
Dunque il governo, “emblematicamente” riunitosi a Cutro, ha deciso di rendere più severe le pene a carico degli scafisti, che evidentemente ritiene responsabili – se non unici, certamente i principali – del gran traffico di disperati che affolla di barconi fatiscenti il Mediterraneo.
La notizia ha ridestato in me antiche reminiscenze scolastiche ed ha rinverdito il ricordo dell’efficacia che sugli interessati, i bravi e i loro mandanti, avevano le famose “gride manzoniane”.
“Bravi”, come tutti sanno, stava per “coraggiosi”, certo non per “brave persone”. Sono due bravi che, all’inizio de “I promessi sposi” intimano al pavido don Abbondio di non celebrare le nozze fra Lucia Mondella e il tessitore Lorenzo – “o come dicevan tutti Renzo” – Tramaglino.
La mia impressione è che agli scafisti, quelli veri, quelli che incassano migliaia di dollari spremendo come limoni i disperati che cercano di venire in Europa fuggendo da fame, guerre e persecuzioni; agli scafisti, dicevo, delle pene più o meno severe minacciate dal governo italiano, che lo faccia da Cutro, da Roma o da Forlimpopoli; di quelle pene, agli scafisti, non gliene potrebbe fregare di meno.
Certo, si fa un gran clamore sui tre o quattro che i sopravvissuti hanno indicato agli inquirenti italiani, ragazzotti turchi e pakistani che erano sul barcone naufragato insieme a loro; ma quelli, a mio modesto avviso, non sono i veri scafisti e di sicuro non sono gli organizzatori del traffico di esseri umani che spesso sfocia in disastri come quello che è accaduto la scorsa settimana.
Se non fosse tragico, verrebbe da sorridere all’idea che gli scafisti veri, in Libia, Tunisia e Turchia, possano spaventarsi apprendendo che il governo italiano ha deciso di inasprire le pene a loro carico: già è improbabile che lo vengano a sapere, ma anche ammesso la loro reazione, se non una risata, sarà al massimo una scrollata di spalle.
Gli scafisti che viaggiano con i migranti, certo violenti, magari anche sadici, sono comunque strumenti, semplici strumenti nelle mani degli scafisti veri. Non parlano italiano, non parlano probabilmente nemmeno inglese o francese; non è detto che sappiano leggere e scrivere. Sono la classica ultima ruota del carro, proprio come lo sono gli spacciatori che distribuiscono bustine di droga nei parchi o agli angoli delle strade nei quartieri meno frequentabili delle grandi città. Rischiano la pelle esattamente come i migranti, probabilmente in cambio di qualche spicciolo, mentre i caporioni s’ingrassano senza correre il benché minimo pericolo.
Quindi se, almeno, arrestare gli spacciatori può servire a limitare il mercato illegale della droga, inasprire le pene contro gli scafisti non ridurrà nemmeno di un barcone il traffico dei disperati e non limiterà in nulla il rischio che si verifichino altre tragedie come quella di Cutro.
La riunione del governo a Cutro, inutile passerella propagandistica, non produrrà il benché minimo effetto sui flussi migratori in atto. L’unico modo in cui si sarebbe potuto limitare il numero delle vittime del traffico disumano che Meloni, Salvini, Piantedosi e gli altri fingono di voler contrastare, sarebbe stato di ritirare i decreti vergognosi che tarpano le ali alle ONG, la cui priorità è salvare vite umane mentre quella del governo (ma non solo di quello attuale) è di non avere la seccatura di doversi occupare di tutta quella gente che pretende di sopravvivere a fame, guerra, stupro, violenza, persecuzioni, e ancor di più di tenersi buono un elettorato che ha esattamente le stesse priorità.
È evidente che un problema così epocale, una tragedia così globale e immane, richiede soluzioni di livello ben più elevato, col coinvolgimento delle istituzioni europee e degli altri Stati della Comunità (i governi di molti dei quali però sono ancora più miopi del nostro) e interventi sui Paesi d’origine delle migrazioni: soluzioni coraggiose, iniziative lungimiranti e, soprattutto, una visione umanistica e umanitaria prima che utilitaristica e meschinamente elettoralistica.
Ma il governo italiano continua a pensare che gli scafisti a bordo siano i soli responsabili, o almeno i responsabili principali, e che le ONG provochino gli imbarchi, o addirittura li incoraggino, e che per fermare il traffico basti fare “bum” con la bocca inasprendo le pene a carico degli scafisti.
Il risultato, purtroppo, sarà che il traffico continuerà e anzi, con l’arrivo della bella stagione, aumenterà; e che noi tutti – non importa se per connivenza, per insipienza o per indifferenza – avremo sulla coscienza altri morti, tanti altri morti.
Fermo restando che non mancheremo di piangere calde e ipocrite lacrime di coccodrillo dopo ognuno dei naufragi che verranno, senza però scacciare il pensiero che in fondo, come ha detto il ministro Piantedosi, se muoiono, e fanno morire i loro figli, la colpa è soprattutto la loro.
Giuseppe Riccardo Festa
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