Come ho trovato Cariati?

Cariati mi è apparsa come un pugile che sul ring ha preso un gran colpo ed è stordito

Ci mancavo da qualche mese. Sono arrivato in auto ieri. L’ho girata in lungo e in largo, da stamattina presto sino alle prime ore del pomeriggio. 

Ho parlato con tante persone. Chi affettivamente più vicine, chi meno al sottoscritto. Ho raccolto a vario titolo una pluralità di considerazioni e riflessioni. 

Tutte, a onore del vero, molto rispettose del momento delicato che attraversa Cariati sul piano amministrativo. 

Immaginavo di peggio. Pensavo a pensieri più rabbiosi e a reazioni più incontrollabili o di non facile gestione. 

Se dovessi scegliere una parola, che racchiudesse il sentimento registrato nei miei diversi colloqui, questa è: stordimento. 

Si. Proprio così. Cariati mi è apparsa come un pugile che sul ring ha preso un gran colpo ed è stordito. 

Una sensazione che è comune a tante persone che ho incontrato nel corso della giornata. Che non si arrendono, tuttavia, a una Cariati ripiombata nuovamente in una gran confusione, scandita dall’incertezza. 

Pessimisti e ottimisti, però, cadono per lo più nello stesso errore. Ragionano in termini di bianco e nero. Non vedono le tante tonalità di grigio intermedie. 

Cioè la possibilità che si possano raccogliere – almeno così spero – i primi frutti di un lavoro iniziato che, però, permane ancora sotto traccia e che al contrario andrebbe valorizzato. 

Mi spiego. È arrivato il tempo di non stare silenti e mi riferisco a chi sta governando in questo delicato momento Cariati. 

Bisogna riprendere un dialogo armonioso con la comunità. Con chi si aspetta delle risposte e non è indifferente. 

I fatti allora devono rappresentare simbolicamente il linguaggio da adoperare. Non è più tempo di chiacchiere interminabili. 

Deve emergere la concretezza dell’azione, come in fondo risponde in questi giorni l’ordine e la pulizia che caratterizza una buona parte del perimetro del Paese. Tutto naturalmente migliorabile, ma è un segnale che ho colto con piacere. 

C’è bisogno insomma di ritmo e continuità. Altrimenti sarà meglio lasciare perdere! 

Nicola Campoli 

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