Elezioni USA: perché voterei Hillary

Intendiamoci: Hillary Clinton è simpatica e gradevole come una rettoscopia (mi perdonino i miei ventiquattro lettori questa ardita per quanto espressiva analogia). Hillary Clinton rappresenta la continuità nel vecchio sistema, quello che in fondo è all’origine della crisi mondiale che ancora attanaglia tanti Paesi fra i quali il nostro: finanza, industria lobbysta, politica politicante e cinica.

Ma il problema sta nel suo oppositore, “the” Donald. Quel Trump di cui ormai conosciamo le imprese, le astuzie, le bugie, le goffaggini, l’ignoranza, la sfrontata capacità di spararle grosse, il sessismo… eccetera.

Trump, come un certo personaggio nostrano di cui non faccio il nome ma solo il cognome, ossia Berlusconi, ha fatto i soldi con le costruzioni e poi si è buttato anche in altre imprese; solo che Berlusconi, grazie anche a politici amici (non escluso sé stesso), nelle altre imprese ha avuto fortuna; lui no. È stato abile a mascherare i suoi fallimenti facendoli pagare agli altri, ma pur sempre di fallimenti si tratta.

Trump però – e altri, quelli ai quali per brevità attribuiamo l’etichetta di “populisti” – ha la ricetta che incanta le folle: fa credere che si possano dare risposte semplici a problemi complicati. E la gente, stufa della finanza, dell’industria lobbysta, della politica politicante cinica, ha deciso di dare retta ai populisti.

È un fenomeno che erode la fiducia nel sistema democratico un po’ dappertutto, nel mondo occidentale, e rischia di mandare al potere soggetti magari pieni di buona volontà e sinceri, ma desolantemente sprovvisti di competenza, esperienza e cultura, politica e non solo politica.

Il problema, con gli USA, è che il presidente là lo eleggono loro ma le conseguenze, se dovesse vincere Trump, le pagheremmo tutti, noi europei per primi: perché the Donald, oltre al resto, incarna una vecchia voglia degli statunitensi di isolarsi, chiudersi all’interno delle proprie frontiere e infischiarsene del resto del mondo, almeno finché il resto del mondo non può servire a qualche loro interesse.

Ecco perché Trump ha tanto successo quando parla di alzare un muro fra il Texas e il Messico, di uscire dalla Nato, perfino di dialogare col tirannello della Corea del Nord, oltre che quando afferma di ammirare Putin: Trump dal resto del mondo accetta quello che gli può servire, ma non vuole dargli niente.

Così, se vincesse lui le elezioni ormai incombenti, la conseguenza per noi europei, così bravi a dividerci e a non guardare più in là del nostro naso, sarebbe una sempre più pesante ingerenza della Russia nella nostra vita. Inoltre crollerebbero le esportazioni negli USA, perché Trump denuncerebbe tutti i trattati commerciali e imporrebbe forti dazi sui nostri prodotti: è un modo per rilanciare l’economia e l’occupazione interna che funziona quando sei il più forte e ti sei rotto del tuo passivo commerciale.

Ma sarebbe un’occupazione a bassi salari, perché sicuramente Trump non ha intenzione di promuovere la crescita sociale: è e si sente elitario, disprezza i poveri. In quest’ottica, annullerà ovviamente la riforma sanitaria di Obama, e i poveracci non avranno più l’assistenza più o meno gratuita che hanno ora e accoglierà le richieste della destra estrema, a detrimento dei diritti delle minoranze e delle donne;  sicuramente, lancerà una caccia alle streghe per cacciare dal Paese tutti gli immigrati senza cittadinanza.

Trump denuncerà anche tutti gli accordi per la limitazione del riscaldamento globale, perché ha dichiarato forte e chiaro che considera il fenomeno un’invenzione.

Il quadro, già fosco di suo, si aggrava se si pensa alle caratteristiche psicologiche del personaggio: egotico, arrogante e presuntuoso, non è capace di accettare consigli né di ammettere errori. Se avrà, oltre alla presidenza, anche un Parlamento a lui favorevole, ogni scenario è possibile, anche perché non si deve dimenticare che gran parte del debito pubblico americano è nelle mani dei cinesi, che lo finanziano col proprio surplus commerciale. Ma se il flusso di beni dalla Cina verso gli USA dovesse rallentare o interrompersi, ridimensionando quel surplus, i cinesi smetterebbero di finanziare il debito pubblico USA: insomma vorrebbero indietro i loro soldi, con conseguente crisi diplomatica associata a inflazione interna, malessere sociale…

OK, mi fermo: già il quadro è abbastanza cupo senza entrare in altri scenari ancora più deprimenti. Ma in conclusione non so a voi, miei affezionati ventiquattro lettori, ma dovendo scegliere fra Trump o Hillary Clinton l’idea della rettoscopia, a me, tutto sommato non mi dispiace più così tanto.

Giuseppe Riccardo Festa

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