![](https://www.cariatinet.it/wp-content/uploads/OIP-2.jpg)
■Antonio Loiacono
L’indagine della Procura di Bologna ha portato alla luce un complotto di matrice neonazista che mirava non solo a destabilizzare l’Italia, ma addirittura a colpire direttamente la premier Giorgia Meloni. L’operazione della Digos ha smantellato il gruppo Werwolf Division, rivelando un piano eversivo inquietante, ben strutturato e con radici ideologiche profondamente radicate nell’estremismo di destra.
Il piano era chiaro e spietato: assassinare Giorgia Meloni, accusata di essere una “traditrice” dai suoi stessi detrattori di estrema destra. Il capo operativo Salvatore Nicotra, addestratore ed organizzatore, aveva delineato ogni dettaglio, compresi sopralluoghi a Palazzo Chigi e Montecitorio ed un punto di cecchinaggio in un albergo vicino al Parlamento.
“Volevo addestrare guerriglieri per dargli un’arma e attaccare la Meloni,” avrebbe dichiarato Nicotra durante le intercettazioni, aggiungendo di essere “pronto a morire per la causa”. Il progetto comprendeva anche un attacco al Parlamento per rovesciare il governo, con una strategia militare articolata in tre fronti d’assalto.
L’inchiesta ha evidenziato un’ampia rete di connessioni, dalla propaganda su canali Telegram come Werwolf Division e Divisione Nuova Alba, alla ricerca di armi e addestramento militare presso poligoni clandestini. Gli arrestati, tra cui anche figure apparentemente insospettabili come un ex concorrente della Corrida ed un tenore 76enne, avevano legami con organizzazioni estremiste come Forza Nuova e tentavano contatti con jihadisti per rafforzare il loro arsenale.
L’ideologia del gruppo si fondava su teorie negazioniste, suprematismo bianco ed un’ossessione per la “sostituzione etnica,” temi ricorrenti nei messaggi intercettati e nella propaganda diffusa attraverso riviste come Ardire.org.
Il giudice per le indagini preliminari ha sottolineato che il piano eversivo era ben lontano da un’idea astratta. Le intercettazioni hanno documentato una reale organizzazione militare, con arruolamento di minorenni, acquisto di armi e simulazioni di attacchi. Il modello a cui si ispiravano erano gruppi terroristici come i NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari), con l’intento di scatenare una guerra civile ed instaurare un regime autoritario.
Questo caso è un monito per l’Italia e l’Europa intera sulla pericolosità di rigurgiti neonazisti che sfruttano il web come piattaforma di propaganda e reclutamento. L’emergere di gruppi organizzati, che uniscono ideologie estreme e piani violenti, rappresenta una minaccia seria non solo per le istituzioni, ma per l’intera stabilità sociale e democratica del Paese.
Il caso solleva interrogativi urgenti: quanto è profonda la rete di estremismo in Italia? Quali misure devono essere adottate per contrastare in modo efficace la diffusione di simili ideologie eversive?
L’operazione della Digos e la tempestività delle indagini dimostrano che le istituzioni italiane sono vigili. Tuttavia, il livello di pianificazione ed il radicamento culturale di queste organizzazioni richiedono una risposta ancora più incisiva, che non si limiti alla repressione, ma affronti le cause profonde di questo fenomeno, come il disagio sociale, l’ignoranza storica e la diffusione incontrollata di ideologie violente online.
Questa vicenda non deve solo far riflettere, ma spingere ad un’azione coordinata tra istituzioni, scuola e società civile per preservare i valori democratici e combattere le ombre di un passato che rischia di tornare.
Views: 50
Lascia una risposta
Devi essere connesso per inviare un commento.