Piantedosi, Feltri, Donzelli & C.: il bar dello sport nelle istituzioni.

Non mi sorprendono le dichiarazioni infelici, sguaiate e fuori luogo cui si abbandonano ministri, politici ed esponenti vari della destra attualmente al governo. C ‘è solo l’imbarazzo della scelta: le accuse di contiguità alla mafia che il deputato Donzelli ha lanciato ai suoi colleghi del PD; le dichiarazioni del ministro dell’Istruzione sull’utilità dell’umiliazione nella crescita dei ragazzi e le sue esplicite minacce ad una preside colpevole, a suo modo di vedere, di fare politica nelle scuole per aver difeso i valori antifascisti della nostra Costituzione; le battute infelici rivolte ai migranti dall’habitué del cattivo gusto, oggi consigliere regionale in Lombardia, Vittorio Feltri; il “body-shaming” del sindaco di Grosseto contro Elly Schlein e le battute antisemite contro la stessa Schlein, condivise da numerosi politici; e soprattutto il ministro degli affari interni, Piantedosi, che non pago di aver definito “carico residuale” l’umanità non meritevole, a suo parere, di scendere dai barconi, è giunto a caricare quella stessa umanità della responsabilità, in caso di naufragio, della propria morte e di quella dei propri figli : lui, che la disperazione non ha la più pallida idea di che cosa sia, ha deciso che nessun grado di disperazione legittima la fuga da territori di guerra, di fame o di persecuzione. Oggi Feltri con la sua abituale, cinica e sprezzante ferocia, ha confermato quella visione: “Partire è un po’ morire” ha detto ai migranti: “restatevene a casa vostra”.

Lo ripeto: tutto questo non mi sorprende perché non è nuovo. Questo genere di discorsi è comune, sui social network, e innumerevoli sono i commenti di questo tenore cui si abbandonano coloro che con una diagnosi spietata quanto inappuntabile, in una sua ormai famosa invettiva, nell’ormai lontano 2015 Umberto Eco definì “legioni di imbecilli”: sono gli stessi, come appunto rilevò il grande pensatore, che un tempo, fra un rutto e l’altro, le loro bestialità le dicevano al bar. Sono gli stessi che perentori affermavano “il Nord è superiore al Sud”, “i terroni non hanno voglia di fare un cazzo”, “i negri puzzano”, “l’Europa ci vuole fregare”, “i politici sono tutti ladri” e via di seguito, per giungere poi a negare l’utilità dei vaccini, a decidere che le scie di condensazione degli aerei sono veleno, che la terra è piatta.

Questi politici sono i centurioni di quelle legioni, ne condividono il (chiamiamolo) pensiero, come loro sono fermamente convinti di possedere la verità: una verità che ai loro occhi è pura e cristallina, evidente e indiscutibile; una verità facile, elementare, che non ha bisogno di approfondimenti né di analisi, perché “lo sanno tutti che è così”.

Poco conta che essi siano laureati o che abbiano alle spalle – a volte – prestigiose carriere professionali: ci sono imbecilli conclamati ovunque ed essere ingegnere, o medico, o vescovo, o giornalista, o critico d’arte non esime dall’essere anche portatori e propalatori di frasi fatte, di violenza ingiustificata, di luoghi comuni e perentorie verità, senza mai essere sfiorati dal dubbio di essere in errore.

Dunque no, non mi sorprende affatto che quei deputati, giornalisti e ministri si lascino andare alle affermazioni che sappiamo, né mi sorprende che essi occupino le posizioni di potere che occupano: chi avrebbe dovuto contrastarli (e mi riferisco ai politici di parte avversa), troppo impegnato a guardarsi l’ombelico è riuscito a disgustare il proprio elettorato, dando campo libero alle legioni di echiana memoria e a chi le rappresenta.

Anche se, fuori da quel giro, non mancano esempi di umanità, ben rappresentati dai meravigliosi pescatori calabresi che si sono precipitati a soccorrere i disperati del naufragio di Cutro, ed hanno pianto per quelli che non sono riusciti a salvare, tuttavia la storia si sta ripetendo. Come in quel lontano e nefasto 1922 il peggio dell’italianità sta salendo in una marea putrida di arroganza e supponenza, e di meschinità, di egoismo, di indifferenza e di superficialità, spinta e alimentata da un’avvilente e irreparabile ignoranza; un’ignoranza tanto più perniciosa in quanto chi ne è portatore anziché tentare, come sarebbe doveroso, di superarla informandosi, approfondendo e cercando di capire, preferisce crogiolarcisi dentro, lasciando che sia il solo pregiudizio a determinare le sue scelte e le sue decisioni.

E qui il cerchio si chiude, e torniamo a dare ragione a Umberto Eco, perché il pregiudizio è la base culturale degli imbecilli.

Giuseppe Riccardo Festa

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