Un piano di approvvigionamento per rimpinguare le riserve idriche della Calabria.

Necessaria una pianificazione di nuovi invasi artificiali per combattere il problema della siccità.

È sotto gli occhi di noi tutti quello che sta succedendo, da tempo, lungo il corso dei fiumi nella pianura Padana. Alvei svuotati dalle acque e, drammaticamente, sotto il livello di guardia. Danni irreparabili all’agricoltura, alla navigazione e a quanto ha a che fare con gli ecosistemi fluviali. L’acqua è e sarà un bene prezioso! Quello principale da proteggere, salvaguardare ed accumulare. Bisogna agire ed alla svelta, prima che anche il Mezzogiorno, la Calabria, lo Jonio si avviino verso una inesorabile desertificazione.

La terra di Calabria tutta ed il versante dell’Arco Jonico in particolare, presentano una orografia che sembra fatta apposta ad accogliere e non disperdere il prezioso liquido.

Le pendici silano-graeche e quelle levantine del Pollino, digradanti verso lo Jonio, con le loro linee morbide ed arrotondate, formano i cosiddetti crateri di valle. Tali zone di compluvio, dalla conica forma rovesciata, se opportunamente modellate, possono diventare efficienti bacini idrici artificiali. E i positivi risultati delle su citate idee progettuali, non tarderebbero ad arrivare. Dall’acqua per irrigazione a quote collinari, a protezione dell’ecosistema a valle. Dalla riserva idrica da immettere in rete, a volano turistico-naturalistico. Da serbatoi per approvvigionamento, a difesa contro gli incendi.

Si pensi, per un attimo, a tutte quelle valli che dal Ferro, passando per il Saraceno, il Nicà ed il Lipuda arrivano al Tacina. Così come i corsi d’acqua principali: Crati, Trionto e Neto con relativi affluenti. La concreta possibilità di sfruttare tonnellate di metri cubi d’acqua, costantemente rifornita dalla presenza di numerose sorgenti e dall’acqua piovana.

Senza considerare che i vantaggi degli invasi avrebbero una valenza paesaggistica ed ecocompatibile se racchiusa con sbattamenti in terra; così come è stato pianificato nella vicina Lucania per imbrigliare il Sinni con la diga di monte Cotugno.

Ed ancora si potrebbe aumentare la produzione di energia elettrica pulita attraverso gli specchi d’acqua privi di moto ondoso. Pensando poi alla disposizione sulla superficie di pannelli fotovoltaici galleggianti, l’utilizzo dell’energia prodotta potrebbe soddisfare le esigenze delle Comunità d’area interna attraversate dai corsi d’acqua. Oppure, si potrebbe proteggere la fonte di vita, utilizzando una tecnica già sperimentata in America per preservare le riserve idriche da invaso: le shadows balls (palline – ombra). Tali sfere, prive di bisfenolo (il principale agente plastico sospettato di essere dannoso per l’uomo) proteggono l’acqua dalle polveri, impediscono la sua evaporazione e, sostanzialmente, la salvaguardano dagli agenti atmosferici.

Viepiù, pulendo l’ultimo miglio di ogni alveo dal sedime accumulato negli anni, questo potrebbe essere utilizzato per nutrire le spiagge joniche. Si contrasterebbe, così, il preoccupante fenomeno dell’erosione costiera.

Regione, Province, Comuni e non per ultimo il nuovo soggetto pubblico pensato per la gestione della acque, dovranno cimentarsi in tali operazioni per cogliere un’opportunità che potrebbe riverberare benessere e migliorie a tutto il sistema Calabria. Scavalcando, una volta per tutte, l’ormai obsoleta e superata struttura burocratica legata ai Consorzi di Bonifica.

Il PNRR è uno strumento valido e può rappresentare la svolta in operazioni di tal tipo.

Utilizziamo!

Per il bene della Sibaritide. Per il bene del Crotonese. Per il bene della Calabria tutta.

Gaetano La Manna

Domenico Mazza 

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