■Antonio Loiacono
Il nome di Fabio Tagliaferri è al centro dell’attenzione pubblica per la sua recente nomina (febbraio ’24) alla guida di Ales (Arte Lavoro E Servizi) S.p.A., la società in house del Ministero della Cultura (2138 dipendenti ed un bilancio attivo complessivo di 124.771.033 al 31/12/2023) che gestisce servizi di primaria importanza per musei, gallerie d’arte e parchi archeologici, tra cui il prestigioso Parco di Pompei e le Scuderie del Quirinale. Con un compenso annuo di 146.000 euro (120.000 come amministratore delegato ed il resto come presidente), la carica che Tagliaferri ha assunto è una delle più ambite nel panorama culturale italiano.
La sua nomina, avvenuta sotto la supervisione dell’allora ministro Gennaro Sangiuliano, ha sollevato numerose critiche, specialmente alla luce delle indagini che coinvolgono lo stesso Sangiuliano per reati ipotizzati di peculato e rivelazione di segreto d’ufficio.
Uno degli attacchi più pesanti è arrivato da Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che ha apertamente criticato la scelta di nominare Tagliaferri in una posizione di tale responsabilità. In un lungo post, Renzi ha accusato il governo di aver assegnato la guida di Ales ad un uomo privo di curriculum rilevante per il settore culturale e sospettato di essere stato raccomandato per via della sua amicizia con Arianna Meloni, sorella della premier Giorgia Meloni.
Renzi ha inoltre sollevato il dubbio che la nomina possa essere parte di un sistema di favoritismi, chiedendo trasparenza sulle modalità con cui Ales gestisce le assunzioni e sugli eventuali legami tra la società e Fratelli d’Italia. “La cultura è il più grande patrimonio di questo Paese. Non lasceremo che sia dilapidato da interessi economici di basso livello o piccoli affari di famiglia”, ha scritto Renzi, ribadendo l’impegno di Italia Viva a fare un’opposizione forte e indipendente.
L’attenzione sulla nomina di Tagliaferri, però, non riguarda solo le sue qualifiche o il prestigio del ruolo. Al centro delle polemiche c’è, come si accennava, il suo legame con Arianna Meloni, sorella della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e figura chiave in Fratelli d’Italia, responsabile del Tesseramento del partito. Questo legame ha suscitato dubbi e critiche da parte dell’opposizione, che vede nella nomina di Tagliaferri una sorta di “premio” politico, piuttosto che un incarico meritocratico.
Il legame politico tra Tagliaferri e Arianna Meloni ha radici profonde. Due anni e mezzo fa, il presidente di Ales era pronto a candidarsi come sindaco di Frosinone per Fratelli d’Italia, dopo anni di servizio come vicesindaco. Tuttavia, su richiesta della stessa Arianna Meloni, decise di fare un passo indietro, rinunciando alla candidatura per il bene dell’unità del centrodestra. Il partito gli chiese di cedere il posto a Riccardo Mastrangeli, un civico di espressione leghista. Questo gesto di fedeltà lasciò Tagliaferri in credito con Fratelli d’Italia, un debito che è stato onorato con la sua recente nomina alla guida di Ales Spa.
Tagliaferri, dal canto suo, ha respinto le accuse. In un’intervista a “La Repubblica”, ha difeso il suo operato, sottolineando che la sua amicizia con Arianna Meloni non costituisce un reato. Ha ribadito che la sua nomina è avvenuta regolarmente e che non vi è alcun collegamento tra la sua posizione attuale e le vicende giudiziarie che stanno coinvolgendo Sangiuliano. “Vengo tirato in ballo ad orologeria”, ha dichiarato, facendo notare come la sua carriera politica sia iniziata ben prima dell’ascesa di Arianna Meloni.
Le critiche non sono mancate, in particolare sulla mancanza di esperienza diretta nel mondo della gestione dei beni culturali, provenendo Tagliaferri da una lunga carriera amministrativa e imprenditoriale, tra cui la fondazione di una società di noleggio auto.
La questione delle nomine politiche all’interno di enti culturali non è nuova, ma il caso di Tagliaferri ha scatenato un dibattito più ampio sul ruolo della politica nella gestione del patrimonio culturale italiano. Il legame tra cultura e politica è inevitabile, ma la trasparenza e la meritocrazia nelle nomine rimangono un tema caldo, che continuerà ad essere oggetto di critiche e discussioni pubbliche.
Fabio Tagliaferri rappresenta un esempio di come la politica e la gestione del patrimonio culturale italiano siano profondamente intrecciate. La sua nomina, unita alle vicende giudiziarie che coinvolgono Sangiuliano, ha innescato un dibattito più ampio sulla trasparenza delle nomine pubbliche e sulle influenze politiche all’interno del governo Meloni. Nonostante le difese di Tagliaferri ed il supporto di alcuni esponenti della maggioranza, le opposizioni continuano a chiedere maggiore chiarezza.
Il futuro dirà questa nomina sarà in grado di portare valore al settore culturale o se rimarrà semplicemente una pedina di un più ampio gioco politico.
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