COME (SENZA RIMPIANTI) HO PERSO UN LAVORO DA TRADUTTORE

Per diversi anni sono stato non solo il traduttore dall’italiano in inglese, ma anche l’editor di molti articoli, pubblicati da una rivista di promozione turistica, spesso redatti da autori certamente entusiasti ma ben poco attenti alla logica di quel che scrivevano, come dimostra questo stralcio:

“Le gallerie del Furlo sono cattedrali scolpite nel silenzio della roccia, testimoni di millenni. Ogni risonanza tra le loro pareti è una voce del passato che racconta storie di eroi e di imperi. Come la galleria romana voluta da Vespasiano, che ancora oggi si erge come un monumento vivente all’ingegno umano, è un retaggio di quella visione romana che vedeva nelle strade il battito del proprio potere e progresso.

Avete mai saputo di una galleria, non solo vivente, ma addirittura capace di ergersi dalla montagna in cui, al contrario, è costituzionalmente tenuta a sprofondare? E di visioni che vedono, vedendo per giunta un battito, e mica di un cuore o di un tamburo, ma del proprio potere e progresso? Di siffatte pompose perle, nel corso degli anni, ne ho rilevate tante e gratis et amore (il mio compenso era limitato all’attività di traduttore) le ho segnalate all’editore, che grato ha sempre accolto i miei suggerimenti di modifica.

Ma poi è arrivato quest’altro testo:

“Il Parco Avventura del Furlo è un invito all’avventura, una sfida che consente di guardare la natura da una prospettiva diversa, con un senso di meraviglia rinnovato. Ma il Furlo non è solo natura; è anche storia e memoria. Il profilo del Duce, inciso sul Monte Pietralata, è un segno indelebile del passaggio dell’uomo, un ricordo di come la storia abbia modellato e segnato questi luoghi. La gastronomia locale, con i suoi piatti che rendono omaggio alle preferenze di Mussolini, è un tassello di una tradizione culinaria che si fonde con la storia.”

Questo testo, ho detto all’editore in un messaggio, così com’è io non lo traduco: non voglio associare il mio nome a questo smaccato elogio del Ventennio fascista e dell’uomo che ne è stato il protagonista.

Apriti cielo! L’editore mi ha telefonato furibondo, gridando che si trattava di descrivere semplici attrazioni turistiche, che era stupito di come io dopo tanti anni di collaborazione potessi comportarmi così, dicendo che la sua rivista non tratta di politica (sic) e accusandomi di essere un comunista. Più l’editore montava in furore, più io – calmo e sereno – insistevo a dire: no, quel testo è pura e semplice apologia di fascismo e io non lo traduco e perciò fattelo tradurre da qualcun altro.

Finché è giunto l’aut-aut: o traducevo quel testo, o la nostra collaborazione finiva là.

Beh, la nostra collaborazione è finita là. Detto fra noi, non è che quel lavoro mi portasse grandi introiti, pur richiedendo un impegno certo non marginale; in fondo in fondo, quel testo è stato per me un’ottima scusa per liberarmene.

Però una cosa, all’editore, vorrei dirla. Il contrario di fascista non è “comunista”: il contrario di fascista è “democratico, ragionevole e civile”.

Ed io appunto, da quando ho uso di ragione, proprio democratico e civile mi sforzo di essere.

E perciò sono antifascista.

Giuseppe Riccardo Festa

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