Capisco tutto: la gente ha paura e si sente insicura. Poco importa che da anni le statistiche dicano che in Italia la criminalità è in diminuzione e che il numero dei reati è in calo. Lo capisco, certo: la cronaca è ingorda di un certo tipo di notizie. E poi succede davvero, ogni tanto, che un nigeriano ammazzi qualcuno. Peggio, se ammazza una ragazzina e la fa pure a pezzi. Poco importa che si tratti di un episodio – atroce, ripugnante, disgustoso e inumano, indiscutibilmente – ma pur sempre di un episodio, mentre sono centinaia gli africani (e gli albanesi, e i rumeni, e i polacchi, e i sikh) che nei campi di pomodori, negli aranceti e nei cantieri sono sfruttati e trattati come bestie da caporali al soldo di agrari e imprenditori senza scrupoli: di quelli non si parla, e lo capisco: non fanno notizia. E se ogni tanto ne ammazzano uno, vabbè, era solo un africano (o un albanese, o un rumeno, o un polacco, o un sikh).
Capisco che la gente voglia difendere il suo orticello – mentale, prima che fisico – e guardi con diffidenza e fastidio lo straniero dalla pelle scura, magari pure sbracato, che fuori dal supermercato gli dice «Buongiorno, capo» in un italiano incerto e con la mano tesa.
Capisco che tanti, dopo essere stati a messa, essersi battuti il petto e aver sentito il prete dire che bisogna amare il prossimo, poi leggano, annuendo con vigore, frasi come «prima gli italiani»: il prossimo sono loro, gli italiani, mica questi neri che ci stanno invadendo.
Ecco, capisco pure che si parli di “invasione”: sono diversi, sono strani, si notano. Anche se a scappare dall’Africa passando per l’Italia sono meno di duecentomila all’anno, comprese le donne e compresi i bambini, su una popolazione, la nostra, di 60 milioni di abitanti; e anche se per lo più, arrivati qui, cercano di raggiungere la Francia o la Germania.
E capisco che la gente abbia paura che siano terroristi, fanatici islamici che vengono a diffondere da noi il loro credo pieno di odio e di violenza, perché il clima di insicurezza contagia tutti; anche se molti di questi invasori, tralasciando donne e bambini, sono in realtà cristiani, e anche se in Italia non c’è stato nemmeno un attentato di matrice islamica, e quelli che ci sono stati nel resto d’Europa sono stati perpetrati da terroristi per lo più nati e cresciuti proprio là, in Francia, in Gran Bretagna o in Germania: neanche uno che fosse arrivato con i barconi.
Capisco tutto. Capisco il diritto alla piccineria, all’egoismo più gretto e meschino, alla diffidenza ignorante, al pregiudizio infondato, all’allarmismo ingiustificato. E perciò capisco che Matteo Salvini abbia sbarrato l’accesso ai nostri porti alle navi delle ONG che recuperano in mare quei disperati, anche se in un anno gli sbarchi di quei disperati erano già diminuiti – sono dati ufficiali – dell’80%.
Sì, capisco tutto. Ma per favore, non venitemi a dire che così facendo Salvini sta difendendo la nostra civiltà e la nostra cultura, perché in queste decisioni c’è di tutto: paura, cinismo, pregiudizio, razzismo e soprattutto calcolo politico perché è anche così, anzi: è soprattutto così che al giorno d’oggi si vincono le elezioni, come i fatti dimostrano. Ciò non toglie che queste decisioni di Matteo Salvini, che tanti applaudono orgogliosi ed entusiasti, dimostrino come, in Italia, stiano morendo proprio la civiltà e la cultura.
E anche il più elementare senso di umanità.
Giuseppe Riccardo Festa
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