Io non ce l’ho con lui. Ce l’ho con chi gli ha dato la laurea in Giurisprudenza.

A parte lo spirito che la informa tutta, c’è scritto chiaro e tondo, nella XII delle Disposizioni transitorie e finali della Costituzione della Repubblica Italiana: È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.

Ora, io capisco che il presidente del Senato (!) Ignazio Benito La Russa possa essersi fatto un’idea tutta sua della storia della II Guerra mondiale e dell’occupazione nazi-fascista di Roma, tanto da trasformare un corpo di polizia territoriale nazista, armato fino ai denti (quello acquartierato in via Rasella), in una banda di musicisti pensionati: questa balla l’ha, per così dire, succhiata col latte dal seno della sua mamma, ci è cresciuto e gli è piaciuto crederci.

Ma quello stesso presidente del Senato (!), oltre che uomo politico, è pure avvocato. E in quanto avvocato, ha dovuto laurearsi in  giurisprudenza. E per laurearsi in giurisprudenza ha dovuto dare l’esame di Diritto costituzionale. E per dare l’esame di Diritto costituzionale, ha dovuto ben leggerla, questa benedetta Costituzione.

Non è, il suo, un caso paragonabile – faccio due nomi a caso – a quelli del ministro dell’Agricoltura (!) Lollobrigida che ha parlato di “sostituzione etnica” e poi si è scusato dicendo che non sapeva cosa significa, o del presidente della Camera (!) Lorenzo Fontana, che ha salutato gli studenti del Liceo classico Bachelet intitolato a Vittorio Bachelet, vittima delle Brigate Rosse (ripeto: delle Brigate Rosse, non di un agguato neofascista), ma dimostrando di non sapere chi fosse ha pronunciato il nome all’italiana, dicendo Bàchelet come avrebbe detto bacchetta, così suscitando lo stupore e lo sbigottimento degli studenti, e non solo il loro: ignoranza, anche nel suo caso. Ignoranza e superficialità.

Certo, da personaggi che assurgono a ruoli così fondamentali nella vita del Paese come la carica di ministro e quella di presidente della Camera dei deputati, uno si aspetterebbe (il condizionale è d’obbligo) un livello di cultura generale non dico elevatissimo, ma almeno degno di un frequentatore della benemerita Settimana Enigmistica, tale da impedir loro di mostrarsi platealmente inadeguati al ruolo che ricoprono; ma transeat.

Però, tornando al senatore La Russa, sentir dire che “non c’è l’antifascismo nella Costituzione” da un avvocato, e per giunta dall’uomo che ricopre la seconda carica istituzionale; un uomo che a quella stessa Costituzione, assurgendo a quella carica, ha giurato di essere fedele, fa davvero specie.

Fa specie perché in questo caso l’ignoranza, lui, non può implorarla per giustificare parole del genere.

Ma quando non c’è l’ignoranza, allora c’è la malafede.

E può un uomo in palese malafede, un uomo che con parole, opere ed omissioni (non parteciperà, in Italia, alle celebrazioni del 25 aprile) si dimostra infedele alla Costituzione della Repubblica italiana; può un uomo del genere ricoprire la carica di presidente del Senato della Repubblica Italiana nata dalla Resistenza?

Torniamo al condizionale: ovviamente non potrebbe. Ma siamo in Italia, il Paese dove tutto si può dire perché tutto scivola via in fretta, e allora sì: lui può.

Però una tiratina d’orecchie, al professore che gli ha fatto superare l’esame di diritto costituzionale, io comunque gliela darei.

Giuseppe Riccardo Festa

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