Per S. E. Giuseppe Satriano Arcivescovo di Rossano-Cariati BRINDISI e p. c. don Antonio De Simone Amministratore Arcidiocesi di Rossano-Cariati SEDE Caire, w Arciepiskope, par hmin fileiV, meta qarsouV kai elpidoV se decomeqa en th hmetera polei Rousianw th buzantinh (Chàire, oh Archiepìscope, paremìn filéis, metà thàrsus cài elpìdos se dechòmetha en te emetéra pòlei Rusìano te byzantine) Salve, Arcivescovo, sei il benvenuto tra noi, ti accogliamo con fiducia e speranza nella nostra città di Rossano la bizantina. A margine dellaccoglienza fattaLe, con fede, disponibilità, amore e obbedienza, dallAmministratore Diocesano, il saggio e fattivo don Antonio De Simone, Le porgo il benvenuto nella lingua greco-bizantina di Rossano, scritta e parlata fino al 1460, segno della millenaria storia cristiana di Rossano e di unidentità culturale e valoriale peculiare, originale e forte, che ancora dà prestigio alla città e coesione sociale di appartenenza alla sua gente. Le parole che rivolgo a Lei, 63° Arcivescovo di rito latino dal 1460 (ma 33 o 36 sono stati gli Arcivescovi-Metropoliti di rito greco-bizantino dal 1088/89 fino al 1459 e tanti, prima, Vescovi dal 597, verosimilmente anno della nascita della Diocesi di Rossano), vorrebbero essere la voce di un complesso arcipelago di sensibilità e valori etici, che si dichiarano laici o agnostici o atei o senza chiesa, autonomo ma non in contrasto con larea dei testimoni di fede teista e cattolica. Specificamente spero di rappresentare quanti hanno lasciato la riva sicura (Papa Francesco) della religiosità dei padri e sono attratti da quella della ragione critica squarciatrice delle tenebre dellignoranza, della superstizione, del regime dei privilegi. E intanto questi sono soltanto incerti, dubbiosi, interroganti, in tensione e in cammino verso la Verità (pellegrini della Verità), in mezzo al guado, esposti ad ogni possibile esito. Anche questi hanno una fede. Una fede umanistica nella dignità e centralità delluomo, che è persona ed è cittadino, avente valore in sé e fine in sé (Immanuel Kant). Una fede nella positività del confronto e dellimpegno personale e associato tra-con-per gli altri, nella capacità di cambiare la società e la storia, nella possibilità di costruire un mondo nuovo e migliore, dove il dialogo sostituisca lintolleranza, la giustizia sia fondatrice della pace, la fratellanza si coniughi con luguaglianza, la liberazione dal bisogno emancipi dalle violenze delle vecchie e nuove povertà. Una fede differente, ma non dissimile, da quella dei teisti cattolici, che Lei definisce (e sono daccordo) ricchezza e nutrimento per la convivialità che insieme desideriamo realizzare; eppure, in quanto diversa, è ancora percepita come qualcosa che allontana o estranea o confligge con quella. E tale lontananza-estraneità-ostilità continua a indebolire i possibili comuni percorsi di costruzione della civiltà dellamore e di una società liberante e a misura duomo. E una debolezza che va a beneficio dellattuale sistema consolidato di prevaricazione, di ingiustizie sociali, di illegalità e di corruzione dilaganti, che continua a sfornare una casta oligarchica di inqualificabili individui. Questo sistema perverso è o dovrebbe essere il comune avversario dei diversi testimoni e protagonisti della fede: questo ritengo di cogliere nella nuova innovativa prassi evangelica di Papa Francesco. Meno devozionismo, meno intimismo, meno formalismo, che producono spesso atteggiamenti deleganti o egoismo o familismo o disimpegno sociale o indifferenza pilatesca, e, viceversa, auspico più prossimità, più presenza visibile nella società, più testimonianza credibile e operativa, più dialogo costruttivo con le altre testimonianze affini per fare insieme un cammino condiviso o almeno un pezzo di strada insieme. Entro questa vision e questa prospettiva, peraltro indicate da Papa Bergoglio e da Lei nella sua lettera del 15 u.s, accolgo, con grande favore, il suo impegno a camminare insieme, a realizzare quelle relazioni profonde, accoglienti, generose, spazio fecondo, capace di offrire brividi di comunione allumanità. Esprimo, perciò, lauspicio che i portatori di fedi diverse possano ricercare le ragioni del dialogo sulle prassi di fede, possano individuare le problematiche più attuali e scottanti, possano nella reciprocità e nella fiducia vicendevole avviare un cammino di collaborazione hic et nunc, qui a Rossano e nellarea vasta della diocesi, e in questo tempo complesso, ricco di inquietudini, ma anche di speranze. Insieme possiamo riportare le persone-cittadini alla partecipazione democratica, alla cittadinanza attiva, alletica della responsabilità, contrastando così le patologie sociali dellimmobilismo, della rassegnazione, dello spirito di rinuncia, dellindifferenza, della delega, prodotti dalla crisi di credibilità dei partiti, dalla cattiva politica, dai cattivi politici di professione e, quindi, anche dalla crisi delle Istituzioni e dallessere questo nostro ampio territorio privo a tutti i livelli di rappresentanza autorevole e prestigiosa. Insieme possiamo ricostruire il primato del bene comune e dellinteresse generale, condizioni necessarie e sufficienti per fare anche il bene e linteresse dei singoli; e con questo riaffermare gli exempla, i modelli di riferimento, delle persone-cittadini esemplari per bontà, spirito di servizio, onestà, giustizia, competenza, radicamento nel territorio e tra la gente, ai quali affidare la res publica, nella consapevolezza, suggeritaci da Corrado Alvaro, che la disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che essere onesti giusti e buoni sia inutile. Insieme possiamo ridare dignità, giustizia e restituzione a questo nostro territorio, che ha urgente bisogno di una ripartenza, dopo essere stato, negli ultimissimi anni, massacrato e defraudato dalla pessima politica, con prepotenza e senza ragioni, dei servizi indispensabili alla persona e al cittadino: la sanità, il tribunale, la viabilità, i trasporti, lambiente (il creato), ligiene pubblica, uffici ecc. Insieme possiamo ripristinare lauto-stima e la fiducia nelle capacità delluomo singolo e associato di questo nostro comprensorio, la convinzione che ce la dobbiamo e ce la possiamo fare, e la speranza concreta, la quale, per non ridursi a un astratto e inconcludente moto del cuore, deve fondarsi, come ci indica Pablo Neruda, sull indignazione e sul coraggio: solo in questo modo possiamo contrastare la diffusa percezione di essere figli di un dio minore, di essere dei perdenti, di dovere andare via per cercare nella fuga il lavoro, la dignità, il riscatto, perché, come mi ha detto un giovane, i Calabresi sono bravi soltanto quando giocano fuori casa. Insieme possiamo impegnarci a consolidare la memoria storica, la cultura e lidentità bizantine di Rossano, facendone il fondamento dellincontro-dialogo fra i tre monoteismi del Mediterraneo (Cristiano, Giudaico, Islamico), conservandone e valorizzandone limmenso patrimonio storico-architettonico-artistico, promuovendolo nei circuiti internazionali; e in modo specifico mi riferisco al Codex Purpureus Rossanensis per il quale è urgente intensificare le sollecitazioni (già e più volte fatte da S.E. Santo Marcianò e da S.E. Luigi Renzo e dallo scrivente) per il suo riconoscimento quale patrimonio dellUNESCO (pratica avviata nel 2007) e il suo rapido ritorno a Rossano (essendo giunti al termine il suo restauro conservativo e lesposizione al Quirinale, anche alla presenza di Papa Francesco e del Presidente Napolitano). Insieme possiamo affrontare le problematiche e le emergenze di questo nostro territorio. Hanno una priorità assoluta il disagio, la sofferenza, la marginalità di chi non ha un lavoro, di chi il lavoro lha perso, di chi è sfruttato e dei tanti invisibili che sopravvivono nel bisogno, nellindigenza, nella discriminazione, nella malattia, nellisolamento, nella fatica del vivere, a favore dei quali la Chiesa diocesana (essa soltanto a dire il vero) è sollecita con una fitta rete di servizi gestiti da associazioni e volontari. Un debolezza preoccupante è quella strutturale delleconomia territoriale, strumentalizzata da parte di poteri forti neo-colonizzatori con labietto ricatto lavoro-salute-ambiente, e determinata da molteplici cause: come le pervicaci politiche anti-meridionaliste dei governi nazionali; lirresponsabile politica dei governi regionali, più interessati al consenso che allo sviluppo locale e dilapidatori delle risorse comunitarie; linconsistenza e la sudditanza della rappresentanza politica territoriale nelle Istituzioni sovra-comunali; la grave carenza del sistema della viabilità e dei trasporti, che rende larea periferica, isolata, insicura; il deficit della cultura dimpresa sociale e solidale; la difficoltà di produrre ricchezza e occupazione, di attrarre investimenti pubblico-privati e di espandersi da parte dei settori pur attivi dellagricoltura, del turismo, della piccola impresa del territorio; la persistente volontà delle amministrazioni comunali di guardare soltanto al proprio particulare municipalistico e di camminare divisi e in ordine sparso, tanto che questarea vasta non ha forza contrattuale e non sa proporsi con ununica vision, con un unico progetto programmatico, con ununica lingua, con una classe dirigente di qualità rappresentativa; la degenerazione dellassistenzialismo che diseduca alla furbizia, alla corruzione, al voto di scambio; lazione pervasiva, intimidatrice, parassitaria della ndrangheta, benché da Papa Francesco scomunicata e condannata come peccato oltre che come reato. E, infine, la causa più drammatica dellimmobilismo e della perdita di vitalità di questo nostro territorio è rappresentata dalla perdita del più grande capitale prodotto da questo territorio, quello umano, quello dei giovani, quello delle competenze e delle professionalità, quello delle intelligenze e dei talenti, che sono in diaspora, in un esodo biblico, in una fuga inarrestabile per il mondo: una perdita e un dissanguamento che impoveriscono la nostra terra e la condannano a non avere futuro, perché senza giovani non avremo futuro. Non è e non sarà facile risolvere tali problematiche. Noi possiamo provarci. Possiamo provarci insieme in un solido appassionato patto per, ma anche tra e con, il territorio e la gente. La storia ci insegna che gli uomini e i popoli, quando rallentano o fermano o regrediscono il loro cammino, quando cadono in preda alla rassegnazione e al crudele destino, manifestano consapevolmente o non un irrefrenabile bisogno di guide autorevoli e credibili, di profeti di speranza, di protagonisti dallalta tensione etica e spirituale per riprendere il cammino della più esaltante avventura che è la vita e per lasciare tracce del loro esserci qui ed ora. Caro Arcivescovo, La ringrazio per la sua attenzione, spero di dialogare con Lei prossimamente e de visu e, intanto, Le porgo il benvenuto e i più cordiali saluti. Rossano, 28 luglio 2014 Francesco Filareto
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