L’Italia vista da “lontana” al tempo del Coronavirus!

Nessuno ha mai pensato di prendere decisioni drastiche per il solo fatto che venissi dall’Italia

Poche ore dopo la mia partenza per una meta, che fa parte ormai del ventaglio della nuova offerta turistica del “mondo moderno”, e in Italia è scoppiato il focolaio del COVID-19. 

Se la scoperta fosse avvenuta solo qualche ora prima, probabilmente avrei disfatto le valigie rinunciando alla vacanza con la famiglia. 

Sarei stato di sicuro rapito dalla forte preoccupazione di affrontare un viaggio lungo nell’incertezza dei suoi inconfinabili risvolti.  

Invece, il destino ha voluto offrirmi la possibilità, d’altronde unica visto il delicato momento, di guardare al Bel Paese da molto lontano. 

Le prime notizie di quanto stesse accadendo lungo la nostra Penisola mi sono giunte attraverso il piccolo schermo, quando già ero da qualche ora atterrato all’aeroporto di Abu Dabhi. 

Qualcosa, tuttavia, l’ho immediatamente percepito perché non appena messo piede in uno dei sette Stati degli Emirati Arabi erano stati di fatto raddoppianti i controlli sanitari a terra. 

Chi scrive, come anche tanti altri italiani, si è dovuto sottoporre a verifiche piuttosto stringenti sul suo stato di salute, altresì sottoscrivendo attestazioni rigorose circa i luoghi da dove provenivo. 

Le frontiere delle nazioni che ho attraversato nei giorni seguenti, tra le quali Quatar e Oman, sono state altrettanto capillari e meticolose nei controlli. 

Lo stesso è avvenuto agli ingressi delle più importanti attrazioni culturali e artistiche, le sedi istituzionali e i luoghi di svago visitati nei giorni successivi. 

Nulla è sfuggito, ma con enorme rispetto e amorevole delicatezza. Colloqui singoli con personale specializzato che aveva lo scopo di carpire i motivi del viaggio e le informazioni sulle abitudini di ciascuno, avute nei giorni precedenti all’arrivo nel loro paese. 

Insomma, nonostante fossi italiano e in Italia l’epidemia virale avesse raggiunto picchi piuttosto preoccupanti, mi sono sentito rispettato e accolto come turista nel migliore dei modi. 

Ho sentito che i controlli, tutti effettuati con enorme premura e mai invasivi, avevano come obiettivo principale lo stato della mia salute e di conseguenza quella delle persone del posto. 

Mai mi sono sentito un peso. Anzi. Dialogando con i vari responsabili dei controlli dedicati mi sono sentito rassicurato da quanto stessero facendo nei confronti di tanti come me. 

A dire la verità non so se è stato un bene o un male ascoltare in terra straniera le notizie che giungevano, piuttosto allarmanti, dall’Italia. Ero preoccupato che in qualsiasi momento potessi ricevere un niet alla frontiera di qualche Stato che in programma di visitare. 

Sono riuscito in questi giorni trascorsi lontano dall’Italia a vincere la paura e resistendo ai tanti dubbi che inevitabilmente mi hanno preso, grazie soprattutto agli innumerevoli controlli ai quali sono stato sottoposto. 

Più bello ancora è stato non sentirmi un pacco da respingere o meglio di troppo per i Paesi che ho visitato. 

Posso dire a voce alta che il buon senso e l’equilibrio ha caratterizzato i territori che ho attraversato. 

Nessuno ha mai pensato di prendere decisioni drastiche per il solo fatto che venissi dall’Italia. 

Il sorriso, con il quale sono stato sempre accolto, è stata la migliore ricetta per sconfiggere un problema che ritengo serio, ma che va affrontato con procedure mediche uniformi e regole rigorose, che facciano sentire le persone protette e al sicuro. 

Bando a qualsiasi comunicazione irresponsabile che potrebbe tirare brutti scherzi alla già precaria economia italiana. 

Nicola Campoli

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