PAESE MIO. Tutta, l’amarezza di un cariatese, in questa lettera inviata alla nostra redazione.

Paese mio, proprio non ti riconosco più. Ho nostalgia di un paese vero fatto, prima di tutto, di uomini veri, di umanità e valori che servono a vivere bene insieme. Ma, oggi, dove sei Paese mio? Non sei più quel semplice Paese, borgo natio, tale da farti riconoscere come luogo ideale, dove rifugiarsi, per ritrovare insieme agli altri, il meglio di se stesso. Hai dimenticato il meglio di te: le tue origini, la tua appartenenza, la tua identità paesana. Un tempo anche nella povertà e nella semplicità delle cose, sapevi apparire ricco e bello. Oggi continui a scivolare nello “sgarrupo”, nel degrado morale e materiale; continui a produrre indifferenza umana; continui a vivere di presente ed a rifiutarti di pensare ed agire insieme, per cambiare e per costruire a più mani il tuo futuro, con un cammino nuovo nell’antico, per un mondo nuovo. Continui a vivere in un presente invadente e ad essere indifferente a promuoverti per “cambiare”, per umanizzarti, per saperti confrontare con gli altri del mondo, che diventa sempre più piccolo e sempre meno distante nel suo rapporto locale – globale. Paese mio: non parli più; ti sei ammusonito, balbetti o se non balbetti gridi, per non farti capire. Sei più e solo per lo stomaco e sempre meno per il pensiero, per la ragione, per l’etica e/o per il buon sentire ed il buon parlare. Sei un Paese indifferente a tutto. Non sai stare più insieme; non sai ricercare un cammino d’insieme, dialogando, ragionando e tendendo la mano, per fare una forte catena umana con le radici basate, prima di tutto, sulla tua umanità paesana. Pensi poco a te stesso; vivi distrattamente il tuo presente; assorbi in modo compiaciuto, tutte le idiozie mediatiche, tutti i prodotti di un apparire invadente che ti portano a volere sempre più, un grande bene allo stomaco insaziabile, con tanta indifferenza per la mente, per il pensiero, per la morale, per l’etica comune e condivisa, per il sapere fortemente legato al mondo naturale e dei campi da cui, con grande spirito di sacrificio, hai sempre saputo trarre il necessario per il tuo vivere e per quello dell’insieme sociale della tua gente. Oggi non pensi positivo; oggi, da rassegnato, da indifferente e senza protagonismo, hai delegato ad altri, tutto di te stesso e pretendi di vivere con quello che gli altri ti danno. Povero Paese mio, come sei finito male, elargendoti benevolmente, l’illusione della sopravvivenza! Così facendo sei a rischio; rischi la tua estinzione. Tu che un tempo eri l’ombelico del mondo, hai rotto la magia che ti legava al resto della Terra e senza identità e forza per il mondo che verrà, navighi a vista, non sapendo, proprio non sapendo più, dove andare. Povero Paese mio! Con te che non esisti più, non solo il tuo mondo paesano, ma il mondo in generale, è tanto diverso da come ero abituato a conoscerlo. Vedo soffrirti in silenzio, nell’indifferenza dei più; il tuo mondo è in solitudine insieme all’Italia, un pollaio dove ci si rimbecca per far crescere senza limiti, il privilegio dei pochi a tutto danno dei più, silenziosi ed incapaci di essere attivi protagonisti di se stessi. Sei sempre meno forte nello spirito della tua italianità e del tuo stare insieme. Paese mio. Eugenio caligiuri

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