UN ANNO DI GUERRA E QUELLO CHE VERRA’

di Marco Toccafondi Barni

– Fu una triste veglia, 365 giorni fa. Un’ alba di guerra. Cominciò tutto in questa notte esattamente un anno fa, l’invasione russa dell’ Ucraina.

Iniziò quello che, forse un po’ frettolosamente, in questi 12 mesi è stato definito come il termine della globalizzazione, un cambio repentino della storia e persino un attacco fatale al cuore dell’ Europa. In altri contesti sarebbe potuto essere anche uno dei tanti conflitti locali sparsi per il mondo.

Nella realtà dei fatti è stata soprattutto un’ azione calcolata male e masochista da parte degli apparati statali russi e del loro uomo al potere da oltre vent’anni: Vladimir Putin.

Oggi, ad un anno esatto da quella scellerata scelta, non è più questione per chi tifare oppure stabilire chi siano i buoni e i cattivi, lo sport nazionale se si ha la fortuna di stare  comodamente seduti sul divano di casa assaporando, forse, le ultime comodità del post storicismo. Prelibatezza anelata, ma ben poco praticata nel resto del mondo. Un’ abitudine comune alle nostre latitudini, dove si osserva da una curva ultrà quella che è sicuramente una crudele tragedia europea prima che mondiale.

Proviamo a farla, dunque, questa analisi, con tutti gli attori in campo.

Punti deboli e forti di Putin – Il leader del Cremlino, non dimentichiamolo mai, nasce “occidentalista”, essendo peraltro nato nell’ allora Leningrado e attuale San Pietroburgo, senz’altro la città più europea e cosmopolita dello stato più esteso del globo. E’ inoltre un uomo di apparato, colonnello ed ex spia sovietica, banalmente prestatosi alla politica. Ed è anche per questa ragione che fa un certo scalpore il fatto che possa essere incappato in un errore tanto madornale, che chiunque (per esempio il sottoscritto ndr) avrebbe considerato scontato: essere odiato e non omaggiato dalla grande maggioranza del popolo ucraino. Premesso questo, tuttavia, ha un enorme vantaggio rispetto al cosiddetto “Occidente”: il suo popolo non è così sensibile al post storicismo e alle sue tentazioni. Se si escludono la sua città natale e la capitale il resto della Russia di fatto non conosce e quindi non anela il benessere, al quale preferisce la gloria di un impero che fu. Da ciò i continui riferimenti all’ impero e a Pietro il grande da parte di una ex spia sovietica, che fin dal 24 febbraio scorso sciorina una serie di offese e denigrazioni verso il leader della rivoluzione d’ottobre e del suo internazionalismo, al quale imputa l’errore dell’ Ucraina. Eppure la salma giace ancora nella piazza Rossa. Anche in Russia il post storicismo ha fatto proseliti, è vero, soprattutto nelle grandi città, sicuramente attrae e infatti questo lo ha reso molto restio (per usare un eufemismo) a dichiarare la mobilitazione generale, tuttavia la Russia nel suo sentire medio resta lontana anni luce dai satelliti Usa dell’ Unione Europea, dove andare in guerra non è soltanto il peggior incubo possibile ma risulta persino materialmente impraticabile considerata l’età media altissima e un addestramento nullo tra le popolazioni europee. E’ senz’altro un vantaggio per Putin e la Federazione, perché nel medio – lungo periodo resiste chi ha meno da perdere rispetto a chi ha tutto da rischiare. La Russia puo’ aver perso strategicamente questa guerra, ma sarà sufficiente non uscirne umiliati per poter dichiararsi se non vincenti almeno soddisfatti. Il punto debole più evidente, oltre all’ errore madornale di aver seriamente ipotizzato una guerra lampo, è quello di avere pochi uomini da utilizzare, sia a livello demografico (la Russia ha grosso modo 144 milioni di abitanti a fronte di un territorio sconfinato) e sia a causa di un certo post storicismo comunque presente e che impedisce decisioni impopolari come appunto la mobilitazione generale.

Punti deboli e punti forti dell’ “Occidente” – Qui le cose si fanno decisamente più chiare, se infatti gli Usa e i suoi satelliti a giro per il mondo (definiti assurdamente alleati  dalla nostra propaganda), la cosiddetta “alleanza” chiamata NATO, sono infinitamente più forti e attrezzati, a livello tecnologico, di narrazione e militare, rispetto alla Federazione russa, ebbene è anche vero che in molti di questi paesi, non tanto negli Stati Uniti ma soprattutto tra gli stati fondatori della UE, il post storicismo la fa da padrone e quindi dopo appena un anno è già presente una stanchezza evidentissima per la guerra. I popoli europei, soprattutto quelli più distanti geograficamente da Mosca, logicamente non ne hanno paura, anzi, quindi vorrebbero il ritorno alla normalità, senza che il tranquillo tran tran del post storicismo al quale sono stati abituati, dopo la sconfitta e la conseguente annessione del 1945, venga interrotto per simili questioni. E allora, per tornare a una situazione post 24 febbraio 2022, è necessario che l’egemone Usa scelga se accontentare quella che Bush figlio battezzò (all’ epoca della folle guerra al terrorismo post 11 settembre) la “Nuova Europa”, cioè quella composta da stati che vorrebbero la fine della Russia e magari divisa in 85 piccole repubbliche, frutto di un’ implosione che ricorda la dissoluzione dell’ Urss.

Come potrebbe andare a finire ? – A occhio e croce, considerando che sia in Russia con Putin che alla Casa Bianca con Biden comandano gli apparati statali dei rispettivi paesi e quindi avventure balzane come la cosiddetta guerra al terrorismo di inizio millennio sono fuori discussione, questo anche perché stavolta davanti non ci sono dei talebani in ciabatte o un ex dittatore sanguinario ed ex amico come Saddam Hussein, bensì la prima potenza nucleare del pianeta, è presumibile pensare a un “equilibrio di sangue”. Gli Stati Uniti in quanto unica potenza egemone, per giunta alle prese con un rivale comunque temibile come la Cina, sono perfettamente consci di non potersi permettere un collasso della Federazione in stile sovietico, la conseguenza è che presto o tardi arriveranno a una sorta di pace armata, ad un cessate il fuoco. Insomma, dalla “finlandizzazione” si passerà a una sorta di “coreizzazione” in Europa. Sì, nei fatti andrà così e per questo è importante, nell’ arco temporale di quest’anno appena trascorso, ciò che è accaduto a settembre: un’ offensiva netta da parte ucraina e di seguito i referendum farsa voluti dal Cremlino. Il tutto è servito a pensare una “pace” futura, poichè la linea di demarcazione sarà quella: Crimea e gran parte del Donbass alla russia e un’ Ucraina non più integra, però sicura e ricostruita in men che non si dica nella UE. Serviranno circa 350 miliardi di euro e la spessa se la accollerà la UE.

E’ un equilibrio di sangue – E’ proprio per questa ragione che in questi (speriamo) ultimi mesi di guerra assistiamo a una tipica guerra di trincea, detta anche di attrito, che nei fatti ricorda da vicino la I° guerra mondiale, rispetto ad altre, di conseguenza piena zeppa di stragi e carneficine. Perché si ha un equilibrio che vede da una parte una potenza comunque umiliata e che uscirà ridimensionata dal conflitto e dall’altra una Ucraina al solito spartita. Tutto ciò porterà dritti a ciò che anelano gli Usa: una Russia come futuro socio di minoranza contro la Cina e una Ucraina che nei piani di Washington non dovrebbe creare più grossi problemi nel cuore del territorio ancora oggi più importante del pianeta e della storia umana, grazie al quale si ottiene l’egemonia planetaria: l’ Europa.

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