PERCHE’ BERLUSCONI NON SARA’ RICORDATO NEI LIBRI DI STORIA ?

CHIUSURA DELLA CAMPAGNA ELETTORALE FORZA TIALIA CON SILVIO BERLUSCONI

“Ovvero, il fallimento geopolitico di una storia italiana”.

di Marco Toccafondi Barni


“Sic transit gloria mundi”. Lo aveva detto proprio lui, Silvio Berlusconi, a commento della morte violenta di Muammar Gheddafi, senza poter immaginare che quei “coriandoli di Libia” avrebbero segnato anche l’inizio della sua fine.

Un leader adatto al sentimento medio tricolore – In questi ultimi 40 anni Silvio Berlusconi in Italia è stato ovunque e anche di più. Non c’è stato giorno, lungo la penisola, che milioni di italiani e italiane non abbiano visto i suoi canali, parlato di lui o semplicemente ascoltato il suo nome. In questi ultimi quattro decenni Berlusconi è stato tutto e anche di più: un imprenditore edile prima, tycoon televisivo poi e ancora presidente di 2 società di calcio. Dopo la fine della “Guerra fredda” e dunque quasi all’alba di quel nuovo mondo da “fine della storia” e immaginato da un genio pazzo come Francis Fukuyama pure un importante uomo politico. Insomma, il mattatore assoluto della nostra  scena politica e mediatica. Ma più di tutto è stato, ribaltando ciò che spesso pensano in troppi, l’incarnazione più autentica dell’ italiano medio e quindi leader generato dalla collettività e dal suo sentire medio profondo. Al solito. Non è un caso che il cavaliere (titolo poi decaduto a causa di una condanna in via definitiva per frode fiscale) sia stato sì amato e odiato, temuto e offeso, ma sempre comunque  eletto da milioni e milioni di italiani e italiane. Dal fatidico anno della discesa in campo, nel gennaio 1994, per ben 4 volte Presidente del Consiglio, 2 volte parlamentare europeo, una volta ministro degli esteri ad interim. Infine  capo assoluto dell’ opposizione, quando al governo c’era quella che lui definiva “la sinistra”. Il tutto per un’ unica ragione: gli italiani in fondo erano e sono mediamente simili a lui. Stessi vizi e virtù, quelli di una macchietta con una comune fede in certi assiomi. Certamente vi si sono riconosciuti da subito, fin da quando li ammalio con Dallas e i Puffi; si era ad inizio anni ’80 e lui era un cavaliere, appunto, lanciato con coraggio contro il monopolio televisivo di stato. Oppure quando divenne il numero 1 nel gioco più amato del mondo e nello stivale: il calcio. Cominciò tutto con una prima mitica discesa, quella volta su un campo di calcio, grazie a un elicottero che fece epoca e tendenza. Ebbene sì, battute sessiste e calcio, soldi e telefilm made in Usa, il tutto servito agli italiani con un pizzico di anticomunismo, che non guasta mai in uno stato vassallo degli Stati Uniti. Uno così non poteva non piacere alla media degli italiani, visto li rappresentava al meglio. Del resto il sentimento medio è quasi sempre un misto di miseria e furbizia, un oscillare perenne tra la ragion di stato e le ragioni personali.

Sic transit gloria IMMUNDI – Già, però non manca il risvolto della medaglia, sia per il berlusconismo che per gli italiani: il geopolitico. Qui “Una storia italiana” si trasforma inevitabilmente in una “storiaccia”, perché ciò che va bene per casalinghe e i tifosi, coccolati tra una puntata di “Uccelli di Rovo” e il Mundialito, si sfalda con Berlusconi Premier. La pattumiera della storia è pronta e la simpatica macchietta tricolore, sempre buona per gli italiani, con un Michele Santoro talvolta pronto a fare da spalla comica e un Bruno Vespa intento a genuflettersi per il baciamano o con la scrivania utile per firmare un ennesimo contratto scritto con l’inchiostro simpatico da rifilare ai compaesani, non bastano più. La geopolitica è spietata, proprio come il fuorigioco e un fatto geografico.  Allora i fallimenti sono tutti pronti. Vediamo i più noti ed evidenti, perseguiti con tanta tenacia, soprattutto negli ultimi anni e con i recenti eventi, da far pensare ad una forma di demenza senile. Una fine immonda per chi si credeva “l’ unto del signore”, ma nella realtà è stato solo l’unto degli italiani. Soltanto di loro, alcuni, che amano confondere la Storia col folclore.

Il lettone dell’ amico Putin – E’ a tutti nota un’ amicizia “speciale”: quella con il  presidente russo Vladimir Putin. Talmente ostentata da poter essere ascoltata persino nelle registrazioni di una notte particolarmente ardita con una piacente signorina, tale Patrizia D’Addario, che poi ne trasse perfino un dimenticabile libro dal titolo “Gradisca Presidente”.  Questo legame con il leader del Cremlino nacque al G8 di Genova nel 2001, un ennesimo disastro finito tra scontri di piazza violentissimi, morti e torture in “macellerie messicane” allestite il Liguria per l’ occasione, poi rinsaldata a Pratica di Mare l’anno successivo. Tuttavia è nella logica dei fatti che qualsiasi benevolenza verso l’ Impero russo insospettisca e non poco Washington, cioè l’altro impero, quello egemone, al quale Silvio ha sempre giurato eterna fedeltà in nome del comune amore per la libertà. Eppure sbandierare ai quattro venti, negli ultimi vent’anni, il forte legame con i russi ha finito per danneggiare quasi sempre l’ Italia, mentre ha permesso alla Germania, prima con Schröder e poi con la Merkel, sì di fare le stesse spericolate alleanze energetiche con Mosca, però con meno occhiatacce da parte Usa. Un altro danno arrecato al paese dal carattere esuberante ed espansivo dell’ ex cavaliere, un ulteriore disastro geopolitico sulla scena internazionale, incredibilmente spacciato come un miracolo di diplomazia e un’ attenzione alle relazioni internazionali. Purtroppo abbiamo visto come è andata a finire, con l’imbarazzante visita in una Crimea appena occupata da Putin e dalla Wagner nel 2015 e le dichiarazioni degli ultimi mesi durante una strana campagna elettorale estiva.

Da europeista convinto ad euroscettico –  Basta andarsi a vedere il dibattito della discesa in campo, arbitro Enrico Mentana e proprio su Canale 5, nel leggendario confronto con il leader dei “Progressisti” Achille Occhetto, per vedere come i due faccessero a gara su chi era il più europeista. Anni dopo  Il rapporto con l’Europa si guasta ed i rapporti del Cavaliere con l’Unione  diventano meno idilliaci, soprattutto con la cancelliera tedesca Angela Merkel (definita dal nostro “Una culona, etc …” e col presidente francese Nicolas Sarkozy che, tra ironici sorrisetti e ammiccamenti vari,  vennero considerati artefici della caduta del suo quarto governo.  Era l’autunno del 2011  e lo spread finì alle stelle.

Il disastro libico come inizio della fine – Ma è con l’attacco francese in Libia che la scarsa influenza di Berlusconi si manifesta, siamo tra il 2008 e il 2011. Con quell’ azione accettata e sostenuta dagli statunitensi la parabola geopolitica e in fondo anche politica di Berlusconi si compie. Poco tempo prima, era l 29 agosto del 2010, Berlusconi  aveva riverito col baciamano il colonello libico Muammar Gheddafi, dopo uno storico, almeno si credette allora,  incontro sotto la tenda beduina in Villa Pamphilj nel 2008. Berlusconi firmando il Trattato di amicizia Italo-libico pensò così di porre la parola fine alla questione coloniale tra i due paesi. Il Cav. ritenne di aprire  un’ autostrada  alle imprese italiane nel paese nordafricano e in tutta la zona.  Non a caso strinse numerosi rapporti personali con alcuni dei leader più influenti nella regione, che di lì a poco sarebbero stati spazzati via dalla storia e dalla ferrea logica della geopolitica. Arrivarono le dimenticabili ‘Primavere arabe’ del 2011: via il “craxiano”  Ben Ali in Tunisia, poi  l’immaginario zio di Ruby Rubacuori, Mubarak in Egitto e anche il colonnello libico del “baciamo le mani”. Fu così che, con una scossa geopolitica nel Mediterraneo, iniziò anche la fine politica di Berlusconi il quale, appunto, avendo sbagliato tutto, da buon padrone in un’ azienda non resterà nei libri di Storia, quella vera, come avrebbe voluto, bensì nel folclore nazionale e nella memoria di qualche suo fan. Sic transit gloria mundi, un’ altra volta.

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