IL LIBRO DI FRANCO LIGUORI “CARIATI NEL NOVECENTO” : UN’ AMMIREVOLE E COINVOLGENTE RICOSTRUZIONE STORICA DI UN SECOLO DI VITA DEL NOSTRO PAESE. STRAORDINARIA LA RICCHEZZA NARRATIVA DELL’AUTORE, GRANDE IL LAVORO DA LUI  SVOLTO.

Lo ha scritto il noto giornalista toscano  (con radici familiari cariatesi) Giuseppe Mascambruno, che è stato , dal 2008 al 2011, direttore della storica testata fiorentina “LA NAZIONE”, ed ha intervistato, da giovane, il grande  storico Fernand Braudel .

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Leggendo il libro del Professor Liguori, anzi, mi concedo, dell’amico Franco, tra i tanti della mia quarantennale carriera giornalistica, segnata da frequenti spostamenti da una città all’altra, un ricordo mi è balzato subito davanti agli occhi, forte e nitido. L’incontro a Prato con il Professor Fernand Braudel, Accademico di Francia, considerato con giusta ragione, uno dei massimi storici del Novecento. Era il 1985, forse di primavera (Braudel sarebbe morto nel novembre proprio di quell’anno a 83 anni): allora trentenne, ero fresco capo della redazione locale de <La Nazione> e il giornale da Firenze mi chiese un’intervista al professore francese che aveva profondi legami con la città toscana patria del tessile ed era anche presidente del prestigioso Istituto di studi storici intitolato al grande nume nativo Francesco Datini. L’impegno non mi fece dormire la notte precedente all’appuntamento fissato per l’incontro, poco prima del consiglio comunale convocato, in seduta straordinaria e solenne, per il dono a nome della città dello <spadino> con il quale Braudel avrebbe poi fatto accesso all’Accademia di Francia. La soggezione era forte: a dispetto della sua minuta figura, sapevo di dover affrontare un gigante e ne ero intimidito: Braudel intuì subito il mio imbarazzo, umano prima che professionale, e fu lui a guidarmi, a tenermi per mano come un padre premuroso, in un gioco di domande e risposte con queste ultime che a loro volta contenevano già lo spunto per la domanda successiva. E rotavano tutte intorno a un concetto di straordinaria profondità umana, che poi altro non era che il filo rosso della sua opera e della sua straordinaria grandezza : per dare un senso alla storia, mi disse e così lo ricordo bene, non bastano la cronaca degli avvenimenti, le date, la descrizione dei grandi protagonisti, l’analisi del contesto politico-culturale, è fondamentale capire l’uomo, quello con la u minuscola, del tempo che si analizza. Capire l’essenza vitale dell’essere umano inserito nella dimensione più autentica e popolare: come viveva, cosa mangiava, come dormiva, quale spiritualità coltivava, com’era intesa la famiglia, le relazioni amorose, affettive, amicali e le altrettanto intense forme dell’odio, il suo stare nella comunità, il rapporto possibile con il potere. Bene? Male? In pace o in ostilità più o meno permanente? E perchè nell’un caso e nell’altro. Insomma l’uomo al centro di tutto. Sì, mi è venuto in mente questo episodio, perchè il lavoro di Franco nella sua ammirevole e coinvolgente ricostruzione storica di un secolo di vita di Cariati, ha esattamente quel senso così caro a Braudel: la lettura diventa emozione viva, condivisa, percezione quasi fisica, resa attraverso la parola scritta, dei sentimenti forti, delle altezze e delle bassezze di una comunità, nella dimensione del tempo dato ai suoi componenti. E’ inevitabile che questa sensazione diventi ancor più penetrante e coinvolgente, anzi commovente, se capita, com’è capitato anche a me, sia pure a centinaia di chilometri di distanza da Livorno, dove vivo oggi, di ritrovare nelle pagine il segno più forte che un essere umano può avere della propria memoria: il cognome di appartenenza, le radici di una famiglia che mio padre Stanislao, classe 1919, ultimo di undici fratelli, figlio di quel Cataldo citato nel libro tra i consiglieri comunali dei primi anni del secolo scorso, aveva condiviso e vissuto a Cariati sostanzialmente fino alla sola adolescenza. Ma che di quell’ormai lontano luogo natale conservava un ricordo e un legame indelebili, profondi fino alla commozione. Che ai miei occhi e nel mio cuore, si rinnova nei racconti genitoriali, ma anche e soprattutto, ora che i protagonisti non ci sono più da molti anni, nella straordinaria ricchezza narrativa del Professor Liguori (e qui esco dalla confidenza e torno all’omaggio allo storico) che quei ricordi mi ha permesso di contestualizzare e incrociare tra affetti privati e dimensione pubblica. E qui, nel complimentarmi e ringraziare di vero cuore Franco (torna l’amico) per lo straordinario lavoro fatto, non posso fare a meno di cogliere l’occasione per rivolgere un pensiero, altrettanto grato e affettuoso, anche alla famiglia di un altro amico di Cariati, Francesco Milillo, a cui devo sincera riconoscenza per l’amore che ha messo nel recuperare la casa che fu di mio padre, dei miei nonni, trasformata in un gioiello di accoglienza turistica. Dormire, vedere, fare colazione, vivere quelle mura di <Palazzo Mascambruno> in un viaggio tra cugini di qualche anno fa, è e resta una delle esperienze emotive più belle della mia vita. A riprova, come diceva Braudel, che la storia di un popolo, di una comunità, grande o piccola che sia, comincia sempre e solo dalla comprensione dei bisogni e dei sentimenti primi e primari del singolo essere umano.

Giuseppe Mascambruno

Chi è G.Mascambruno

Figlio di Stanislao Mascambruno (nato a Cariati nel 1919), Giuseppe Mascambruno è nato a Firenze nel 1955. Vive a Livorno, dove iniziò giovanissimo la carriera giornalistica, collaborando con la redazione locale de “La Nazione”, e laureandosi, nel frattempo,a Pisa in Scienze politiche. E’ stato alla guida di altre redazioni toscane del giornale (Grosseto, Lucca, Prato, Livorno) ed ha lavorato come giornalista. anche in Umbria (Perugia). Nel 2000 fu vice-direttore de “Il Giorno” a Milano. Dal 2008 al 2011 è stato direttore de LA NAZIONE, trovandosi  a capo della storica testata fiorentina in occasione dei 150 anni di vita del giornale (2009), circostanza che gli diede il privilegio di vivere in prima persona le celebrazioni di quella storica ricorrenza. G. Mascambruno è molto legato alla nostra Cariati, per i ricordi della sua antica  e ragguardevole famiglia, presente nella comunità cariatese fin dal lontano Seicento,e che ha espresso, nei secoli, non poche figure di ecclesiastici, professionisti, amministratori comunali. La dimora dell’antica famiglia e’ sempre stata il Palazzo Mascambruno, da qualche anno trasformato in una elegante residenza alberghiera.

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