Divagazioni su pifferai, pistoleri e maestri di tetrapiloctomia

È nel Secondo Diario Minimo e ne “Il Pendolo di Foucauld” che Umberto Eco definisce la Tetrapiloctomia, disciplina molto praticata in Italia, come “la scienza che studia l’arte di spaccare il capello in quattro”.

È a questa scienza che ho pensato quando, cercando di non farmi cadere le braccia, ho saputo della sentenza della Corte di Cassazione in merito alla punibilità del cosiddetto saluto romano, cavillosamente definito punibile, da quella sentenza, se riconducibile a una volontà di ricostituire il partito fascista ma non quando eseguito con intenzioni commemorative.

Quindi se un gruppo di un centinaio o più di imbecilli organizzati vestiti di nero, inquadrati militarmente, al grido del loro imbecille-capo che grida il nome di uno o più fascisti defunti, alzano il braccio destro con la mano tesa e gridano a una voce “Presente!”, trattandosi della commemorazione di uno o più defunti secondo la Cassazione la cosa non è punibile, pur se è evidente l’ attività di organizzazione che precede una siffatta esibizione, è eclatante l’esistenza di una struttura, è impossibile ignorare l’intenzione di rivitalizzare quell’ideologia.

Ma non c’è più da stupirsi di niente: il vento, è chiaro, gira in quella direzione e i supremi giudici, che tengono famiglia, cavillando cavillando si sono adeguati. Il vento gira in quella direzione e non solo in Italia, visto che Putin può permettersi di definire nazista il governo ucraino, lui che in Russia ha metodicamente soffocato ogni voce di dissenso, ha sistematicamente eliminato ogni oppositore, spietatamente controlla ogni mezzo di comunicazione.

Il vento gira in quella direzione anche negli USA, dove Trump può permettersi di minacciare apertamente la Corte Suprema (peraltro controllata da giudici da lui nominati) e in Ungheria, dove il regime di Orban può trattenere in galera da quasi un anno, in regime di carcere duro, Ilaria Salis, una fragile maestra italiana accusata senza prove di aver cospirato, aggredito, organizzato macchinazioni. Contro chi, direte voi, la democrazia ungherese? Macché: una manifestazione nazista.

E come dimenticare Kim Yong-un, il dittatore sedicente comunista della Corea del Nord, che ha una gran voglia di dichiarare guerra al mondo intero? E ancora Netanyahu, che pur di continuare a governare Israele sta massacrando i civili nella striscia di Gaza? E Hamas, che ha scientemente avviato l’azione criminale di Netanyahu e sfrutta quei morti per la propria propaganda?

Per ritrovare un po’ di buonumore bisogna tornare in Italia dove il capo del Governo Giorgia Meloni, quella che ha messo il suo amico Pino Insegno a fare una trasmissione inutile alla RAI, suo cognato a fare il ministro e sua sorella a dirigere il suo partito, si è permessa di dire che grazie a lei è finito “l’amichettismo”.

D’altra parte è sempre lei che ha celebrato il suo primo anno di governo, qualche mese fa, annunciando trionfante che grazie a lei gli italiani umili e semplici potevano finalmente avere voce in capitolo, non più i soliti noti, per i quali era finita l’era delle impunità. Ed io ho pensato subito all’umiltà, alla semplicità ed all’angelica purezza di Daniela Santanchè e di Vittorio Sgarbi. Poi ci ha pensato il deputato Pozzolo (del partito della medesima Meloni), la notte di capodanno, a festeggiare degnamente la presa del potere da parte degli umili, sparando con la sua pistola a uno che stava là (come dimostrato dalle prove effettuate dal RIS dei carabinieri: a sparare è stato proprio lui).

Ma sia chiaro che la pistola, nel nome dell’umiltà e della semplicità, era piccola piccola. Vabbè, ha ferito quel tale alla gamba, ma in fin dei conti non è morto nessuno, che diamine! Mo’, uno non può più nemmeno sparare a una festa di capodanno? Di sicuro Pozzolo ha sparato per legittima difesa, che ne sappiamo noi? Quel tale, magari, stava brandendo un bicchiere di prosecco e minacciava di sbatterlo contro quello del deputato, che poverino ha reagito d’istinto. È proprio per questo che uno va a una festa di capodanno portandosi appresso la pistola, no? Non si sa mai, a queste feste, che cosa può succedere!

Insomma, la storia è sempre quella: chi governa se la canta e se la suona e trova sempre orecchie pronte ad ascoltare, teste pronte ad annuire e gambe vogliose di ballare alla sua musica.

Io solingo, in disparte, il tutto miro (nel senso di guardare, non di collimare), come il passero solitario di Leopardi. A mettermi tristezza è la constatazione che le folle giulive seguono il pifferaio di turno e che anche se io non ho nessuna intenzione di seguire nessun pifferaio, che si chiami Meloni, Salvini, Grillo, Renzi, Berlusconi, Mussolini, Marx o Sciosciammocca,  quando l’incantatore le farà annegare, le folle giulive, nel fiume, si trascineranno appresso anche me.

Giuseppe Riccardo Festa

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