PROBLEMATICHE PICCOLI COMUNI: Il Sindaco di Terravecchia, Mauro Santoro, scrive a Renzi

On. MATTEO RENZI Presidente del Consiglio dei Ministri OGGETTO: problematica piccoli comuni. Onorevole Presidente, credo che il sistema politico nazionale nel dibattito in corso, generato soprattutto dalla nota questione del federalismo, circa il diverso assetto istituzionale dei comuni italiani ed in particolare di quelli piccoli, non ha chiari gli obiettivi da raggiungere, soprattutto per la tutela e valorizzazione del bene comune, della democrazia e della storia nazionale. Infatti, ormai da diverso tempo e spesso sull’onda dei problemi contingenti, si annunciano o si adottano disposizioni legislative che, credo, non solo non risolvono le questioni da affrontare, ma, spesso, finiscono con aggravare le condizioni economiche e sociali delle comunità amministrate dai comuni. Sono convinto che non basta obbligare a svolgere servizi e funzioni in forma associata se ciò è generatrice di nuove spese dovute alla nascita di nuovi organismi gestionali o per la riorganizzazione di nuovi uffici. Credo non basta affermare che ciò serve per ridurre i costi e per offrire migliori servizi se non si tiene conto delle reali condizioni dei comuni anche dal punto di vista geografico ed orografico. Soprattutto i piccoli comuni, che sovente hanno una pianta organica costituita da pochi dipendenti chiamati a svolgere molte funzioni, oltre al fatto che – al fine di conseguire risparmi economici – sono nominati responsabili degli uffici gli stessi assessori comunali, non sono nelle condizioni oggettive di costituire uffici consortili efficienti ed efficaci ad invariabilità di spese. Spogliando i comuni di tutte le funzioni e dei servizi non si organizza uno Stato più efficiente, poiché, soprattutto nei piccoli enti, lo Stato di prossimità è solo il comune che deve dare risposte immediate, in particolare, ad una popolazione fatta di anziani, prevalentemente ultra sessantacinquenni. Le nostre comunità, soprattutto quelle calabresi, vivono quotidianamente l’isolamento geografico e la lontananza dai servizi territoriali (Ospedali, uffici statali, tribunali ecc.) perché, tra l’altro, il dissesto idrogeologico degli ultimi decenni ha reso le vecchie strade a mulattiere disseminate di interruzioni e restringimenti di carreggiata. Da ultimo la soppressione dei treni, anche a lunga percorrenza, nel tratto jonico delle ferrovie statali ha fatto piombare i nostri territori in un passato di almeno cento anni. I piccoli comuni, sono convinto, hanno notevoli disagi nell’applicare le norme regolamentari e legislative che riguardano anche i grandi enti territoriali. Ciò perché essi gestiscono, prevalentemente, somme da pochi euro ad un massimo di alcune centinaia di migliaia di euro per servizi e lavori. Molte volte, la lentezza e la complicanza di talune disposizioni normative non consentono una soluzione immediata ed efficace dei problemi. La rivoluzione informatica e telematica dalle nostre parti è un sogno perché non esistono connessioni ADSL veloci e funzionanti né le linee a fibre ottiche sono efficaci. Scaricare file o trasmettere atti anche agli uffici ministeriali è una impresa che richiede svariate ore di tentativi che sono sottratte ad altre attività lavorative. Onorevole Presidente, senza dilungarmi oltre, penso che le istituzioni superiori e la politica devono sciogliere l’interrogativo se i comuni sono essenziali nel sistema democratico e se i piccoli enti, che poi sono la maggioranza, devono sopravvivere o essere soppressi. Il particolare momento economico e sociale non consentono compromessi al ribasso. Infatti, se si ritiene che i piccoli comuni non devono avere funzioni e servizi propri vanno soppressi e ciò comporta spostare la esigua popolazione di quegli enti in centri urbani di maggiori dimensioni. Solo così si potrà ottenere un grandissimo risparmio per i servizi e le infrastrutture soppresse. Se i piccoli comuni, invece, si ritengono parte integrante di uno Stato moderno e democratico, ritengo che sia necessario pensare ad una riforma che sottragga ai comuni la titolarità di funzioni e servizi che l’economia ha dimostrato devono essere gestiti su comprensori più ampi. Mi riferisco alla gestione dei rifiuti la cui titolarità potrebbe essere affidata alla esclusiva gestione delle province le quali, su un ampio territorio ed utenza, potrebbero organizzare servizi efficaci ed efficienti, in particolare con la raccolta differenziata ed il conferimento di grandi quantitativi di materiali ai consorzi obbligatori del riciclo, raggiungendo economie significative, altrimenti irraggiungibili per tanti piccoli comuni. Ed ancora, alla gestione della depurazione. Il mio comune, per la conformazione orografica, gestisce due depuratori con gran dispendio di risorse economiche. Il servizio della depurazione, invece, affidato alla provincia e trasferendo i fondi necessari, potrebbe generare anche una ricchezza idrica se si costruissero condotte per portare i liquami in collettori territoriali di ampie capacità di depurazione. La verità, soprattutto in Calabria, è che si sono spesi e si spendono milioni di euro per il funzionamento dello “Ufficio del commissario per l’emergenza nel settore dei rifiuti” e dopo oltre quindici anni i rifiuti invadono le strade dei comuni che nulla possono fare senza l’autorizzazione del commissario. Gli “ATO”, nati per gestire il ciclo integrato delle acque, non solo non hanno mai funzionato, ma continuano a costare milioni di euro ai cittadini e i comuni, invece, devono spendere ingenti risorse per gestire i loro impianti di depurazione. Così come credo si deve recuperare la funzione del segretario comunale quale dipendente dello Stato che con il suo visto, obbligatorio, certifichi che gli atti assunti siano pienamente rispondenti alle leggi ed ai regolamenti. Gli ultimi dati sulla corruzione ed il malgoverno mi fanno ritenere che, come si suole dire, “E’ meglio prevenire che curare”. Infatti, penso che non si leda nessuna autonomia se sugli atti – comprese le determinazioni dei dirigenti – oltre al parere di regolarità tecnica e di copertura finanziaria si aggiunga anche quello del rispetto delle leggi e dei regolamenti comunali. Concludo affermando che in questo nostro meridione d’Italia, e specificamente in una Calabria sempre più isolata per il rilevante dissesto idrogeologico in atto e la soppressione di tanti servizi sanitari e sociali, sopprimere i comuni equivale a condannare un territorio all’abbandono ed al decadimento monumentale di un patrimonio edilizio e di infrastrutture costati sacrifici per i cittadini e tanti denari pubblici. Evitiamo di scaricare sui più deboli pesi e costi solo perché vogliono degnamente vivere nel loro paese che la storia ha voluto piccoli anche per una conformazione orografica e geografica di cui bisogna tenere conto. Distinti saluti. IL SINDACO (Mauro SANTORO)

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