■Antonio Loiacono
La sanità in Calabria è da tempo al centro di numerose criticità che spaziano dalla gestione finanziaria all’inadeguatezza del personale medico, creando un sistema paralizzato ed incapace di rispondere efficacemente ai bisogni della popolazione. La recente inchiesta di Presa Diretta ha nuovamente portato alla luce la gravità della situazione, mettendo in risalto problemi che, nonostante le promesse di riforma, sembrano ancora irrisolti.
Per Davide Tavernise (M5S), per esempio, la situazione che si vive nell’Ospedale Civile di Cosenza “è una situazione da ospedale di guerra!” Uno dei principali nodi in tutta la Regione riguarda la presenza di oltre 1.350 tra medici ed infermieri dichiarati inidonei (a dichiarare tale inidoneità sono colleghi della stessa azienda, spesso amici) a svolgere funzioni fondamentali, come i turni notturni o il lavoro nelle emergenze. Questo dato, sconcertante, sottolineato dal consigliere regionale pentastellato Tavernise, riflette una gestione inefficace ed una mancanza di controlli interni adeguati, accentuando il già precario stato del sistema sanitario.
Il governatore Roberto Occhiuto ha apertamente criticato questo fenomeno, sottolineando l’esistenza di conflitti d’interesse che hanno generato tali distorsioni. Le sue parole – dichiarando che preferirebbe farsi operare da un medico cubano piuttosto che da un medico locale fuori esercizio da 15 anni – rappresentano un duro colpo per l’immagine della sanità regionale, ma evidenziano anche la necessità urgente di un cambiamento.
Il problema, tuttavia, non si limita al personale. La sanità calabrese è da anni ostaggio di un debito sanitario imponente (800 milioni di euro solo di pretese creditorie) aggravato dalla mancata chiusura dei bilanci delle Aziende Sanitarie Provinciali per oltre 12 anni. Questo ha comportato non solo una crescente difficoltà nel tracciare e gestire le finanze, ma ha anche rallentato ogni tentativo di risanamento. Il commissariamento della sanità, nato nel 2009 per risolvere queste criticità, ha invece generato nuove complessità, contribuendo ad un’ulteriore frammentazione del sistema.
Occhiuto ha cercato di difendere il suo operato, rivendicando i risultati ottenuti nei due anni di mandato ed attribuendo le colpe del degrado a chi lo ha preceduto. La sua determinazione è apprezzabile, ma i risultati finora non sembrano all’altezza delle aspettative. Nonostante l’intenzione di rimettere in carreggiata un sistema così compromesso, rimangono numerose incognite su come e quando i cambiamenti strutturali porteranno benefici tangibili alla popolazione.
La strada per il risanamento della sanità calabrese è lunga ed impervia. Le parole del governatore, per quanto severe e dirette, riflettono la consapevolezza di un compito titanico che richiede non solo interventi immediati, ma anche un cambiamento culturale profondo. La fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni sanitarie è stata gravemente minata, e senza una vera riforma, che includa una maggiore trasparenza e responsabilità nella gestione delle risorse, il rischio è che la Calabria continui a soffrire di una sanità inefficace, con gravi ripercussioni sulla salute pubblica.
Per affrontare a fondo la crisi sanitaria in Calabria, è necessario un approccio sistematico. È indispensabile un piano strategico che miri non solo a risolvere le attuali problematiche ma anche ad evitare il ripetersi di simili situazioni. Ciò implica innovazione nella formazione dei professionisti, una riduzione dei conflitti d’interesse e la creazione di un ambiente di lavoro che favorisca il merito e la competenza.
Sebbene le dichiarazioni di Occhiuto possano suggerire un rinnovato ottimismo, ciò che realmente conta saranno le azioni concrete che verranno intraprese. Solo un impegno serio e coordinato potrà garantire un futuro migliore per la sanità calabrese e, soprattutto, restituire ai cittadini la fiducia in un sistema che ha finora mostrato gravi lacune.
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