LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE AVVIA UN’INDAGINE SUL GOVERNO ITALIANO PER OSTACOLO ALLA GIUSTIZIA NEL CASO ALMASRI

Almasri riportato in Libia

Antonio Loiacono

La Corte Penale Internazionale (CPI) dell’Aja ha formalmente avviato un fascicolo di indagine nei confronti del governo italiano per «ostacolo all’amministrazione della giustizia», ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma. La decisione arriva in seguito ad una denuncia presentata dai legali di un rifugiato sudanese, vittima di torture in Libia, che accusa le autorità italiane di aver intralciato le indagini internazionali sul generale libico, Almasri.

La vicenda risale al 2019, quando il rifugiato sudanese e sua moglie, detenuti in Libia, denunciarono di aver subito gravi violenze per mano del generale Almasri, figura chiave nel traffico di migranti e sospettato di crimini contro l’umanità. Le testimonianze delle vittime erano state raccolte da investigatori internazionali, ma secondo la denuncia, il governo italiano avrebbe ostacolato il corso della giustizia, impedendo un’indagine approfondita sul caso.

Nella denuncia ricevuta dall’Ufficio del Procuratore della CPI, sono stati indicati i nomi di tre esponenti di spicco del governo italiano: la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio ed il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. I legali del rifugiato sudanese sostengono che le autorità italiane abbiano agito in modo da proteggere il generale Almasri, complicando l’accesso a prove e testimonianze cruciali per il processo.

La notizia, riportata dal quotidiano “Avvenire”, ha suscitato reazioni contrastanti. Il Ministro della Giustizia Carlo Nordio, interpellato dai giornalisti, ha commentato con una battuta: «Credo che a questo mondo tutti indaghino un po’ su tutto. Noi abbiamo fiducia nella giustizia umana. Postulo la giustizia divina proprio perché la giustizia umana spesso è fallibile, ma accontentiamoci di quella che abbiamo e vediamo come va». 
La CPI, istituita per perseguire crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio, ha il potere di indagare su individui e governi che ostacolano il suo lavoro. L’articolo 70 dello Statuto di Roma, citato nel caso, prevede sanzioni per chi interferisce con l’amministrazione della giustizia internazionale, inclusa la distruzione di prove o l’intimidazione di testimoni.

Il governo italiano non ha ancora rilasciato una dichiarazione ufficiale, ma fonti vicine al Palazzo Chigi hanno sottolineato che l’esecutivo collaborerà pienamente con la CPI per chiarire la posizione dell’Italia. Intanto, la vicenda rischia di avere ripercussioni politiche, alimentando il dibattito sul ruolo dell’Italia nella gestione dei flussi migratori e sulle relazioni con la Libia.

Mentre la CPI procede con le indagini, l’attenzione internazionale si concentra sull’Italia, chiamata a dimostrare trasparenza e collaborazione. Il caso potrebbe rappresentare un banco di prova per la credibilità del governo italiano sulla scena globale, in un momento in cui i temi della giustizia internazionale e dei diritti umani sono al centro del dibattito politico mondiale. 

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