Natale s’avvicina, proprio come un anno fa.

Ripropongo, appena un po’ riveduto e altrettanto scorretto, l’articolo che pubblicai l’anno scorso nell’imminenza del Natale. Spero con tutto il cuore di non dover fare lo stesso anche l’anno prossimo, e quello dopo ancora. Spero sinceramente, anche se ci credo poco, che ciò che di buono il cristianesimo ha portato nel mondo, simboleggiato proprio dal Natale, possa finalmente, un giorno, prevalere e che il messaggio sia davvero capito e applicato, sia da chi si professa cristiano che da chiunque, quale che sia il suo credo, vuole bene a questa umanità. E’ il migliore augurio che posso fare ai nostri lettori.

Natale s’avvicinava e tutti erano più buoni.

Tutti adottavano a distanza un bambino, felici di aiutarlo anche se sapevano che non l’avrebbero mai conosciuto.

Natale s’avvicinava, e dalle menti e dai cuori sparivano le parole “clandestino”, “negro”, “ROM” e “straniero”, sostituite da “essere umano” e “solidarietà”. I profughi del Mediterraneo venivano salvati, nutriti e aiutati senza pensare, per partito preso, che fossero tutti infettivi, delinquenti, terroristi e stupratori. E ladri di lavoro.

Natale s’avvicinava e sparivano i laboratori clandestini di sartoria dove operai schiavi vivevano accatastati e sfruttati lavorando 14 ore al giorno per una paga di 5 euro; nessuno si sognava più di praticare il caporalato nei campi di pomodori e nelle serre.

Natale s’avvicinava, e si smetteva di pensare che togliere diritti agli altri (omosessuali, transessuali, coppie non sposate, figli di stranieri che vogliono sentirsi italiani) significhi rinforzare i propri diritti.

Natale s’avvicinava e si smetteva di usare il cristianesimo come una croce da sbattere in faccia a chi cristiano non è e di sbandierarne i simboli prendendone intanto a calci la sostanza.

Natale s’avvicinava e sui social network spariva la volgarità; si smetteva di lanciare insulti e minacce; si discuteva, cercando di capire gli uni le ragioni degli altri e di trovare un punto d’incontro. Stimolati dalla base, anche i politici, di maggioranza e di opposizione, si sforzavano di trovare un punto d’incontro e di pensare agli interessi del Paese prima che a quelli di bottega.

Natale s’avvicinava, e ci si ricordava quanto era bello aver abbattuto le frontiere, aver imparato a convivere anche se si parlano lingue diverse e si hanno usi e abitudini differenti, cercando di scoprire ciò che si ha in comune e di imparare e capire e valorizzare ciò che invece è specifico di ogni cultura, in Europa e nel resto del mondo.

Natale s’avvicinava, e tutti facevano un esame di coscienza, cercando di capire se quell’onestà che pretendevano dagli altri e predicavano ad alta voce erano capaci di praticarla in prima persona, misurando sé stessi e i propri amici sul metro della parola “coerenza”.

Natale s’avvicinava, e tutti si ricordavano che Gesù di Nazareth, Maria sua madre e Giuseppe suo padre erano palestinesi, ebrei e poi fuggiaschi. Che Gesù di Nazareth era un figlio illegittimo, comunque accolto con amore dal padre adottivo, che mai si sognò di maltrattare per questo la propria moglie.

Natale s’avvicinava, e i maschi (mariti, fidanzati, ex mariti, ex fidanzati, innamorati respinti) smettevano di considerare come “cose” di loro proprietà le donne e di pensare, ammazzandole, “o mia o di nessuno”.

Natale s’avvicinava, e si smetteva di considerare come povere sante martiri le ragazze assassinate solo a condizione che ad ammazzarle fosse stata gente di colore; e si smetteva di insultare, trattandole invece da drogate-puttanelle-se-la-sono-cercata quelle ammazzate da assassini di razza bianca.

Natale s’avvicinava, e l’italiano medio si rendeva conto tutto ad un tratto di essere scivolato in una spirale di cattiveria, di egoismo, di paura e di meschinità che lo spingeva a cercare vendetta e non giustizia, il rifiuto e non la comprensione, la caduta altrui invece della propria ascesa, l’isolamento invece del dialogo; e si pentiva, e si ravvedeva.

Natale s’avvicinava, e…  E poi mi sono svegliato.

E  ho visto che Natale è solo un giorno un po’ più ipocrita degli altri.

Giuseppe Riccardo Festa

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