C’è una forma mentis in chi occupa posizioni di governo, diffusa un po’ fra tutti i partiti ma predominante nelle formazioni di destra, che induce a ritenere che chiunque, nell’ambito delle istituzioni, esprima posizioni non conformi alle sue, lo faccia in forza di una opposizione pregiudiziale e malevola, addirittura violando il suo diritto di governare.
Di questa forma mentis stanno dando dimostrazione gli esponenti dell’attuale compagine governativa, inclusa la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i quali non nascondono la loro irritazione a seguito della sentenza con la quale la giudice Iolanda Apostolico, del Tribunale di Catania, ha dichiarate illegittime talune norme del più recente decreto riguardante i migranti e il modo di accoglierli, o meglio, di detenerli.
La presidente del Consiglio, in particolare, si dice “basita” da quella sentenza e tira in ballo il solito discorso del governo “democraticamente eletto”.
La Signora Meloni, evidentemente, a dispetto della sua ormai pluridecennale esperienza nel mondo della politica, non possiede basi – neppure elementari – di competenza giuridica e soprattutto di diritto costituzionale.
Se quelle basi possedesse, la presidente del Consiglio saprebbe che qualsiasi governo, fosse anche eletto dal 100% degli elettori, è comunque soggetto a commettere errori, poiché la vittoria alle urne non conferisce il crisma dell’infallibilità. Questa invidiabile dote risulta appartenere soltanto ai papi, che se la sono auto-attribuita durante il Concilio Vaticano I, dichiarandosi illuminati da una fonte di luce ben più alta che non il mutevole e ondivago elettorato italiano; perfino a loro, peraltro, esso è contestato, non solo dai non credenti, ma anche da taluni pensatori del mondo cattolico.
La presidente del Consiglio dovrebbe sapere che alla base dell’ordinamento che regola le istituzioni del nostro Paese c’è la famosa divisione dei poteri – esecutivo (il suo), legislativo e giudiziario – e che è proprio questa divisione, anche mediante il controllo che gli altri due poteri esercitano sul suo, a garantire la democraticità dello Stato. Dovrebbe sapere, la Signora Meloni, che le sentenze si rispettano e se si vuole contestarle (è anche una questione di stile) non lo si fa gridando all’attentato alla democrazia ma ricorrendo all’istanza giudiziaria superiore, nel caso in esame la Corte di Cassazione.
È la Signora Meloni, dunque, che si dimostra ben poco democratica proprio quando pretende di invocare la democrazia, in quanto si attribuisce un potere non contestabile, e quindi assoluto, e quindi agli antipodi del concetto stesso di democrazia.
Spiacente per lei, ma deve rassegnarsi: la nostra Costituzione, diversamente da quelle di Ungheria e Polonia che i suoi amici colà al potere hanno stravolto, non consente al potere esecutivo di agire senza controlli e senza limiti. Non escludo che la Signora Meloni possa provare anche lei a modificare a proprio vantaggio la Costituzione, ma fino a che non ci sarà riuscita (e non ho difficoltà a dichiarare che mi auguro di tutto cuore che non ci riesca, né lei né chiunque altro), dovrà sottostare ai vincoli e alle limitazioni che la Carta impone al suo potere.
È la (vera) democrazia, bellezza.
Giuseppe Riccardo Festa
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