il travaglio del Partito democratico. Intervista al segretario di circolo

Il travaglio interno del Partito democratico in Calabria sta innescando una discussione serrata anche, e soprattutto, alla base. Migliaia di iscritti vivono giorni di autentica passione, aprendo un dibattito che coinvolge ogni soggetto della società civile. Sugli “umori” del popolo Pd, abbiamo sentito il segretario cittadino Fausto Sero, responsabile di uno dei più vivaci circoli dello Jonio cosentino e coautore del cosiddetto manifesto dei “100 Paesi”, il documento programmatico della base dell’intera provincia di Cosenza. Con ordine, segretario. Cosa rappresenta il commissariamento del partito in Calabria? Rappresenta la vera sconfitta dell’ intera classe dirigente, avvitata ormai su se stessa e impegnata in guerre intestine solo per autorigenerarsi. Noi, come “100 Paesi”, condividiamo pienamente la scelta di Bersani. La riteniamo coraggiosa e responsabile, e siamo pronti ad offrire al commissario Adriano Musi la nostra piena e incondizionata disponibilità. E’ assolutamente necessario parlare il linguaggio chiaro della proposta riformista in una terra dove il maggiore partito e’ quello del non voto e dove un cittadino su due e’ senza lavoro. Noi siamo pronti. 100 paesi per il PD. Cosa spera per il futuro? Un partito che parta dai bisogni reali della gente costruito attraverso un progetto di unità in grado di coinvolgere tutti e ciascuno, con l’obiettivo di portare sul palcoscenico delle scelte che contano la Calabria vera, quella dei problemi della gente. Ma non c’è il pericolo che questa aspirazione possa essere frenata dalla “casta”? I privilegi della casta devono essere banditi, perché provocano indignazione, disorientamento, rassegnazione, ed allontanano le persone per bene dalla politica. Il ricambio dei nostri rappresentanti nelle istituzioni deve avvenire naturalmente e senza traumi ogni due mandati. Il perdurare al potere logora il rapporto eletto – elettore – partito. Dobbiamo garantire a tutti pari opportunità, premiando i più capaci e meritevoli, senza scadere nella lotta immorale di rincorrere questo o quel “capobastone”, portatore di pacchetti di tessere comprate. Parole dure, come pietra. E per quanto riguarda la leadership? Non possiamo ridurre tutto alla mera questione della guida del partito; allo scontro tra questo o quel gruppo; alla confusione dei ruoli tra chi sta nelle istituzioni e chi deve portare avanti il partito con la gente e nella gente. Con estrema chiarezza, credo che a nessuno possa essere più consentito di rivestire la duplice funzione di controllore e controllato. I problemi della Calabria sono quelli noti da sempre. C’è una priorità? Scuola, ricerca, Università, innovazione, ambiente, criminalità, ricambio delle classi dirigenti: sono i drammi della regione. Credo, però, che una riflessione sulla sanità sia necessaria: bisogna avviare una forte rottura con il passato mettendo al centro della sanità il cittadino, la sua salute, il suo futuro. La politica deve fare centomila passi indietro evitando di guardare alla sanità come terreno di clientele, di rafforzamento personale o dei propri sostenitori. Emigriamo per cercare lavoro e per studiare, ma intraprendere, nel terzo millennio, il cammino della speranza su un treno di “terza classe” per curarsi in strutture del centro e del nord, è sinceramente insopportabile per una regione che si definisce civile.

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