ISRAELIANI, PALESTINESI E LA FARFALLA GEOPOLITICA

di Marco Toccafondi Barni

– Perchè proprio adesso ? – Ogni tragedia, nell’ epoca della comunicazione globale, ha la sua ossessiva cantilena. Con la clamorosa incursione (più che invasione) dei guerriglieri di Hamas in territorio israeliano, attraverso il check-point di Kerem Shalom, è questo il quesito di moda. Ebbene, la mia risposta non credo sarà simile a quella di analisti, esperti, opinionisti e giornalisti che, fin da sabato 7 ottobre, si stanno interrogando su quello che a tutti gli effetti sembra essere l’inizio di un nuovo conflitto tra lo stato di Israele e Hamas. A mio modo di vedere non si tratta esclusivamente di qualcosa di locale, stavolta parecchio ha origine nell’ epicentro dell’ impero: Washington D.C. Siamo nella capitale dell’ egemone: gli Stati Uniti d’ America e dei suoi apparati. E questo non perché gli statunitensi stiano architettando qualcosa, anzi è il contrario, con la loro raggiunta “maturità imperiale”, inevitabilmente quanto involontariamente, stanno provocando ovunque una sorta di “effetto farfalla”: l’unica superpotenza invecchia e tutti gli altri provano ad approfittarne sentendosi le mani libere. E’ quasi fisiologico che avvenga.

L’ effetto farfalla sul mondo – Proprio così, ormai la questione Israelo / palestinese si avvicina ad una “guerra dei cent’anni”, si veleggia infatti intorno agli 80 e purtroppo niente lascia sperare in una pace vicina. Gli avvenimenti di questo fine settimana porteranno probabilmente persino ad un cambio geografico in Medio Oriente, oltre a massacri di ogni tipo e centinaia di migliaia di vittime. Eppure, è triste riconoscerlo, si tratterebbe di un conflitto quasi antico e al quale nessuno farebbe caso, se non fosse che molto di quanto sta capitando nel mondo in questi ultimi anni è il frutto amaro di un cambiamento epocale: gli Stati Uniti invecchiano. Proprio come capita ad ogni essere umano da bellicosi e spavaldi in giovane età diventano una super potenza matura, stanca, riflessiva e dunque dedita a coltivare soprattutto i propri interessi. Insomma, non è più il tempo di catechizzare il mondo come accadde con le disastrose guerre in Afghanistan e in Iraq, ormai circa un quarto di secolo fa. Anche da ciò la genesi di un altro impero, diverso e meno esuberante, oggi imperiale e non più imperialista rispetto a ieri, generando una sorta di “effetto farfalla” nel pianeta: una apparentemente piccola variazione nel comportamento dell’ egemone planetario produce variazioni non soltanto nelle potenze rivali o minori, bensì nel sistema stesso. Anche su questo, a mio modo di vedere, hanno giocato gli apparati russi in quella che, a prima vista, sembrava una manovra folle contro la vicina Ucraina e dove persino un impero malmesso come quello russo avrebbe dovuto essere capace di controllare da remoto tutto, come fanno gli Stati Uniti con i loro satelliti. E invece no, perché come gli stessi apparati Usa tutti avvertono un affaticamento notevole in una fetta importante e a tratti decisiva della collettività statunitense. Snerva quel farsi carico del mondo (soprattutto in stati decisivi come quelli del Mid West), allora anche altri paesi del globo, siano potenze rivali o di secondo piano, iniziano ad essere consci che la spallata è possibile. Soprattutto da ciò, a mio modo di vedere, scaturisce tutto quello che ci appariva impensabile fino a poco tempo fa: la Russia che sfida apertamente gli Stati Uniti sull’ Ucraina,  i francesi sbattuti fuori dal Sahel e appunto, su scala regionale, Hamas trasformata in una sorta di potenza in grado addirittura di “invadere” Israele, cioè beffare la intelligence più potente e preparata della terra. Tutto questo non sarebbe successo con una potenza egemone diversa, senza quei forti sconquassamenti al suo interno, che serpeggia tra le due coste e gli stati del Mid West o del Sud.

L’ inutilità dei pensieri magici nelle province e falchi contro – Chiariamo un fatto, prima di dedicarsi alle stupide  quanto inutili e infantili sceneggiate di provincia (dalle proiezioni e dai giochi di luce sui monumenti usando le bandiere fino alle scontate dichiarazioni di solidarietà obbligatoriamente pro Israele, soltanto perché visto come uno di noi): Hamas è un’ organizzazione vomitevole. Una feccia che ha nella sua carta programmatica (articolo 4) l’obiettivo di distruggere lo stato di Israele e uccidere ogni ebreo, di estrema destra, criminale e antisemita, tuttavia non solo in origine è stata creata proprio con il decisivo aiuto di Tel Aviv, in chiave anti OLP e Arafat, ma nella Striscia di Gaza ha vinto le elezioni nel 2006. E’ vero, era molto tempo fa, ma è altrettanto vero che tornate elettorali non se ne sono più fatte amche per via di una farsa e un gioco delle parti piuttosto penoso tra gli ectoplasmi di Abu Mazen e Israele. Ne consegue che, per quanto orribili, un esecutivo altrettano orripilante come quello di Netanyahu dovrebbe trattare con loro e non con Abu Mazen, un fantasma ancora in vita. Sennò non si vedono altri sbocchi all’ orizzonte. Risulta infatti inutile e dannoso bollare di terrorismo Hamas, facendo un assurdo esorcismo, unicamente per fingere di trattare con la ANP, che di fatto non esiste più e nessuno rappresenta. In fondo si dà sempre del terrorista a quello che ci sta poco simpatico, mentre si definisce partigiano o eroe colui che ci piace: Cesare Battisti tra Austria e Italia è un esempio tipico e chiarificatore. Resta il fatto che Hamas controlla la striscia di Gaza ed è popolare soprattutto tra le giovani generazioni palestinesi che, almeno demograficamente, hanno dalla loro il futuro. Dunque non resta altro che scendere a patti con questa gente, anche se effettivamente non è bella gente, ma del resto non sono bei ceffi neppure i politicanti criminali della banda Netanyahu, lo dimostra un paese letteralmente spaccato  in due sia tra la popolazione e fin dentro i suoi apparati, come mai era avvenuto fino ad oggi. Eppure siamo tutti israeliani, come siamo tutti ucraini e ancora prima newyorkesi e Charlie. Già, peccato che siamo anche 1 miliardo contro 7.

Un Olocausto al contrario ? – Ovvio, una “soluzione finale ” da parte di Israele esiste, visto è dotato pure dell’ atomica, ed è una sorta di  “Olocausto al contrario”: lo sterminio di tutti i palestinesi in quanto tali e una volte per tutte. Teoricamente è possibile, ma va da sé che è qualcosa che il mondo non potrebbe accettare né permettere (anche da ciò il silenzio rivelatore e a tratti imbarazzato degli Stati Uniti). Non capiterà, fortunatamente, come non accadrà un Olocausto nucleare per le tensioni tra Federazione Russa e Stati Uniti per l’ Ucraina.

Come finirà ?   – Stavolta, invero, stabilirlo è più facile rispetto ad altre vicende: arriverà una risposta durissima da parte degli israeliani (mentre scrivo il premier israeliano ha già avvisato Biden che il suo esercito entrerà in una Gaza che potrebbe tramutarsi in una Stalingrado mediorientale) portando sì ad un massacro di palestinesi per provare a lavare un’ onta indelebile nella “guerra dei quasi cent’anni”, forse ad una vittoria militare di Israele, ma non alla fine né di Hamas né di  Hezbollah e anzi con tutti i convitati di pietra in questa brutta storia (Russia, Cina, Turchia e Iran) pronti ad approfittare della stanchezza dell’ egemone che, di certo, non è un buon segnale né per Tel Aviv né per Kiev.

Un’ unica soluzione, forse … – Puo’ sembrare utopica e ingenua, certamente, però nasce a Buenos Aires, la città più sensuale del mondo e quindi sulle note del tango. E’ un’ idea di un genio della musica: Daniel Barenboim. Un pianista e direttore d’orchestra (ha lavorato alla Scala di Milano) talmente eccelso da meritarsi una standig ovation guidata da un Papa (Benedetto XVI). E’ un porteño israeliano che non solo ha fondato la “WEDO”, un’ orchestra musicale dove unisce musicisti classici dei paesi del Medio Oriente con l’unico intento di farli conoscere e far sì  che possano comunicare, ma ha fatto anche un sogno rivoluzionario quanto semplice per risolvere la questione israelo-palestinese: aprire i confini e far muovere liberamente i due popoli senza più muri. E’ un utopia, probabile, ma è utopico anche credere di poter andare avanti così all’ infinito.

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