VAI, VINCENZO, CHE SEI SOLO!

Me ne stavo stravaccato sul divano del salotto, di fronte al televisore, facendo come al solito, dopo pranzo, una cavalcata fra programmi di improbabili cacciatori di fantasmi, insopportabili scocciatori di animali selvatici, inqualificabili ufologi e, peggiori di tutti, rigattieri che comprano alle aste e tenutari di banchi dei pegni che si accapigliano coi loro clienti: volgari, avidi, sordidi, ignoranti e sboccati individui che per motivi incomprensibili le emittenti televisive statunitensi hanno trasformato in divi dello spettacolo.

Su RAI News 24 domina la Costa Concordia, che si continua a seguire in tempo reale per non so quale motivo, visto che osservare il suo viaggio è come guardar crescere l’’erba; e purtroppo, ci sono le solite maledette guerre, le solite maledette stragi di civili innocenti, la solita maledetta e insopportabile stupidità umana. In più da noi, meno cruenta ma non meno insopportabile, c’è la guerra di chiacchiere delle riforme, con le opposizioni che dicono no, la maggioranza che dice sì ma non tutta, eccetera eccetera.

Sui canali principali è l’’apoteosi della gente qualunque che smania per andare a raccontare i fatti suoi davanti alle telecamere; in alternativa, ci sono sempre i programmi di cucina. Insomma, una noia mortale; e infatti di solito, dopo qualche minuto di inutile vagolare fra programmi infarciti di “È incredibile!” (“è incredibile”, secondo i conduttori, che un ghepardo corra veloce, che un aereo voli, che una gru sollevi il suo carico, che un fuoco bruci: ogni scusa è buona per dire È incredibile!””) lascio che Morfeo mi abbracci morbidamente e mi trasporti nel mondo di sogni, per propormi spettacoli ben più interessanti di quelli offerti da Digitale Terrestre.

Oggi però (è il 24 luglio) prima di sprofondare nella pennichella mi sono ricordato del Tour de France; e così ho premuto il tasto 3 sul telecomando. Ultima tappa pirenaica. Mancava una quarantina di chilometri all’’arrivo; Valverde, il secondo in classifica, si era lanciato in una corsa disperata in discesa, sperando di recuperare il suo ritardo; Nibali, a più di quattro minuti, sembrava indifferente e se ne stava nel gruppo.

Io non capisco niente di calcio, ma in compenso sono a digiuno di strategie ciclistiche. Mah, mi sono detto: se non si preoccupa lui…! e mi sono appisolato.

Mi ha risvegliato, poco più tardi, il tono entusiasta e concitato dei commentatori. I chilometri all’arrivo adesso erano dieci, e tutti in salita; e Nibali non solo aveva recuperato il ritardo, ma era partito come un rullo compressore; il povero Valverde arrancava e rischiava anche la sua posizione in classifica (infatti, poi l’’ha persa).

Un altro corridore si affannava dietro il segaligno ciclista messinese cercando di conservare la sua maglia à pois (che poi ha perso, a vantaggio dello stesso Nibali); e lui, Nibali, pedalava sciolto come se stesse affrontando non dieci chilometri al 7% di pendenza media in una tappa tostissima della più importante gara ciclistica del mondo, ma una scampagnata o una sgambata sulla cyclette di casa.

Mi è venuta in mente la deliziosa canzone che Paolo Conte ha dedicato a Bartali. Sarà che la metrica è uguale: Bar-ta-li, Ni-ba-li: stesso numero di sillabe, stesso accento. Andava su, Nibali, con quel naso lungo come una salita, e quel volto triste da italiano in gita, preciso identico al ritratto che Conte fa di Bartali; e ovviamente ho pensato anche ai francesi che s’’incazzano e ai giornali che svolazzano; e come un cretino, mi sono commosso.

L’’era del doping facile è finita: i ciclisti sono sottoposti a controlli talmente serrati da rasentare gli arresti domiciliari. Gli enti preposti devono sempre sapere dove sono per poter loro succhiare sangue e spremere orine in qualunque momento. Dunque, Nibali non è come Pantani, che ha sporcato le sue vittorie con dio sa quali porcherie: Nibali è pulito, e se sale come un angelo su per quei tornanti, lasciandosi dietro tutti gli altri con la lingua di fuori, è perché è davvero un fuoriclasse.

Un fuoriclasse italiano, un modello positivo di italiano! E per giunta meridionale, cosa che a un meridionale fa ancora più piacere. Uno che il successo se lo fatica ogni giorno, pedalando e sudando; e se lo merita, perdio. Un italiano che vince quattro tappe al Tour, che non ha praticamente mai smesso la maglia gialla dal primo giorno, e che non fa lo sbruffone, e quando arriva al traguardo pensa alla famiglia.…

C’’è tutto per volergli bene. In tempi così avari di esempi positivi, è bello vedere la sua foto con le braccia alzate all’’arrivo della tappa dopo che una deficiente, per farsi inquadrare dalla TV, quasi lo buttava per terra poco prima del traguardo.

È bello contrapporre la sua faccia ossuta, con l’’abbronzatura da muratore e il sorriso segnato dalla fatica, alla faccia tosta e sovrappeso di Francesco Schettino, l’’epico affondatore della Costa Concordia, che s’’affaccia anche lui dai giornali, ritratto in una candida camicia bianca a non so che party di non so che vip.

La faccia di Vincenzo Nibali, un italiano che onora il suo Paese nel modo più nobile –- con la fatica onesta e quotidiana e il successo meritato -– contro la faccia di uno che, nel mondo, a causa della sua incompetenza e della sua viltà ha fatto ridere tanti dell’’Italia e, quel che è peggio, piangere troppi di dolore.

Vai, Nibali, che sei solo. Ancora qualche giorno (ormai possiamo dirlo, non c’è scaramanzia che tenga) e trionferai sugli Champs Elysées; e il tricolore nel quale, ne sono sicuro, ti avvolgerai, sarà quello di tutti noi, che vogliamo vedere sempre trionfare facce pulite e oneste come la tua, col tuo naso lungo come una salita e quel tuo volto triste da italiano in gita.

Giuseppe Riccardo Festa.

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