ISIS: LA GUERRA NON E’ LA SOLUZIONE

Se c’’è un momento in cui bisogna conservare la calma ed evitare di abbandonarsi a gesti inconsulti, quel momento è adesso.

Lo Stato islamico e i suoi fanatici, con le loro avanzate, coi tagliagole, i filmati, il dilagare in Libia, i proclami e i cani sciolti che qua e là per l’’Europa decidono ogni tanto di ammazzare qualcuno, fa oggettivamente paura: checché ne dicano -– con diverse motivazioni e consapevolezza -– i fautori del dialogo, è evidente che dialogare con loro è impensabile.

L’’IS sta -– volutamente, io credo -– facendo un regalo immenso a tutti i reazionari, gli isolazionisti e gli islamofobi che tanto sèguito stanno ottenendo un po’ dappertutto: in Italia con le destre, in Francia col Front National di Marine Le Pen, in Gran Bretagna con Farage, eccetera: per costoro è facile soffiare sul fuoco, fare d’ogni erba un fascio e dichiarare, guadagnando consensi, che tutti i musulmani, anzi tutti gli immigrati, anzi, tutti gli stranieri, sono un pericolo: prima solo perché rubavano il lavoro, ora anche perché ammazzano.

Stando ai seguaci di queste ideologie, bisogna semplicemente chiudere le frontiere, smetterla di aiutare i profughi nel Mediterraneo, cacciare senza complimenti tutti gli immigrati e rifiutare ogni contatto col mondo arabo.

A questa recrudescenza della xenofobia, l’’IS guarda con soddisfazione perché a sua volta essa alimenta, nel mondo musulmano, l’’insofferenza e l’’odio verso l’’Occidente, inteso come orizzonte culturale più che geografico.

Ora si parla anche di interventi militari in Libia. E a parlarne non sono nostalgici neofascisti che ancora si sentono orfani di un impero che era fuori tempo massimo già quando nacque: è il ragionevole, cattolico e moderato ministro Gentiloni, che sotto l’’egida dell’ONU vuole mandare qualche migliaio di nostri soldati a rinverdire i poco gloriosi trascorsi del nostro Paese nel “Cassone di sabbia” di littoriale memoria.

D’’accordo, laggiù abbiamo i nostri bravi interessi economici. D’’accordo, rischiamo di restare a corto di gas e di petrolio. Ma (a parte quella frasetta che figura nella nostra Costituzione circa il rifiuto della guerra) siamo sicuri che un intervento militare -– nostro o anche multinazionale, ma comunque occidentale -– invece di risolverlo non aggraverebbe il problema?

Tutti i nostri governi s’’affannano a giurare e spergiurare di non avere nulla contro l’’Islam; ma come leggerebbero, le masse degli arabi (che già ci guardano con secolare insofferenza), una dimostrazione di forza dell’Occidente in Libia? Siamo sicuri che questo non provocherebbe un’’ondata di simpatia verso il Califfato e i suoi boia, e una conseguente destabilizzazione dell’’intero mondo musulmano?

La miglior prova che noi non siamo nemici dell’’Islam sta proprio nell’’evitare di cedere alla voglia di menar le mani. Sta piuttosto ai Paesi islamici avversi all’’IS di darsi da fare per dimostrare quanto la loro chiave di lettura del Corano sia diversa da quella sanguinaria del Califfo.

Intendiamoci: se parlo di “chiave di lettura” lo faccio a ragion veduta. Nel Corano, nella Bibbia e nei Vangeli (sì, perfino nei Vangeli) si può trovare di tutto, e ognuno ci trova quello che cerca. Ci sono pace, amore, fratellanza e tolleranza per i lettori miti, ma anche guerra, vendetta, pianto e stridor di denti, pene eterne e “con me o contro di me” per chi invece mite non è.

Il problema non è nel testo, ma in chi lo legge. E noi, sia a casa nostra che altrove, dovremmo cercare di metterci d’’accordo con chi ha voglia, in quei libri, di cercarci le frasi concilianti e non quelle bellicose.

Evitiamo, in conclusione, di alimentare nel mondo arabo la sensazione che noi si voglia imporre a tutti il nostro modus vivendi. Evitiamo, anche, di cadere nella trappola dell’’IS, e di accettare il guanto di sfida che ci lancia: non siamo noi a lanciare crociate, ma loro a scatenare guerre sante.

Qual è la soluzione? Prima di tutto dobbiamo tenere altissima la guardia, per prevenire le azioni di terrorismo che di sicuro i tagliagole del Califfo progettano nei nostri Paesi. Poi dobbiamo affiancare ed assistere i Paesi arabi “”moderati”” (dove per “moderati” intendo gli avversari del Califfato, a prescindere da altre considerazioni, da cui le virgolette) che già si battono contro le sue bandiere nere: i nemici dei miei nemici sono i miei amici.

Ma guai, guai, guai, se ci lasciassimo invischiare in una guerra guerreggiata con quella gente: è proprio quello che vogliono.

Giuseppe Riccardo Festa

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