Nell’agosto del 1960, anno della XVII Olimpiade di Roma,la fiaccola olimpica faceva tappa a Cariati, accolta con grande entusiasmo e partecipazione della popolazione e dell’ambiente sportivo locale
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di Franco LIGUORI, storico
Sessant’anni or sono, dal 25 agosto all’11 settembre 1960, Roma ospitava la XVII edizione dei Giochi Olimpici. L’Italia usciva gratificata da questo “esame internazionale”, anche riguardo agli esiti sportivi. Sui campi di gara gli atleti italiani conquistarono 36 medaglie: 13 d’oro, 10 d’argento e 13 di bronzo. I Giochi Olimpici di Roma richiamarono in Italia grandi folle di turisti e accentrarono sull’Italia, che viveva in quel periodo gli anni felici del “miracolo economico”, l’attenzione del mondo intero. Com’è nella tradizione dei Giochi Olimpici moderni, l’apertura ufficiale dei Giochi stessi, fu preceduta dal trasferimento del Fuoco Olimpico da Olimpia alla sede dei Giochi. La prima parte del viaggio avvenne interamente in territorio ellenico, e cioè: Olimpia,Pirgo,Patrasso,Corinto, Megara,Eleusi,Atene. Dal porto ateniese del Pireo, il fuoco olimpico fu issato a bordo della nave scuola “Amerigo Vespucci”, e il 18 agosto sbarcò nel porto siciliano di Siracusa. L’itinerario, poi, seguì,, per così dire, passo passo, le tappe del cammino dell’antica civiltà dalla Grecia a Roma,in una sorta di rievocazione del mondo classico, da cui le moderne Olimpiadi hanno tratto ispirazione e ideali. Da Siracusa passò a Lentini, e poi a Naxos e a Messina. Passato lo stretto fece tappa a Reggio, a Locri, a Crotone, a Sibari, a Siri, a Metaponto, a Taranto, tutte città che sono state importanti colonie dell’antica Magna Grecia. Dopo aver toccato Matera e Potenza, passò sul Tirreno, facendo tappa a Poseidonia-Paestum,, Pompei, Ercolano, Napoli, Terracina, Casatelgandolfo, Roma.
A distanza di tanti secoli si rinnovò così idealmente la partecipazione delle città della Magna Grecia (si pensi principalmente a Crotone e alla bravura dei suoi atleti, tanto che si diceva che “l’ultimo dei Crotoniati era il primo degli altri Greci”).
In Calabria grande e ricca di entusiasmo fu la partecipazione dei comuni interessati al passaggio della fiaccola olimpica, all’organizzazione di apposite manifestazioni ed iniziative. Si costituirono appositi “comitati olimpici” che provvidero a preparare atleticamente e selezionare i giovani da impegnare come “tedofori”, cioè come “portatori della fiaccola col fuoco olimpico”.
Cariati, ubicata a metà strada tra le due celebri città magnogreche di Sibari e Crotone, non priva essa stessa di un passato “greco”, legato un po’ alla leggenda, un po’ a qualche ritrovamento archeologico nel suo territorio, prese parte attiva alle manifestazioni organizzate in Calabria per il passaggio della fiaccola olimpica, grazie anche all’entusiastico impegno del sindaco dell’epoca, Daniele Franza. Il trovarsi, poi, ad essere il paese che segnava il confine tra le province di Cosenza e Catanzaro (segnato dal torrente Fiumenicà ), fece sì che venisse scelta come località di “cambio della staffetta”. Ben 12 furono i giovani atleti cariatesi impiegati come “tedofori” nel tratto Cariati-Calopezzati.
Questi i loro nomi, in ordine alfabetico : Abbritti Pietro, Abbritti Giuseppe, Arcudi Diego, Cariglino Cataldo, Celeste Olindo, Cufari Giovanni, D’Agostino Gisberto, De Pietro Francesco, Graziano Saverio,Ippolito Aldo, Latanza Antonio, Liguori Romano. Il 20 agosto 1960 Cariati visse , dunque, un’importante pagina di storia, legata al grande evento internazionale della XVII Olimpiade di Roma. “Alle ore 9,20, sulla riva sinistra del torrente Fiumenicà, famoso per la cruenta battaglia ivi svoltasi nel 510 a.C. tra Crotoniati e Sibariti” – così scrive Vincenzo Madera in un suo articolo per la Cronaca di Calabria (28 ag. 1960) – “ha avuto luogo il cambio della staffetta. Mentre il giovane atleta Giovannino Cufari, perito industriale, accendeva la fiaccola, su di un palco eretto nelle prossimità del ponte, il sindaco di Cariati, Daniele Franza, rivolgeva, alla presenza del prefetto di Cosenza, del Questore, del Generale dei Carabinieri, del presidente della Provincia, e di altre autorità, elevate parole di saluto a tutte le autorità, comprese quelle di Catanzaro, che hanno accompagnato sino al confine della Provincia il fuoco di Olimpia”. L’articolo della “Cronaca di Calabria”, così continua: “A Cariati, terra della Magna Grecia, la fiaccola è passata tra due fitte ali di popolo plaudente. Dal Nicà alle prossimità della stazione ferroviaria di Calopezzati si sono alternati ben 12 atleti della “Cariatese” per il trasporto del sacro fuoco tra lo sparo continuo di importanti fuochi artificiali. Il fondo stradale, gli alberi, i pali ferroviari, i muri delle scarpate, i muretti dei ponti, i caselli ferroviari e le infinite casette rurali sparse lungo la Nazionale 106, erano letteralmente coperte di bandiere, striscioni, manifesti inneggianti a Roma olimpica, ai tedofori, ai prefetti ed alle autorità delle due province consorelle. Cariati era tutta imbandierata. Nella piazza spiccavano trionfali archi, mentre le finestre, i terrazzi e i balconi erano adornati di vistosi drappi e di meravigliose coperte, arte magistrale delle massaie cariatesi. Per la circostanza sono affluite autorità e cittadini dei vari paesi della costa ionica. Il gentil sesso era largamente rappresentato. Per l’occasione il complesso musicale di S. Giorgio Albanese, ha prestato regolare servizio intonando inni patriottici, accompagnati dai coristi dei Buttafuori di Cariati, diretti dall’insegnante Guzzardi. Ottima l’organizzazione del Comitato cittadino per i festeggiamenti”. Questa puntuale e dettagliata cronaca del passaggio da Cariati della fiaccola olimpica ci riporta ad un momento positivo della storia della nostra comunità,gli anni Cinquanta/Sessanta del secolo scorso, un periodo in cui c’era fra la gente, nonostante le difficili condizioni economiche,una grande fiducia nel futuro, una grande speranza di “rinascita” dopo i difficili anni della guerra e dell’immediato dopoguerra, sentimenti alimentati anche dal fenomeno dell’emigrazione (in Germania,in Svizzera, in Francia), che finalmente portava il lavoro e le agognate risorse economiche per mandare avanti le famiglie e migliorarne le condizioni di vita. La Cariati degli anni ’50 era una cittadina operosa (pesca, artigianato, commercio erano le principali attività) e tranquilla, con settemila abitanti (censimento del ’61), che godeva di rispetto e considerazione in tutto il circondario di Rossano, come capoluogo di Mandamento e sede di vari uffici territoriali, ma anche nella vicina area del Crotonese, allora provincia di Catanzaro, per essere lì conosciuta come capoluogo della Diocesi di Cariati , alla cui giurisdizione quei paesi (Cirò, Cirò Marina, Strongoli, Melissa, Crucoli, Casabona,Savelli, Verzino, Carfizzi, ecc..), in quegli anni, appartenevano e che frequentavano in occasione di eventi religiosi od anche per la presenza del Seminario in cui venivano a studiare i giovani dei vari centri del territorio diocesano. C’era anche, fra gli abitanti, più concordia e più attaccamento al paese, che fecero vivere l’evento del passaggio della fiaccola olimpica come una “promozione” per Cariati: il paese, proprio allora,iniziava a sperimentare l’attività economica del “turismo balneare” (si fittavano, alla Marina, tante case per i “bagnanti” provenienti da vari centri dell’entroterra jonico-silano ed anche da Cosenza ),essendo Cariati conosciuta in tutta la provincia come ridente cittadina sul mare e centro peschereccio, non privo di locande e piccoli alberghi per i villeggianti.
(da una ricerca storica inedita: “Novecento cariatese tra cronaca e storia” di F. Liguori)
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