“Il trio delle cicciottelle sfiora il miracolo olimpico” titolo irriguardoso nei confronti delle campionesse Azzurre del tiro con l’arco. Prima di scrivere…pensa!!!

E’ di qualche giorno fa l’articolo de Il Resto del Carlino che ha apostrofato le tre campionesse azzurre del tiro con l’arco come “Il trio delle cicciottelle” e, come da copione, pronte pronte, arrivano le scuse del direttore del quotidiano Sportivo Giuseppe Tassi.

La risposta di scuse recita “Mi rivolgo ai lettori che hanno commentato il titolo riportato oggi dal Quotidiano Sportivo -Il trio delle cicciottelle sfiora il miracolo olimpico- … Mi scuso se quel titolo ha urtato la sensibilità di alcuni nostri lettori ma l’intento di partenza non era né derisorio né discriminante”.

Lucilla Boari, Claudia Mandia e Guendalina Sartori, campionesse di tiro con l’arco, sono degnamente arrivate in finale nelle Olimpiadi di Rio 2016. Purtroppo non ce l’hanno fatta nella finale per il bronzo cedendo la medaglia a Taipei.

L’aspetto dell’olimpionica faccenda a cui dare risalto nel titolone dell’articolo, per il quotidiano, non è di certo il brillante risultato raggiunto dalle campionesse Azzurre, meritevoli d’aver sconfitto nei quarti finale anche la super favorita Cina, ma piuttosto si sofferma sulla loro fisicità etichettandole “LE CICCIOTTELLE”.

Naturalmente, come non poteva essere così, l’appellativo dato alle tre arciere ha scatenato un vero e proprio polverone, suscitando rabbia e indignazione sul web e non solo. Polemiche durissime sono state espresse contro il giornalista che ha “pensato” il titolo e, naturalmente, contro la redazione che lo ha avallato.

Non si tratta di un semplice scivolone giornalistico, di una innocua caduta di stile: è un’offesa diretta, non celata, nei confronti di chi è diverso dallo stereotipo di donna a cui la società ci ha ormai abituati. E’  un’offesa che provoca dolore nelle donne e negli uomini, oggi sempre più giovani, che quotidianamente fanno i conti con problemi di DCA – Disturbi del Comportamento Alimentare.

Disturbi sempre più diffusi nel mondo occidentale. Le sindromi più frequenti e conosciute sono sicuramente l’anoressia e la bulimia, malattie complesse determinate da fattori genetici o ambientali e che troppo spesso vincono sulla vita.

Tra gli elementi ambientali che favoriscono l’instaurarsi di tali patologie un ruolo centrale è stato assunto dai fattori socioculturali che propongono, sempre più, modelli di identità femminile stereotipata, con donne altissime e magrissime presentate come modello di perfezione e di successo. Donne androgine fornite come modello di donna vincente ed in salute come se la magrezza fosse sinonimo e garanzia di successo nella vita in generale.

Si tratta di input che hanno un impatto molto forte e i giornali, la moda, la tv sono certamente corresponsabili di quanto accade.

E’ stato evidenziato, in diversi studi, come i messaggi contenuti nelle riviste, negli spot pubblicitari etc etc siano un elemento importante per lo sviluppo dei DCA; è stato rilevato che soprattutto le  adolescenti quando non trovano corrispondenza tra il proprio corpo e il modello fornito ne sono influenzate negativamente e, troppo spesso, si avvia il circolo vizioso che genera vergogna, senso di colpa, insicurezza e livelli maggiori di insoddisfazione.

Ecco appunto, parlavamo dell’articolo de il Resto del Carlino!!!

Riconosciuta la responsabilità sociale, abbiamo assistito a diverse campagne di sensibilizzazione e prevenzione dei Disturbi del Comportamento Alimentare. Lo scopo è porre rimedio e far capire che la bellezza e il successo nascono dalla consapevolezza del proprio corpo e dalla valorizzazione delle caratteristiche di ciascuno.

In Italia i disturbi alimentari sono, tra le giovani donne, la prima causa di morte per malattia. Si tratta di una vera e propria emergenza sanitaria e sociale che va combattuta su tutti i fronti e, mi spiace tanto, per alcuni errori non bastano scuse e intenti di partenza.

Certamente, dunque, un titolo irriguardoso nei confronti delle tre Azzurre; ma un titolo irriguardoso anche nei confronti di tutti gli uomini e le donne che combattono un male silenzioso e subdolo.

Apostrofare negativamente chi è diverso dagli stereotipi imposti è tra i mali più grandi della società. Può rappresentare un primo passo verso la separazione, verso l’allontanamento dalla comunità, verso l’emarginazione

Adriana Franzé

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