IL VERO SCONFITTO È RENZI (O FORSE NO)

A dispetto dei toni trionfalistici nei tweet del primo ministro e dei distinguo della ministra Boschi (“non è un voto sul governo”), una riflessione nasce spontanea, per non dire ovvia, sull’’esito del test elettorale che ha visto assentarsi dal voto oltre il 60% degli elettori emiliano-romagnoli e quasi il 60% di quelli calabresi: la gente di sinistra è incavolata nera con Renzi.

L’’Emilia Romagna è sempre stata, per definizione, non “una” ma “la” regione rossa d’’Italia: serbatoio di voti per il PCI fin dal primo dopoguerra, a dispetto di incertezze, ondeggiamenti, scandali e delusioni è sempre rimasta fedele al partito che per decenni, anche attraverso le sue metamorfosi, ha rappresentato le classi operaie e disagiate del Paese.

Ma quando è troppo è troppo: La politica del governo attuale, di sinistra a parole e di destra nei fatti; il continuo riferirsi di Renzi a Berlusconi per le riforme, la riforma del lavoro tutta a vantaggio delle parti datoriali, e il suo atteggiamento sprezzante verso i sindacati operai e ammiccante verso la Confindustria, hanno indotto gli elettori della sinistra storica a voltargli le spalle.E così quegli elettori non sono andati a votare; perché uno di sinistra, comunque, può essere abbastanza incazzato da non votare il suo partito, ma non lo sarà mai tanto da votare per un partito di destra.

Basta confrontare i dati: in Emilia Romagna, alle precedenti regionali, il PD ottenne quasi 860 mila voti, oggi ne prende 535 mila, buona parte dei quali, si può presumere, provengono dal bacino elettorale che fu di Berlusconi. Gli elettori berlusconiani, infatti, assistono smarriti al tramonto di un leader che, come direbbe Ennio Flaiano, è indeciso a tutto; e si sono eclissati, in misura ben superiore di quanto non abbiano fatto quelli di sinistra, o si sono spostati su Renzi, la cui politica rassicura loro quanto indigna la gente di sinistra.

Matteo Salvini canta vittoria ma in realtà non ne ha poi tante ragioni: il suo risultato percentuale è dovuto solo al calo dell’’affluenza perché in realtà anche la Lega registra un calo nel numero assoluto di voti (233mila contro i 288mila del 2010).

Giova ripeterlo: a perdere, in Emilia Romagna, sono stati soprattutto Renzi, che ha decisamente fatto girare gli zebedei all’’elettorato di sinistra, e Berlusconi, che non rappresenta più che sé stesso e gli interessi delle sue aziende.

Il M5S perde parecchio rispetto alle Europee ma guadagna consensi rispetto alle precedenti Regionali sia percentualmente che in termini assoluti, tanto da portare in Consiglio Regionale 5 suoi rappresentanti. Sicuramente, questo dato consolerà Beppe Grillo e i suoi fedelissimi.

Per la Calabria i dati, mentre scrivo, non sono ancora definitivi ma mostrano un ribaltamento rispetto all’’esito del 2010 ed anche un rilevante scostamento rispetto all’Emilia Romagna. Qui il voto ha avuto un significato diverso: il PD, sebbene il calo dell’’affluenza sia importante (44% contro il 59% del 2010), guadagna anche in numero assoluto di voti (oltre 180mila voti contro 162mila). Bisogna sperare che non sia vero quello che stanotte affermava un giornalista de Il Fatto Quotidiano, che cioè la malavita organizzata ha fiutato l’’aria ed ha spostato verso il candidato vincente il peso -– e quindi anche il potere di ricatto – dei suoi voti: Mario Oliverio farà bene a mandare da subito chiari segnali di distanza e contrasto alla ‘Ndrangheta e al malaffare.

Il M5S non era presente alle precedenti elezioni regionali, e quindi un confronto lo si può fare solo con le Politiche, le Europee e le recenti Comunali di Reggio. Il dato non è certo incoraggiante per questo partito, sceso sotto la soglia del 5%, che non ottiene seggi neppure in Consiglio regionale. Stando ai numeri in Calabria, diversamente che in Emilia Romagna, il M5S sembra aver perduto la spinta delle origini.

Cosa ne sarà, alla luce di questi risultati, del Patto del Nazareno? L’’ala sinistra del PD e quella destra di FI sicuramente stanno affilando i coltelli contro i rispettivi leader. Berlusconi, la cui preoccupazione dominante resta sempre e comunque l’’interesse delle sue aziende, non è più il padrone e signore del suo partito, che potrebbe costringerlo ad abbandonare ogni forma di collaborazione col PD, anche per le riforme.

Diverso è il discorso per Renzi. Il premier vede aumentare il suo potere su Alfano, il cui partitino, più che forza, si rivela una debolezza politica: NCD non può permettersi di andare alle elezioni perché sparirebbe; potrebbe riavvicinarsi a Berlusconi, ma il risultato sarebbe lo stesso perché comunque, alle prossime elezioni, difficilmente gli alfaniani otterrebbero posizioni di rilievo nelle liste; e in ogni caso, la parabola politica di Berlusconi è nella sua fase discendente.

Dunque, il governo è più forte. Se il Nazareno saltasse, Renzi potrebbe tranquillamente fare la sua riforma elettorale senza Forza Italia dicendo che ad abbandonare gli accordi non è stato lui, e recupererebbe consensi a sinistra. Renzi, inoltre, potrebbe guardare con interesse all’’ipotesi di Salvini come nuovo leader del campo avversario: in uno scenario in cui la disaffezione al voto è crescente, una polarizzazione così marcata dei campi potrebbe solo giovargli perché l’’elettorato moderato, da sempre padrone delle elezioni italiane, teme le proposte avventuristiche di Salvini e quello meridionale di sicuro non darà mai la vittoria a un partito che dichiaratamente considera i meridionali una sottospecie inferiore e lazzarona.

Insomma, così come alle Europee ha vinto perché tantissimi hanno avuto paura di Grillo, contro Salvini Renzi vincerebbe perché altrettanti hanno paura della Lega. È pur vero, però, che l’’Emilia Romagna è sintomo di un malessere, nell’’elettorato di sinistra, che attraversa tutto il centro-nord del Paese. Renzi farà bene a ricordarsi che non bastano i proclami e i tweet per convincere la gente: ci vogliono i fatti. E i fatti, per quel che s’è visto finora, a dispetto dei proclami e dei tweet parlano di un governo teoricamente di sinistra ma con ambizioni centriste e decisamente orientato verso destra.

Giuseppe Riccardo Festa

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