A questo ci siamo ridotti? Di politica, oramai, in Italia non se ne fa più, e non da oggi: di programmi, di progetti, di futuro, non parla nessuno. Sono imminenti le elezioni europee, ma di Europa nessuno dice niente: tutti sanno che i risultati di questo voto serviranno in realtà a valutare quanto effettivamente la Lega peserà come primo partito, quanto il Movimento 5 Stelle perderà, quanto il Partito Democratico riuscirà a tenere dall’opposizione, e tutto esclusivamente in funzione degli equilibri interni, se proprio equilibri li vogliamo chiamare, perché in realtà di equilibri, in Italia, non ce ne sono più: la maggioranza sta in piedi solo per gestire il potere, mentre l’opposizione imbelle e divisa sta a guardare aspettando l’esito degli sgambetti che si fanno i partiti della maggioranza.
In questo marasma, a fare la differenza sono solo le inchieste giudiziarie. La maggioranza non aveva ancora finito di godersi l’arresto di un assessore regionale in Umbria e le dimissioni della presidente della Regione, entrambi del PD, che già un sottosegretario leghista, vicinissimo a Salvini, veniva indagato per corruzione, suscitando il sollievo dei grillini che però, subito dopo, hanno dovuto incassare l’ennesima rivelazione sulla mala monnezza di Roma e le inadeguatezze della sindaca Raggi: eventi, questi ultimi, che hanno ridato fiato al maggior partito di opposizione.
La politica interna, intanto viaggia a vista: il DEF è in pratica tutto da scrivere, l’IVA aumenterà o forse no, dipende da qual è il ministro che ne parla per ultimo; il debito pubblico lievita più che mai, il reddito di cittadinanza si sta rivelando, stando alle cronache, più che altro una sorta di elemosina, Salvini emette un decreto al giorno suscitando malumori e irritazioni negli altri ministri del suo stesso governo, Di Maio ne studia le mosse ma solo per prenderne, si direbbe, le distanze (lui non celebra il 25 Aprile, allora io lo faccio), i veti incrociati si sprecano.
In politica estera, Macron da Parigi tira le fila del futuro della Libia, infischiandosene alla grande della Comunità Europea, dell’ONU e soprattutto dell’opinione dell’Italia, che d’altra parte fa di tutto, un’opinione, per non averla: il ministro degli esteri è diventato un’entità astratta, pare si chiami Moavero Milanesi, ma brilla per la sua assenza; l’unica preoccupazione del governo, tanto per cambiare, sembra essere quella dei migranti manifestata ad ogni piè sospinto, tra un selfie e l’altro, dal solito Salvini: si direbbe che di ciò che accade sull’altra sponda del Mediterraneo non interessi nulla a nessuno, tra maggioranza e opposizione, salvo appunto a Salvini che però, purché i porti restino chiusi, sembra non preoccuparsi di nulla. Che laggiù crepino pure tutti, dicono in sostanza i nostri politici, tutti i nostri politici: libici e migranti, donne e bambini, uomini e vecchi; li torturino, li comprino, li vendano, li rimandino nel deserto, li mutilino: occhio non vede cuore non duole, basta che non sbarchino nei nostri porti.
E sono tanti, purtroppo, anche fra chi politico non è, a pensarla in questo modo. Guai a mostrarsi umani, guai a manifestare compassione e pietà: “portateli a casa tua” ti dicono, o “aiutali a casa loro”. E quando qualcuno, poi, ce li porta davvero, a casa sua, o li va davvero ad aiutare a casa loro, gli dicono “amico dei negri, prima gli italiani”.
Quello che conta, per i nostri politici, è contendersi qualche punto percentuale della sempre più sparuta pattuglia di cittadini ancora disposti a scomodarsi per andare a votare: a suon di insulti, se necessario, per poi riempirsi la bocca con la parola “popolo”.
Un popolo oramai unito solo nello scetticismo e nella sfiducia, e diviso su tutto il resto, che non segue delle idee ma al massimo fa il tifo per questo o quel leader, ammirandolo più per la sua capacità di apparire sui social network che per la caratura politica, la cultura, la preparazione, la competenza, la lungimiranza; anche perché di queste doti, nel panorama politico italiano, non se ne vede traccia.
È vero che, se si guarda in giro, non è che altrove, nel mondo, leader dotati di caratura politica, cultura, preparazione, competenza e lungimiranza se ne vedano poi tanti. Ma mal comune, in questo caso, non fa mezzo gaudio.
Mal comune, in questo caso, fa doppia tragedia.
Giuseppe Riccardo Festa
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