Il riordino dei rifiuti sarà devastante per i comuni. Nessuno ha eletto Gualtieri, basta coi commissari.

Il consigliere Mirabelli, in Consiglio Regionale, ed altri suoi colleghi, chiedendo che venisse approvata con urgenza l’hanno chiamata “Piano dei Rifiuti”. Significa che gli onorevoli che la sostengono, di fatto, non sanno neanche di cosa si tratta visto che la legge di riordino è cosa ben differente dal piano dei rifiuti. Questo è il livello con cui il consiglio regionale decaduto affronta un problema come quello dei rifiuti e del resto, a dirla tutta, la legge proposta dal Dipartimento Politiche per l’Ambiente della Regione tutto è tranne che un riordino. Si tratta di un provvedimento con cui si definiscono gli ATO (ambiti territoriali ottimali) e ARO (ambiti di raccolta) dei rifiuti, cosa decisamente auspicabile se gli ambiti fossero davvero ottimali, cioè studiati per le esigenze dei territori, magari decisi dai territori stessi, e non calati dall’alto e fatti apposta per le esigenze dei privati. Infatti saranno definiti ATO le province, con conseguente ingolfamento automatico almeno di Cosenza, ed ARO, udite udite, i vecchi comprensori delle società partecipate: Vallecrati, Sibaritide, Appennino Paolano eccetera eccetera. Significa, in sostanza, due cose. Primo, che la Calabria sarà spartita per quelle sette o otto aziende private che, di fatto, già fanno il bello ed il cattivo tempo sui territori, gestendo raccolta indifferenziata, differenziata e discariche, in una logica non tanto liberista, ma cretinista visto che solo un cretino promuoverebbe davvero la differenziata sapendo di guadagnare dieci volte di più scaricando tutto in discarica. Secondo, che i comuni smetteranno di poter gestire autonomamente l’unica cosa che fin’ora potevano gestire, cioè la raccolta. Di disastro in disastro. Si è detto che l’approvazione di questa legge è urgente: falso. L’unica premura della regione nell’approvare questo testo è, paradossalmente, la norma transitoria, cioè l’affidamento dei soldi delle tariffe pagate dai comuni, quindi dai cittadini, ad una contabilità speciale, cioè fuori dal bilancio regionale, a disposizione del dirigente del Dipartimento Ambiente, Bruno Gualtieri, con cui saranno pagati i soliti privati che, ancora una volta, costruiranno enormi profitti sull’incapacità volontaria e clamorosa della Regione di gestire il settore rifiuti. Gira e rigira, l’acqua finisce sempre nello stesso, grasso, mulino. Da quando è cessato formalmente il commissariamento in Calabria, cioè dal marzo 2013, la Regione Calabria avrebbe dovuto normalizzare la gestione dei rifiuti, affidando ai comuni l’onere e l’onore di programmare le proprie risorse e sostenendo iniziative virtuose come impianti di compostaggio o di recupero di materia. Invece, se possibile, ci troviamo in una situazione ancora peggiore, con un commissario camuffato da dirigente che fa quel che vuole da quasi due anni relegando giunta e consiglio a meri gruppi ratificatori. Oggi il ritornello di onorevoli e affini è sempre lo stesso: tutta colpa dei quindici anni di emergenza e dei commissari, figure ormai lontane. Si tratta del tentativo ridicolo di dipingere Assessori e Dirigenti del Dipartimento Ambiente come degli inconsapevoli cappuccetto rosso tra le fauci di lupi commissari, quando, in realtà, ogni provvedimento, a partire dalle autorizzazioni delle fantastiche discariche in giro per la Calabria, passava (e passa) sotto il naso dei dirigenti, Gualtieri compreso. E del resto, all’epoca, nessuno osava mettere in discussione l’operato dei commissari, al contrario le giunte di centrodestra e centrosinistra ne hanno chiesto sistematicamente, tutti gli anni, la proroga. I consiglieri regionali, oggi, se avessero un minimo di decenza, eviterebbero di compiere l’ennesimo scempio nel settore rifiuti, l’ennesima proroga di fatto di un commissariamento senza fine e, soprattutto, senza nessuna utilità cercando, invece, di superare l’estate senza nuovi mostri per il territorio calabrese ed affidando ai comuni la responsabilità di gestire i rifiuti dalla raccolta allo smaltimento, lasciando agli stessi la facoltà di associarsi in ambiti ottimali secondo le esigenze dei territori. Se i sindaci non saranno in grado di farlo i cittadini sapranno come ricompensarli. Ben più difficile è ricompensare un dirigente regionale, pagato coi nostri soldi, non eletto e coi poteri di un commissario. Flavio Stasi

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