Non accenna a placarsi il grido di dolore dei dializzati di Cariati

Le condizioni della sanità nel basso e alto ionio cosentino sono veramente preoccupanti, se hanno prodotto già il primo effetto negativo, l’assuefazione, anticamera della rassegnazione. Ci eravamo occupati su queste pagine del grido di dolore di un dializzato del centro di Cariati che in una lettera aperta invitava le autorità civili, religiose e sanitarie ad occuparsi delle condizioni della sanità nella zona, considerate alquanto precarie e dettate dal timore che il centro dialisi di Cariati potesse essere ridimensionato e successivamente chiuso. Alfredo Genovese, delegato ANED, a nome di tutti gli altri dializzati e assistiti nel centro di Cariati non si arrende e lancia, in un comunicato-stampa, un secondo accorato appello lamentando: “Come chi soffre viene trattato come bestia e nemmeno fatto degno di una risposta; mi riferisco alle autorità di governo, ecclesiastiche ed a quelle sanitarie, locali e provinciali”. Il timore della chiusura del centro dialisi è il motivo dominante del grido di dolore di Alfredo Genovese e di tutti i dializzati che lui poeticamente ma in maniera incisiva definisce “martiri della quotidianità”. Chiudere Cariati significherebbe per tutti loro moltiplicare il “martirio” per un considerevole numero di chilometri da percorrere a giorni alterni. Ma anche sulla sicurezza delle cure che si sofferma Alfredo Genovese. In più passaggi annota, a nome suo ma anche a nome di tutti gli altri, la serietà, la professionalità e, soprattutto, la sensibilità con la quale il personale medico, infermieristico ed ausiliario opera nei loro confronti, chiarendo, in maniera esplicita, che il suo giudizio non “è dettato da amicizia o dai rapporti instaurati, ma da quanto ho potuto verificare di persona in altri centri dialisi”. E’ in atto una profonda riorganizzazione dei servizi sanitari nell’ex ASL 3. Cariati e Trebisacce sono stati praticamente chiusi. Razionalizzare è la parola d’ordine, chiudere è invece la realtà dettata da ragioni economiche. Chiudere tutto passando sopra la testa di pazienti legati a filo doppio ad una macchina per la loro sopravvivenza è semplicemente tragico. E’ questo in realtà il grido di dolore di questo gruppo di dializzati che si rendono conto di essere dei numeri, delle pedine da spostare secondo le disposizioni dei vari dirigenti. L’assordante silenzio delle autorità ha colpito tutti i dializzati e le loro famiglie, ci ha confidato Alfredo Genovese, ed è sicuramente un motivo di riflessione per tutti.

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