Sotto i capelli niente.

Se non fosse tragico ci sarebbe da ridere. Quale ragionamento avrà indotto Donald Trump a tentare di acquisire in esclusiva per i soli USA il brevetto di un vaccino – peraltro ancora in fase di studio – su cui lavora una Casa farmaceutica tedesca? Le possibili motivazioni fanno venire i brividi: una è un calcolo elettorale, secondo il quale l’uomo dai capelli arancione avrebbe voluto sbandierare l’operazione, nei raduni oceanici dei suoi festanti seguaci, dicendo: “America first. Il vostro presidente vi ama, si preoccupa per voi e si è dato da fare per procurarvi il vaccino contro il virus”.

Un’altra, ben più agghiacciante ipotesi, è che Trump abbia tentato di garantire la salvezza agli statunitensi, e solo a loro, qualora la pandemia dilagasse in modo inarrestabile; con l’esclusiva sul vaccino, lui tutto soddisfatto guarderebbe soccombere la metà della popolazione nel resto del mondo, assicurandosi così la supremazia USA per i secoli a venire. Questa seconda ipotesi è raggelante, ma probabilmente non è plausibile. Non perché Trump sia al di sopra di simili disumane e ciniche ambizioni di potere, ma perché il piano sarebbe troppo complesso e richiederebbe una capacità di riflessione che eccede i suoi mezzi mentali. Possiamo dunque stare tranquilli: è stato solo un goffo, grottesco e meschino tentativo di autopromozione elettorale.

Intanto, diffusasi la notizia della pandemia, tra gli statunitensi è partita la corsa all’acquisto non solo di alimentari e beni di prima necessità, ma anche di armi e munizioni perché, dicono, “debbono difendersi”. Me li vedo, che da dietro le finestre e i sacchetti di sabbia sparano rabbiose raffiche di AK-47 contro il perfido Coronavirus. E immagino la strage di virus agonizzanti sui marciapiedi, mentre gli eroici Rambo cambiano il caricatore e soffiano via il fumo dalla bocca del mitra, pronti a una nuova sventagliata, lo sguardo gelido, dicendo: “Te lo do io, il vaccino!”.

Dall’altra parte dell’oceano Atlantico, intanto, Boris Johnson, un altro zazzeruto leader, ha pensato bene di avvertire i suoi concittadini: “Preparatevi” ha detto, “a veder morire i vostri cari”. Notate bene: non ha detto “prepariamoci a veder morire i nostri cari”: lui si è chiamato fuori. Boris è certo che lui, e quelli come lui, non saranno toccati dall’epidemia o, se lo saranno, di sicuro guariranno.  A morire saranno i vecchi, i deboli, i malati, i poveri. Non gli esponenti dell’alta borghesia e dell’aristocrazia. È convinto, Boris, che qualche centinaio di migliaia di quei morti sia un prezzo accettabile per un Regno Unito che già ha i suoi guai con la Brexit e non può star lì a fermare l’economia solo per salvare la pelle a gente tutto sommato inutile e anzi onerosa per le casse di Downing Street.

Sono bianchi e ordinati i capelli di Christine Lagarde, e il loro biancore induce a pensare che la saggezza degli anni alberghi la sottostante scatola cranica; ma, ahinoi, l’apparenza inganna. Madame Lagarde, nel momento più duro e cupo che l’Italia sta attraversando da decenni, ha pensato bene, in buona sostanza, di dire che alla BCE dello spread nostrano non gliene potrebbe fregare di meno, provocando una tempesta perfetta sui mercati finanziari. Le reazioni, a tutti i livelli, sono state tali da indurre Madame (speriamo) a capire che quando si parla, soprattutto da posizioni come quella che occupa, bisogna prima pensare a quel che si sta per dire. Ammesso, beninteso, che si possieda la relativa capacità.

Ma se diamo un’occhiata in casa nostra, anche qui i soggetti degni di nota non mancano. I capelli di Claudio Borghi, esponente dell’estremismo leghista molto vicino a Matteo Salvini, pur folti non sono così estrosi nei loro movimenti quanto quelli di Boris Johnson e di Donald Trump, ma i suoi pensieri sì: in effetti il parlamentare in questione ha dichiarato di ammirare le scelte del leader albionico e con rammarico ha ammesso che da noi sarebbero inapplicabili. E difende, lo stesso Borghi, la decisione del suo leader, che come lui ha i capelli a spazzola, di andare a spasso per via Condotti, a Roma, fianco a fianco con la fidanzata di turno, in barba alle norme che vietano spostamenti ingiustificati, e in compagnia, in questo momento così difficile. Il leader ha polemizzato con chi polemizzava: era andato, ha detto, a fare la spesa. In effetti, come tutti sanno, Via Condotti, a Roma, è notoria sede, oltre che di boutique e gioiellerie di lusso, di supermercati e discount popolari, ovviamente aperti anche la domenica pomeriggio. Ma giustappunto, non stiamo lì a guardare il capello.

Sono inappuntabili, sulla stessa sponda politica ma un po’ più verso destra, le chiome di Giorgia Meloni, che preso atto della situazione drammatica del Paese, dei contagi che aumentano, delle postazioni di rianimazione che scarseggiano, del conteggio dei morti che si fa ogni giorno più drammatico, dei sacrifici del personale medico, paramedico e infermieristico, ha pensato bene di affermare che la priorità più pressante, per quanto la riguarda, è il ritorno alle urne nel più breve tempo possibile.

Alla luce di quanto precede, stamattina, pur se ai lati del mio capo c’era appena un accenno di ricrescita degli spuntoni grigi che un tempo erano capelli, ho pensato bene di ripassarci sopra il rasoio per tosare alla perfezione la mia calvizie.

Sì, lo so che i capelli, con le idee dei soggetti che ho citato, quasi certamente non hanno niente da spartire. Ma non si sa mai: nel dubbio, è meglio non correre rischi.

Giuseppe Riccardo Festa

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