E dirà che l’ha fatto per amore.

Sara è l’ultima, per ora. Una ragazza di ventidue anni studentessa di economia, carina e dall’aria intelligente e sbarazzina. Purtroppo non si laureerà: il suo cadavere carbonizzato è stato trovato dalla madre, la notte scorsa, non lontano da casa sua: da due giorni aveva lasciato il fidanzato, ora indagato per omicidio.

Non è giusto emettere sentenze prima che a farlo sia la magistratura, dopo un regolare processo e i canonici tre gradi di giudizio; però è facile prevedere che l’indagato finirà per confessare; e ripetendo il mantra di tutti gli assassini di donne, cercherà di  giustificare l’assassinio, se non di legittimarlo, dicendo che ha ucciso Sara per amore. Come tanti hanno fatto prima di lui, dirà:  “Io l’amavo. Non sopportavo che m’avesse lasciato e non fosse più mia”.

Mia: è questo maledetto aggettivo, ci tocca ancora ripeterlo, a rivelare la tara mentale degli uccisori delle proprie compagne, o ex compagne, legato a un concetto dell’amore che con l’amore, in realtà, non ha niente da spartire.

Costoro credono d’amare ma in realtà vogliono possedere. L’evoluzione dei costumi, delle leggi e della civiltà, per quanto li riguarda, non c’è stata: la loro donna deve idealmente indossare un collare e lasciarsi guidare dal guinzaglio che a quel collare essi intendono attaccare. La loro donna non ha diritto di scelta, semplicemente perché non ha diritti: è una cosa che, una volta che abbia accettato di unirsi a loro – e spesso anche senza averlo accettato – diventa di loro proprietà e non deve mai osare di esprimere un qualunque pensiero autonomo.

E se lei invece rifiuta di accettare questo ruolo che non è neanche di sudditanza, ma piuttosto di totale rinuncia a sé stessa, allora scatta la reazione: o mia o di nessuno.  Questi uomini, è evidente, di amare non sono affatto capaci: la donna che osa sottrarsi al loro dominio scatena una gelosia che in realtà è orgoglio ferito, è un sentirsi defraudare del ruolo di signore e padrone, di maschio dominante sulla femmina sottomessa.

Non sanno niente, questi maschi, della gioia che dà il conquistare ogni giorno la stima e il rispetto e l’amicizia della compagna della propria vita; e il condividere con lei le scelte, anche quelle dolorose, perché il vero amore non è ripiegato sul proprio egoismo ma al contrario è proiettato verso la felicità della persona amata.

Non sanno niente della gioia immensa che, stando accanto ad una donna, dà il meritarsi il loro amore, essere consapevolmente, intelligentemente e amorevolmente uomini, davvero uomini.

E non, come loro, nient’altro che miserabili maschi.

Giuseppe Riccardo Festa

 

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