I SOCIAL NETWORK COME IL BAR DELLO SPORT

A usarli bene, i social network esalterebbero la libertà di espressione, stimolerebbero la riflessione, indurrebbero ad accettare il dialogo e a riconoscere che, oltre al proprio, esistono tanti altri punti di vista; e che quei punti di vista bisogna prenderli in considerazione perché, bisogna ammetterlo, il mondo è variegato, sfaccettato, multiforme e complesso e nessuno ha la verità in tasca.

Purtroppo il condizionale è d’’obbligo. Per trasformarlo in indicativo occorrerebbe una gran lista di altri condizionali: chi si esprime sui network -– chiunque esso sia – dovrebbe intanto avere una conoscenza non dico approfondita, ma almeno decente degli argomenti di cui parla; dovrebbe possedere un grado di educazione e civiltà tale da evitare di prorompere in insulti e volgarità; e dovrebbe accettare l’’idea di essere in errore quando –- e succede spesso -– effettivamente è in errore.

Ma così, spesso, non è: subentra quella che potremmo chiamare “la sindrome da Bar dello Sport”. Il Bar dello Sport è l’’ideale luogo d’’incontro di tutti coloro i quali in Italia, dopo le partite di calcio, discutono delle vicende appena occorse negli stadi. Si tratta, spesso, di individui intossicati dal fumo delle sigarette, avidi di bibite più o meno alcoliche ma rigorosamente gassate, atte a rendere gonfi i loro ventri e flaccidi i loro muscoli, e che pur non avendo mai praticato neache uno sport si proclamano “sportivi” in quanto tifosi e appassionati seguaci delle sorti di una squadra.

Spesso, in mancanza di risultati dagli stadi, questi “sportivi” disquisiscono d’’altro e lo fanno con lo stesso grado di competenza, esperienza personale e soprattutto finezza che possiedono in campo calcistico. Raramente il frequentatore tipo del Bar dello Sport ha letto almeno un libro in tutta la sua vita. La sua cultura si basa sul “lo sanno tutti che…”, seguito da un’’affermazione perentoria che non ammette contestazione.

Guai a sottovalutarli, i frequentatori del Bar dello Sport: in tempi recenti –- anche per colpa di chi fra corruzione, incompetenza e ignoranza nelle istituzioni dava pessimi esempi – alcuni di loro sono assurti alle più alte cariche pubbliche e politiche, ed hanno arricchito il vocabolario nazionale con nobili termini quali “celodurismo”, “Roma ladrona”, “Quella vecchia put**** della Levi Montalcini”, “col tricolore ci si può pulire il c***”, e mimiche che vanno dal dito medio trionfalmente esibito alle corna fatte dietro la testa di primi ministri europei, al gesto dell’’ombrello, all’’esibizione di forche in Parlamento, al “vaffa” come programma politico.

Non è, evidentemente, solo una questione di colorazione politica: questi signori appartengono a tutte le fedi, politiche, religiose o calcistiche che siano. In comune hanno l’’ignoranza, l’’aggressività e la volgarità. I mitici frequentatori del Bar dello Sport accedono anche ai social network, e con l’’eleganza che li caratterizza entrano nei dibattiti.

Non sei d’’accordo con loro? Osi mettere in dubbio le loro certezze? Osi avere una diversa visione politica? “Sei un venduto, chissà quanto ti pagano, comunista di m****, str****, so dove abiti”: sono solo alcune delle loro tipiche reazioni.

Va peggio alle donne, che da siffatti gentiluomini ricevono apprezzamenti sessisti che non hanno ovviamente nessuna relazione con l’’argomento in discussione ma che, in mancanza di argomenti, essi utilizzano a piacere e con piacere.

La mancanza di argomenti è il punto chiave. I soggetti di questa natura sono carichi di livore, di rabbia. Le motivazioni del loro livore e della loro rabbia sono magari legittime ma non è questo che importa. Quello che ad essi importa è trovare qualcuno su cui sfogarsi, magari seguendo le indicazioni di uno dei tanti leader che sempre, da Masaniello a Cola di Rienzo giù giù fino a Bossi, Borghezio e Salvini ed altri, emergono dal loro novero, usano il loro linguaggio (verbale e gestuale), propongono facili soluzioni e indicano nemici da abbattere.

Quei leader, finché durano, sono totem intoccabili e quel che dicono è vangelo a dispetto delle contraddizioni; chi osa criticarli è degno solo di odio. Guai a chi osa, di rimando, rilevare la loro volgarità, l’’inconsistenza delle argomentazioni, l’’evidente mancanza di informazioni: automaticamente diventa un nemico della libertà di espressione, un servo del sistema, un venduto, eccetera, eccetera.

È questa la tragedia dei social network: potrebbero essere dei magnifici luoghi d’’incontro e di discussione, ma purtroppo a volte finiscono per diventare succursali virtuali del Bar dello Sport ed essere invasi dai teppisti linguistici, ricchi solo della propria ignoranza, aggressività e volgarità, che lo frequentano.

Giuseppe Riccardo Festa

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