ARGENTINA, UN INUTILE BALLOTTAGGIO

di Marco Toccafondi Barni

– E’ stata la vittoria della disperazione e dell’ anti peronismo. Proprio così , in una Argentina ad un passo dal suo 10° default, con un inaudito  142% di inflazione (fa paura soltanto dirlo) e quasi metà della popolazione sotto  la soglia di povertà, il popolo ha scelto il pensiero magico da un lato (la vittoria di Javier Milei) e al contempo una ovvia punizione per l’attuale ministro dell’ economia Sergio Massa. Intendiamoci, non è  che chi oggi sostiene e ha fatto vincere Javier Milei, grazie ad un patto praticamente imposto in casa di Mauricio Macri (presidente della nazione tra il 2015 e il 2019, non due secoli fa) a quella Patricia Bullrich che aggiungendo i voti ottenuti al primo turno alla causa Milei ne ha decretato la vittoria, sia esente da colpe. Anzi, Mauricio Macri, figlio di Franco, nonché ex presidente del Boca Junior, è appunto un ex presidente nonchè tra i responsabili di uno dei tanti fallimenti d’Argentina: quello del correo, le poste.

In ogni caso il 55% dei votanti ha scelto “Mr. Motosega”. E in che modo, lo scaruffato economista mediatico ha vinto con oltre 10 punti percentuali di vantaggio (55% contro 44%) in questo secondo turno e soprattutto ha strappato un insperato pareggio nel fortino del peronismo (la cosiddetta Gran Buenos Aires, lo sconfinato conurbano di Buenos Aires), dove chi vince solitamente vince la Casa Rosada. Il fatto, stavolta, è che Sergio Massa, il peronista più di centro che di centro – sinistra, non ha vinto, c’è stato un pareggio fatale alla sua causa.

E allora alla Casa Rosada per 4 anni siederà un anarco capitalista, un libertario fanatico del mercato. Sì, “El loco”, secondo la stessa definizione di suo padre fin da quando era un ragazzino, che muoveva i primi passi come portiere del Chacharita. E’ una specie di stregone del liberalismo che propone idee bislacche: la eliminazione della Banca centrale, la dollarizzazione dell’ economia e ovviamente l’abolizione della casta politica, diventando lui stesso un politico.

La vittoria dell’ anti peronismo – Tuttavia, nel paese che ha inventato Peron come leader politico, aggiungendovi il mito immortale di Evita, con la genesi del “peronismo per sempre”, stanotte si è avuta una crisi di rigetto. Cìè statpo il netto rifiuto di questa ideologia ormai logora e lontanissima persino per l’ Argentina. Qualunque argentino, veramente chiunque si ascolti, argomenta che non ha scelto un personaggio senz’altro bizzarro e apparentemne fuori dagli schemi come Milei, ma più semplicemente ha votato contro il peronismo. Vinca chi vinca, il mantra ripetuto, tranne un peronista come Sergio Massa, che ha portato il paese all’ ennesimo disastro economico. Persino Milei, un personaggio più unico che raro nel panorama politico mondiale. Mi ripeto, all’ apparenza almeno.

Un poltrona per due menemisti – Già, perché chi sono i 2 candidati in realtà ? Due ammiratori di quello che, molto probabilmente, è stato il peggior presidente della repubblica Argentina da quando, nel 1983, con Raúl Alfonsín, nel paese  tornò la democrazia: Carlos Menem. Un altro  improbabile personaggio, che governò il paese dal 1989 al 1999. Un decennio che tanti argentini ricordano come eccezionale, perché nei fatti avevano i dollari al posto dei pesos nelle borse (un’ impossibile trucco che Milei ha promesso di replicare e non potrà mantenere). A quell’ epoca gli argentini potevano viaggiare il mondo e vivere benissimo, quasi come in un sogno. Una specie di “Argentinian dream” che, tuttavia, si trasformò in un incubo all’ alba del nuovo millennio. Era il dicembre del 2001 quando arrivò puntuale l’ ennesima bancarotta. Menem se ne era andato da circa due anni e alla fine pagò tutto il suocero di Shakira, tal Fernando de la Rua, costretto a fuggire addirittura in elicottero dalla Casa Rosada, pur di salvarsi da una folla inferocita e senza più i dollari ma la carta straccia dei pesos. Il pueblo argentino passò nel giro di una nottata dalla Carrozza alla zucca, come Cenerentola, ma  senza il lieto fine. No, quella volta non vissero tutti felici e contenti, ma poveri e disperati. Massa e Milei quindi altro non sono che il frutto amaro della “nidiata Menem”: Massa come collaboratore e Milei come grande fan. I due sono coetanei, entrambi nati nei primi anni ’70, poco prima del golpe dei militari nel marzo 1976; ambedue appassionati di calcio e con evidenti origini italiane, come del resto gran parte del paese. Massa rappresenta il centro del peronismo (cosiddetto di centro – sinistra), invece Milei, anche se viene spesso definito un politico di estrema destra simile a Trump, si definisce un libertario contrario a qualsiasi forma di intromissione dello stato nella vita privata. E’ infatti favorevole ai matrimoni tra omosessuali e perfino alla libera vendita degli organi come alla legalizzazione di tutte le droghe. Insomma, un ‘ altra “scheggia” impazzita della liberal democrazia. Gran parte della stampa argentina e mondiale lo etichetta come un anarco capitalista, ma alla fine delle fini si rivelerà come un prodotto tipicamente argentino. Purtroppo per il paese.

La “dollarizzazione” impossibile – Oltre ad una retorica anti casta, che almeno a tratti ricorda più Beppe Grillo che Donald Trump, raffigurata da una iconica motosega e migliaia di biglietti da un dollaro con la sua faccia stampata sopra, buffi gadget con i quali il neo presidente argentino mimava tagli ovunque e una dollarizzazione diffusa durante la campagna elettorale (a partire dall’ istruzione e dalla sanità che hanno attirato la gran parte dell’ elettorato. Come detto gli argentini amano il dollaro, tanto è vero che nel paese ci sono numerosi cambi non ufficiali: è il cosiddetto “dollar blue”. Attrazione che riempie soprattutto le eleganti strade  del Microcentro porteno grazie a pittoreschi personaggi che guidano il turista contrattando con lui un cambio tra la sua moneta pregiata (euro o dollari) con il vituperato peso. Al pari dell’ inflazione questo è da sempre il tema dei temi: tutti anelano i dollari e nessuno vuole il peso. Non  esiste chi venda una casa o degli appartamenti in pesos, perché tutti ricordano l’epoca di Menem e Cavallo, dove gli argentini guadagnavo e giravano il mondo con i bigliettoni Usa in tasca, come non ci fosse un domani. Ma il domani arrivò, anche se nessuno ama ricordarlo, visto andò a finire molto male quell’ esperimento decennale: tanti morti nelle piazze, bancomat muti e la bellissima Buenos Aires in fiamme. Infine un presidente in fuga dal tetto della Casa Rosada come in un film di fantapolitica. Correva l’anno 2001 e sono passati tanti anni. Si sa,  la memoria non è mai simpatica in tempi di nuove crisi all’ orizzonte quando generalmete arrivano pagliacci e altimbanchi. Uno di loro ha promesso, come per magia, agli argentini di poter tornare a quell’ epoca. E per disperazione il paese ci ha creduto. Durerà poco, neppure il tempo di accendere una motosega.

Perché non finirà troppo male ? – La ragione è geopolitica. Tra i paesi del G20 l’ Argentina è senza alcun dubbio quello più insignificante. Capita che gli Stati Uniti, cioè l’egemone che fin dai tempi della dottrina Monroe considera il cortile di casa occidentale l’America al suo sud, soprattutto in questo periodo storico, non vogliono avere guai vicino casa e per giunta in un continente così importante e da sempre inserito nel proprio schema. Ne consegue che l’egemone mondiale accompagnerà l’ Argentina verso il suo 10° default, appuntando una sorta di “stella del fallimento” sulla camiseta albiceleste attualmente campione del mondo nel calcio. E’ l’unica via di uscita logica: tenere nell’ alveo di una “normalità” l’ apparente  “loco Millei” e nel contempo mantenere 40 milioni di argentini nella solita solfa di sempre, tra bancarotta e realtà. Gli apparati statali Usa ci sono riusciti con il loro Donald Trump, figuriamoci, con uno strambo outsider come Milei sarà uno scherzo. O quasi.

Un lato positivo c’è – Un aspetto molto positivo comunque esiste. E’ quello di  un paese che pur avendo subito la più feroce dittatura della storia nella seconda metà del ‘900, ha trascorso questa campagna elettorale in un’ abitudinaria  quanto placida tranquillità. Eccezion fatta per qualche assalto ai supermercati, ma unicamente per la paura di un’ eventuale svalutazione monetaria, non si sono registrati incidenti e il candidato perdente (Massa) ha riconosciuto la vittoria, peraltro netta, del neo eletto. Per una nazione che ha subito le atrocità di Videla e soci fino al 1983 non è male. Davvero niente male, nel 40esimo compleanno della democrazia argentina.

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