
Infatti, sulla decisione se costruire o meno una centrale elettrica a Saline Joniche, influirà il risultato di un referendum che si sta per tenere a Coira, capoluogo del cantone svizzero nel cuore delle Alpi. Siamo a ben 1471 chilometri di distanza tra i due Comuni. In molti, si domanderanno il perché. Semplice detto. La società che si é proposta per realizzare limpianto fa capo al gruppo energetico Repower, il cui azionista di maggioranza è per lappunto il governo della piccola regione alpina. In Svizzera, la democrazia diretta ha ancora una importante funzione, al punto che molto frequentemente le consultazioni popolari si tengono più volte lanno e sugli argomenti più disparati. In sostanza, il voto del referendum potrebbe rappresentare il definitivo colpo di grazia a un progetto, che già in Calabria ha creato parecchi problemi. Per la centrale è previsto uno stanziamento di 600 milioni di euro solo in opere edili. Nel 2011 il Governo italiano, presieduto da Mario Monti, aveva dato il via libera alla centrale, scatenando un coro di reazioni negative che partono dalla Regione Calabria e arrivano ai comitati civici locali. Sembra che l’unica voce a favore é quella della Confindustria reggina, secondo la quale linvestimento garantirebbe almeno 100 posti di lavoro. La centrale produrrebbe 7 tonnellate lanno di Co2. Tali emissioni, su un territorio con una disoccupazione a doppia cifra, ma che oggi vive di agricoltura e di turismo, creerebbe non pochi problemi. Anche se si racconta che le tecnologie che si applicheranno sono le più avanzate e abbattono del 50% le soglie di emissioni tollerate dalla legge. I promotori della consultazione sono contrari allinvestimento di Saline Joniche sulla base di un ragionamento essenziale: il carbone è la più inquinante delle fonti energetiche, tanto é vero che il suo impiego è proibito su tutto il territorio della Confederazione. Allora, perché costruire in Calabria qualcosa che è vietato in Svizzera? Al di lá del fatto che la vicenda appare surreale. Forse sarebbe importante prenderla ad esempio, per le tantissime e contrastate vicende che riguardano il nostro territorio. Parliamo di una democrazia dal basso che non solo ha il suo indubbio valore, ma viene applicata realmente con la sentita partecipazione delle persone. E non solo per vicende che le riguardano da vicino nel loro quotidiano, ma per aspetti che possono interessare un’evidente contraddizione di base, con possibili ripercussioni sulla loro obiettività e forte senso comune. Davvero un altro mondo che poi non é tanto lontano dal nostro! Nicola Campoli
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