel che ho letto a proposito dei testi, ai quali l’Accademia della Crusca ha dedicato un’accurata analisi ed esegesi (vedi un po’ tu di che va ad occuparsi l’Accademia della Crusca!), mi ha confermato nella mia convinzione, suffragata dall’esperienza: se mai a Sanremo ci capita una canzone che vale qualcosa, l’evento deve essere considerato accidentale e fortuito.

No, gli eventi che, stando alle cronache, hanno reso interessante l’edizione 2023 della kermesse non hanno niente da spartire con la qualità delle canzoni: se mai, con la qualità dei cantanti.

A partire dal giovane Blanko che, indispettito per il ritorno audio nelle cuffiette che aveva nelle orecchie, a un certo punto s’è messo a prendere a calci gli addobbi del palco, mostrando tutta la sua eleganza, il suo stile e la sua capacità di autocontrollo. Gli addetti ai lavori lo sanno: il cantante ha dei cenni convenzionali con i quali far capire agli addetti al mixer se gli arriva male il suono dell’orchestra o quello della sua voce: indica rispettivamente gli strumentisti o il microfono, e poi fa cenno verso l’alto o verso il basso per chiedere modifiche ai livelli audio.

Forse l’addetto era distratto, o forse Blanko non s’è fatto capire (non c’ero e non posso giudicare), ma una persona raziocinante e non “ragazzinante” al massimo si sarebbe fermata e avrebbe chiesto di ripetere da capo l’esibizione. Lui no: lui, candidato alla vittoria (così ho letto) si è sentito maltrattato e, da bravo ragazzino viziato e narcisista, oltre che non poco cafone, ha pensato bene di dare di matto e fare quel po’ po’ di esibizione fuori programma. La sua irritazione è tanto più incomprensibile in quanto, conoscendo i suoi precedenti canori, non è che, pur se avesse stonato, qualcuno se ne sarebbe accorto: l’andamento erratico delle sue note giustificherebbe qualsiasi accostamento, anche una sequenza del tipo do-fa#-sib-re-si-lab-mi: nessuno si sarebbe accorto della stecca.

Poi c’è stato l’elogio della Costituzione da parte di Roberto Benigni con tanto di omaggio al Presidente della Repubblica ed alla memoria del padre, Bernardo Mattarella che era tra i Costituenti, con tanto di sottolineatura della natura antifascista della nostra Carta fondamentale. Omaggio tanto più lodevole in quanto ha mandato in bestia il ministro e vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, che si è affrettato a dichiarare che la Costituzione non va difesa all’Ariston. Reazione comprensibile, poiché tutti sappiamo che secondo Salvini la Costituzione non va difesa e basta, non è questione di Ariston: a Salvini la Costituzione gli fa venire l’orticaria, non la conosce ma la detesta: al contrario dei vangeli che non conosce, nemmeno quelli, però li sventola e li sbaciucchia ogni volta può. Con l’occasione, Salvini si è premurato di invitare Paola Egonu, la straordinaria campionessa di pallavolo che interverrà anche lei sul palco del festival, a non fare una tirata sul razzismo degli italiani.

Continuerò a non seguire il festival (ah, che bello è stato, ieri sera, spegnere il televisore e rileggermi le meravigliose pagine finali de “Le città invisibili” di Italo Calvino!) ma leggerò con estremo interesse il resoconto dell’intervento di Paola Egonu: sono pronto a scommettere che parlerà proprio del razzismo degli italiani.

Cosa tanto più necessaria in quanto Matteo Salvini, con quel suo invito scomposto e fuori luogo, ha dimostrato una volta di più, a usura, che in Italia i razzisti esistono, e come se esistono!

E che lui ne è, se non il principale, sicuramente uno dei principali rappresentanti.

Giuseppe Riccardo Festa

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