“Bojo” si è dimesso, ma solo perché c’è stato costretto.

È indiscutibile che fra i nostri politici ce ne siano molti che pur di restare in sella sono capaci di avvitarcisi il sedere. Ma paragonarli a Boris Johnson, che si è dimesso dalla sua carica di capo dei conservatori inglesi (ciò che implica anche la decadenza della carica di primo ministro, pur se non immediata), per biasimare i primi facendo dell’albionico un campione di correttezza, come stanno facendo centinaia di frequentatori di Facebook, mi pare che sia l’ennesima dimostrazione dell’italico, miope amore per l’autoflagellazione e l’autodenigrazione.

Bojo un campione di correttezza? Ma per favore!

A parte le promesse clamorosamente non mantenute per indurre la gente a votare la Brexit (tipo i fantomatici milioni di sterline che, sottratti a Bruxelles, sarebbero stati spesi per la Sanità britannica ma che nessuno ha mai visti) Boris Johnson ha cominciato a dimostrare di essere un pessimo primo ministro praticamente subito dopo il suo insediamento dimostrandosi arrogante, inadeguato e bugiardo. La sua popolarità è andata in costante declino, costellata da scandali e prove di inadeguatezza; il suo modo di gestire la pandemia lo ha visto prima dichiarare che non avrebbe fatto nulla (“preparatevi a perdere qualche parente”, disse, o qualcosa del genere), poi promuovere una precipitosa (e fortunatamente efficace) campagna di vaccinazioni e “lock-down”, predicando bene e razzolando malissimo quando a Downing Street ha partecipato giulivo ai party che vietava ai suoi concittadini. Ha cominciato a perdere le elezioni suppletive qua e là per il Regno Unito, poi ha subìto una richiesta di sfiducia da parte dei suoi stessi parlamentari da cui si è salvato per il rotto della cuffia e infine, dopo lo scandalo del suo protetto palpeggiatore di giovani attivisti tory, ha costretto i suoi stessi ministri a dimettersi in massa prima di decidersi, finalmente, a togliere il disturbo, dichiarando però fino al giorno prima delle dimissioni che lui sarebbe andato avanti.

Ci sono stati, in passato, politici inglesi che per il loro rigore morale sono entrati nel mito, come quel ministro delle Poste di cui si racconta che si dimise per una raccomandata consegnata in ritardo, ma se un mito sarà legato alla figura di Boris Johnson, a parte quello concernente il suo capo anguicrinito, esso riguarderà proprio la sua caparbia e feroce volontà di restare sulla poltrona di primo ministro contro tutto e contro tutti, roba che al confronto i nostrani Luigi Di Maio, Silvio Berlusconi e perfino Clemente Mastella sono esempi di umiltà e spirito di servizio.

Dunque, chi vuole esempi di nobiltà, spirito di servizio, umiltà e disponibilità a farsi da parte da contrapporre ai pessimi esempi che abbiamo in casa nostra, farà meglio a cercarli altrove: nella storia antica, magari, con Cincinnato, o in quella della Chiesa, con Celestino V e Benedetto XVI; ma per favore, non trattiamoci peggio di quanto meritiamo elevando a modello di virtù proprio Boris Johnson, uno dei più clamorosi esempi di attaccamento al potere e alla poltrona della storia di tutti i tempi.

Uno che un futuro, se non in politica, ce l’avrà sicuramente nella pubblicità: magari non quella delle lacche per capelli, ma quella della colla di sicuro sì.

Giuseppe Riccardo Festa

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