La crisi dei rifiuti non è causata dalle piogge.

La pioggia continua a cadere sulle montagne di rifiuti che riempiono ancora marciapiedi e strade di tutta la Calabria ed i rivoli maleodoranti di acqua piovana mista a percolato continuano a scorrere per le città: assistiamo impotenti ad un danno ambientale ed economico enorme per la Calabria, un danno che nessuno vuol quantificare perché nessuno ha intenzione di scoprire di chi è la responsabilità. Fa comodo pensare che sia del cielo, del demonio o dei fenomeni meteorologici, in base a quale sia la nostra fede. Ma le discariche, buche costruite dall’uomo per essere riempite di monnezza, possono franare? Dovrebbe essere quasi impossibile considerando la fitta rete di controlli ed autorizzazioni a cui sono sottoposte: analisi progettuali, idrografiche, geologiche, paesaggistiche e chi più ne ha più ne metta. Le discariche devono essere impianti posizionati e progettati per respingere qualsiasi emergenza, a tutti i costi, perchè un guasto ad una discarica, anche la più piccola, rappresenta un disastro ambientale enorme e certo. E tutto questo chi lo verifica? Maggiori responsabili sono i dipartimenti competenti della regione Calabria e l’ARPACAL che collaborano con gli uffici comunali e provinciali. Il risultato del loro operato è cristallino: basta uno scampolo d’autunno e la principale discarica della Calabria, il centro nevralgico dello smaltimento (e dello spreco di fondi) regionale frana e si trova isolata, causando l’ennesima emergenza sanitaria in tutte le città dal Pollino allo Stretto. Potrebbe essersi trattato di un caso eccezionale, un’evenienza imprevedibile, ma i casi eccezionali dovrebbero capitare una sola volta, ed invece negli ultimi due anni altre porzioni della discarica sembra siano franate e una volta si sono addirittura allagati gli uffici: anche in quelle occasioni l’intera Calabria è stata sommersa dai rifiuti. E se questo non fosse accaduto solo a Pianopoli? Nei giorni scorsi è franata anche la discarica di Bucita (Rossano) di proprietà della Regione Calabria, fresca fresca di dissequestro dopo che la Procura di Rossano l’aveva sequestrata nel 2009 per, indovinate cosa? Disastro ambientale. Ora la discarica è tornata sotto i sigilli della procura, ma questo non quantifica i danni per i cittadini, non ne accerta le responsabilità e non impedirà alle contaminazioni di propagarsi. È successo altre volte in altri impianti, i quali tra l’altro, pioggia a parte, sono sistematicamente sotto sequestro per altri mille motivi: corruzione, bustarelle, raccomandazioni, frode fiscale eccetera eccetera eccetera. Ma lasciamo stare quel che è, pensiamo a quel che sarà, o meglio, che potrebbe essere. Prendiamo il caso di una discarica non ancora aperta, quella di Scala Coeli. Per la discarica privata situata nel piccolo comune al confine tra le province di Cosenza e di Crotone c’è stato qualche problema burocratico, “cavilli” come li ha chiamati qualche esponente istituzionale: la discarica non è conforme al progetto approvato, non è quantificabile la volumetria di abbanco, non c’erano vasche di percolato adeguate, parte degli impianti sono stati costruiti su terreni diversi da quelli indicati nel progetto, parte dei terreni sono stati acquistati dopo l’inizio dei lavori, tali lavori sono stati quindi effettuati senza parere idrogeologico, la strada provinciale che la raggiunge è oggetto di un divieto di transito totale per questioni di sicurezza, la strada comunale non è percorribile tutto l’anno attraversando una delle fiumare che affluisce nel fiume poco distante da lì e altre sciocchezze simili. Tutto questo ha impedito che la discarica ricevesse le dovute autorizzazioni? Assolutamente no. I dipartimenti della Regione Calabria all’inizio di quest’anno hanno praticamente condonato tutto, compresi strade e pareri idrogeologici giusto per fare il parallelo con agli avvenimenti di Pianopoli, e staremmo parlando di una discarica aperta se non fosse stato per i comitati locali e per i sindaci del territorio impegnati in un braccio di ferro ormai da due anni, un braccio di ferro in cui la regione, evidentemente, non è dalla loro parte. Il 20 Maggio di quest’anno i camion sono arrivati alle porte della discarica prima di essere bloccati da un’ordinanza del Sindaco di Scala Coeli e dopo essere stati scortati dalle forze di polizia che, sgomberando alcuni cittadini, hanno permesso a degli automezzi pesanti di passare su una strada con divieto di transito totale. Un capolavoro. Abbiamo la presunzione di affermare che frane, smottamenti, fughe di percolato e altri disastri accadano sistematicamente in quasi tutte le discariche della Calabria e vengano solo sporadicamente resi noti e posti sotto l’attenzione delle autorità giudiziarie, tutto questo perché i rifiuti su questa terra non sono una risorsa collettiva né un problema gestionale: sono una voragine di denaro e di potere che attraversa la politica e la criminalità organizzata e colpisce la salute, l’economia e la dignità di ogni calabrese. Una rete di interessi squallidi che negli uffici regionali e statali ha solo i suoi terminali, ma parte dai territori, da tutti quegli amministratori da strapazzo che di emergenza in emergenza si schierano per l’apertura di questa o quella discarica, di questo o quel mega-impianto, omettendo sempre l’unica reale loro competenza: quella di fare la raccolta differenziata. Un “sistema di potere non estraneo ad interessi politico-malavitosi” lo definisce la Commissione Parlamentare d’Inchiesta; una frana si, ma istituzionale, permanente e vergognosa, un argine titanico tra i nostri territori e le loro vocazioni, tra le nostre comunità ed il loro benessere. Chiamiamola come vogliamo, ma smettiamola di dare le colpe al cielo. Flavio Stasi Coordinatore Regionale Rifiuti Zero

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