Giornata di studi su Aldo Moro

Giornata di studi su Aldo Moro e l’Intelligence, De Mita: “Non ci sono regie occulte, il Presidente del Consiglio è stato rapito e ucciso da persone che l’hanno confessato”. Rivelazioni inedite sul cosiddetto “Lodo Moro”. Pacini: “Nei documenti dei Servizi desecretati ci sono le prove dell’accordo di non belligeranza stipulato tra Italia e OLP di Arafat quando Moro era ministro degli Esteri”. 

 “Inutile continuare a evocare complotti: Aldo Moro è stato rapito e ucciso da persone che l’hanno confessato”. Così l’ex segretario della Democrazia Cristiana e Presidente del Consiglio dei Ministri, Ciriaco De Mita, nel corso dei lavori della giornata di studi su “Aldo Moro e l’Intelligence. Il senso dello Stato e la responsabilità del potere”. L’evento è stato organizzato dal Centro di Documentazione Scientifica sull’Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri. “Aldo Moro – ha detto De Mita – è stata una delle figure più significative della storia della Repubblica e noi dobbiamo ricordare e conservare il valore della sua intelligenza politica. L’unità del Paese e l’unità della Democrazia Cristiana, in uno dei momenti più difficili della storia dell’umanità, in piena Guerra Fredda sono state le maggiori preoccupazioni di Moro che ha sempre operato per tenere al sicuro il nostro Paese dalle minacce che di volta in volta si sono manifestate.

La lettura vera della democrazia in Italia – ha concluso l’ex segretario nazionale della DC – è di rara complessità e sulla tragica vicenda di Moro ci si è interrogati più sull’individuazione dei responsabili, più o meno occulti, del suo rapimento e della sua morte, più che sulla figura di questo statista e sugli esiti che il corso della democrazia ha avuto in Italia dopo la sua scomparsa”. La giornata di studi è stata aperta dal saluto del Rettore dell’Università della Calabria, Gino Mirocle Crisci, del Direttore del Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione Roberto Guarasci e dei componenti del Comitato Scientifico del Master sull’Intelligence Alberto Ventura e Luciano Romito. I lavori sono stati avviati dalla relazione introduttiva del direttore del master sull’Intelligence, Mario Caligiuri. Vera Capperucci dell’Università LUISS “Guido Carli” di Roma ha raccontato gli anni della segreteria Moro (1959-1964) con riferimento al caso Tambroni, vicenda, quest’ultima strettamente connessa all’impiego di strategie di Intelligence in ambito politico interno.

“L’azione dello statista negli anni in cui ha guidato la Democrazia Cristiana – ha spiegato la studiosa – verte chiaramente su quattro punti. Il primo è relativo al problema della leadership del partito, questione legata filo doppio con la leadership del Paese. Il secondo è relativo alla necessità di confermare la Dc come il partito di Stato nel suo rapporto con individui, società civile e territori. Il terzo è relativo all’unità della Dc, scossa dalle fibrillazioni causate dall’iperattività delle sue variegate correnti interne, nell’ottica di garantire l’unità del fronte cattolico italiano. La quarta ed ultima questione è la governabilità di un Paese uscito da una sanguinosa guerra civile, con la necessità di una apertura al mondo laico e soprattutto al Partito Comunista”. C’è poi stata la relazione di Giacomo Pacini, dell’Istituto Storico Grossetano della Resistenza e dell’Età Contemporanea ha illustrato i contenuti della documentazione inedita relativa al cosiddetto “Lodo Moro”, un accordo di non belligeranza tra Italia e OLP stipulato negli anni in cui l’Organizzazione per la liberazione della Palestina ha sponsorizzato decine di azioni terroristiche.

Pacini ha spiegato che dai documenti desecretati conservati negli archivi dei Servizi emergerebbe chiara l’intesa stretta nel 1973 con i fedayn, con i buoni auspici del regime libico, per tentare il controllo dei gruppi armati ed evitare che il nostro Paese diventasse un obiettivo dell’attività terroristica. Dalle carte oggi di libero accesso – ha detto Pacini – si evince che in cambio della promessa di non compiere attacchi sul suolo italiano, vi sarebbe stato un impegno delle Istituzioni ad assicurare la liberazione dei militanti palestinesi arrestati sul suolo italiano, la tolleranza per i traffici di armi verso il Medio Oriente, una attività diplomatica mirata ad arrivare a far riconoscere ufficialmente l’OLP, in ambito internazionale, in primis da parte dell’Europa, come unica e legittima rappresentante del popolo palestinese”. Sempre Pacini ha spiegato che “sulla base del materiale che è stato possibile rinvenire, si evince che i primi contatti tra funzionari dei Servizi italiani e emissari palestinesi avvennero a fine 1972. E l’anno successivo, con Aldo Moro a capo del ministero degli Esteri  il patto prese davvero forma.

Strutturato e funzionante, grazie soprattutto al fondamentale lavoro di mediazione svolto del colonnello Stefano Giovannone, capo centro Sismi a Beirut, funzionario dei Servizi da sempre molto legato a Moro”. Nel corso del suo intervento Luigi Zanda, presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico al Senato ha ricostruito alcuni aspetti dei rapporti personali e politici intercorsi tra lo statista e Giuseppe Cossiga chiamato da Moro, in più di una occasione, alla guida dei ministeri dell’Interno e della Pubblica Amministrazione. “Entrambi avevano un alto senso dello Stato e delle Istituzioni – ha detto Zanda – ed avevano ben chiaro, per averne avuto diretta esperienza, il senso di responsabilità istituzionale strettamente e anche dolorosamente legato al ruolo e alla funzione svolta. Relativamente al tema delle informazioni per la sicurezza della Repubblica, il capogruppo del Pd al Senato ha sottolineato la necessità di “evitare politicizzazioni e spettacolarizzazioni dell’Intelligence”. Zanda ha concluso il suo intervento dicendo che nella irripetibilità di figure come quelle di De Gasperi, Moro, Togliatti, Berlinguer, Cossiga, il rammarico più grande è quello di dover assistere, sulla scena politica italiana, all’affollarsi e al perpetuarsi di “partiti del leader che hanno preso il posto dei leader di partito”.

Sui rapporti tra Moro e Cossiga si è soffermato anche il direttore del Centro di Documentazione Scientifica sull’Intelligence dell’Università della Calabria, Mario Caligiuri. “Aldo Moro – ha spiegato – è stato un protagonista assoluto della storia d’Italia e in quanto uomo di Stato conosceva bene il funzionamento e l’importanza dei servizi di Intelligence. Tutti sanno dell’interesse di Francesco Cossiga verso questo settore fondamentale dello Stato. Si conosce di meno che il maestro di Cossiga nell’intelligence era stato proprio Aldo Moro”. Aprendo la seconda sessione della giornata di studi, lo storico Andrea Ambrogetti ha relazionato sul tema “Aldo Moro e gli americani nella politica della solidarietà nazionale” evidenziando i passaggi chiave in uno dei periodi più delicati della Guerra Fredda, segnata da accadimenti storici che per poco non hanno fatto cadere i blocchi contrapposti nel baratro del terzo conflitto mondiale.

Francesco Maria Biscione, storico dell’Archivio Flamigni ha parlato del Memoriale Moro e della strategia della tensione sfociato in una tragica stagione di attentati e stragi “sulle cui matrici il mistero resta ancora fitto”. “Moro – ha detto lo studioso – ha operato in un periodo storico agitato da serratissimi e duri confronti. La sua strategia è stata quella di non alimentare mai i conflitti interni alle Istituzioni dello Stato ben sapendo che elementi o aspetti peggiori avrebbero potuto prevalere rispetto alla logica di ricomposizione delle fratture pur esistenti. Moro ha preso decisioni difficili ben consapevole che lo Stato doveva contenere l’anti-Stato e che le spinte eversive dovevano dissolversi nella democrazia”. Virgilio Ilari dell’Universita Cattolica di Milano ha affrontato il tema “Moro e la CIA”. “Con Moro – ha detto Ilari – l’Italia ha saputo esprimere una politica estera di tutto rispetto in una logica di autonomia e non di sudditanza verso le posizioni di riferimento espresse dagli Usa. Con delle scelte che hanno finito anche per scontentare gli alleati con non poche fibrillazioni sul fronte del protocollo della diplomazia d’Intelligence interno al Patto Atlantico”.

Chiudendo i lavori del convegno il direttore del master e del Centro di documentazione scientifica sull’Intelligence, ha evidenziato che “la vicenda di Moro deve essere studiata ed analizzata ed dal punto di vista storico, politico, civile e culturale ed è in gran parte da riscrivere per sottrarla alle riscritture”. “Per garantire la ragione di Stato e nell’interesse del Paese, Moro ha usato uomini e informazioni dell’Intelligence – ha detto Mario Caligiuri – nell’ottica di utilizzare questo strumento per decidere quali azioni mettere in campo e con quali risorse”.        

 

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