
Prego i miei lettori di non storcere il naso se mi permetto di citare il filosofo Karl Popper il quale, descrivendo quella che lui chiamava “la società aperta”, ossia civile, promotrice della cultura, democratica e soprattutto tollerante, affermava con un apparente paradosso, a proposito di quest’ultima caratteristica, che la società aperta non deve essere tollerante con gli intolleranti.
Popper aveva evidentemente ragione: il contratto sociale consiste proprio nello stabilire il limite oltre il quale non deve spingersi la libertà di ciascuno, e questo limite è quello fissato dalla libertà altrui.
Chi predica la supremazia o la superiorità di alcuni su altri, chi legittima o peggio pratica la violenza, chi invita a disprezzare o addirittura a odiare chi ha una religione, un colore della pelle o un modo di vestirsi diversi dai suoi o da quelli del gruppo etnico, culturale o sociale al quale appartiene, non può pretendere, nel nome della tolleranza e di una malintesa libertà di espressione, di avere il diritto di dire e fare cose del genere. È giusto e necessario che al fuoco della sua intolleranza si risponda con un controfuoco che ne annulli gli effetti e le conseguenze.
Francesco Polacchi, il pregiudicato e violento fondatore della Casa editrice Altaforte, contiguo a CasaPound e dichiaratamente fascista, giustamente e doverosamente espulso dal Salone del Libro di Torino, non ha comunque motivo di lamentarsi: grazie al gran polverone sollevato dal suo caso, ha ottenuto un’insperata pubblicità e vede schizzare alle stelle le vendite del libro di Matteo Salvini che ha pubblicato.
Ovviamente, non sapendo chi sia Karl Popper, emette alti lai e proteste contro l’intolleranza di cui si dichiara vittima, mentre in realtà si tratta di autodifesa della tolleranza nei confronti della sua intolleranza.
Di sicuro, comunque, un briciolo di buonsenso in più da parte degli organizzatori del Salone del Libro avrebbe potuto prevenire il gran battage che la sua ammissione e successiva esclusione dalla kermesse ha provocato, facendogli di fatto un gigantesco regalo.
Un briciolo di buonsenso, e una rilettura della Costituzione della Repubblica Italiana, che alla XII Disposizione Finale detta, in modo chiaro e inequivocabile: È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.
Giuseppe Riccardo Festa
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