ATTENTATO DUGINA, CHI E’ “STATO” ?

di Marco Toccafondi Barni

“E’ il Rasputin di Putin”. Purtroppo sí, abbiamo dovuto sentire anche questa: Dugin come Rasputin, il monaco che a inizio Novecento entró nelle grazie della zarina per banali precauzioni che sembravano quasi aver guarito suo figlio Alexis, l’erede affetto da emofilia.

Lo Stupid Mundi – Proprio cosí, nello stupidario infinito e mai domo del giornalismo e dei media, che un po’ per autentica ignoranza e un altro po’ per lisciare il pelo a un’ opinione pubblica senza opinioni, Dugin non soltanto passa come l’eminenza grigia dietro al Cremlino e alle ultime mosse del suo potente inquilino, ma addirittura come il vero obiettivo dell’attentato che una settimana fa ha posto fine all’esistenza della giovane figlia del filosofo: Darya Dugina. Sono stupidaggini completamente inventate, al pari di malattie terminali per Xi e lo stesso Putin o un tirannicidio imminente ormai da mesi tra le mura del Cremlino, ma nel contempo prese per oro colate da chi, non sapendo nulla su certi argomenti, prende tutto per buono. Ricostruzioni a dir poco fantasiose e inventate di sana pianta che di conseguenza portano a conclusioni sbagliate: per esempio che fosse Aleksandr il vero obiettivo degli attentatori e non la figlia appena trentenne che, poverina, per tanti é stata solo vittima di una sfortunata casualitá.

Giá, uno scambio di persona per aver preso l’auto del padre. Supposizioni fatte a casaccio per arrivare a conclusioni altrettanto strampalate, perché nella realtá il vero obiettivo erano i Dugin, come famiglia. Darya, Infatti, in patria é conosciuta, eccome, lui é invece piú noto in Italia rispetto alla Russia, anche perché parla decentemente l’italiano. Non a caso da anni é un idolo dei cosiddetti rossobruni: da Casapound, che lo ospitó su una terrazza romana nel 2018, fino a Diego Fusaro, il “marxista” nero. Tuttavia non é un nuovo Rasputin fuor da propaganda e la figlia, indicata da molti russi come la Marine Le Pen di quelle parti, era conosciuta dal grande pubblico, sempre molto dura (per usare un eufemismo, ha spesso definito gli ucraini dei non umani), nazionalista, con una carriera politica davanti e soprattutto in linea con le idee del padre, seguace dell’euroasiatismo paterno al quale sovente prestava il suo volto giovane e bello. Di conseguenza poteva senz’altro essere lei il vero obiettivo degli attentatori o comunque potevano essere entrambi: i Dugin. Ma nello stupidario nostrano si vuol credere altro, senza riuscire neppure a capire bene il motivo. Nella realtá Darya era una sorta di ariete dall’aspetto giovane e gradevole, utile per sfondare in politica, mentre Aleksandr era ed é la mente per attrarre i settori nazionalisti e ortodossi della destra russa.

Putin di un Rasputin non sa che farsene –  Un’ altra baggianata insensata é credere, seriamente, che Putin, un militare, un colonello e una ex spia del KGB, il tipico uomo degli apparati statali, sia sensibile all’esoterismo o alle pose messianiche di Dugin, come poteva esserlo, oltre un secolo fa, una madre disperata quale la zarina che, inevitabilmente, subí senz’altro il fascino di quel santone arrivato dalla Siberia e che pareva poter guarire il figlio con un rimedio che oggi sarebbe alla portata persino di un semplice appassionato di medicina e medicinali come Carlo Verdone: togliere l’Aspirina.

Un uomo come Putin di pensatori come Dugin non sa che farsene, sono ben altri i suoi punti di riferimento filosofici. Certo, sicuramente avrá letto alcuni suoi libri e ascoltato le sue teorie, per poi in privato bollare il tutto come scemenze messianiche e fin troppo intrise di esoterismo e estremismo nazionalista. Dopodiché lo avrá usato per attrarre le destre europee e spiare i satelliti UE degli Stati Uniti, la collaborazione tra i due si ferma a questo. Non é infatti un caso che non esista una sola fotografia, un’ unica immagine, che ritragga Putin e Dugin insieme. Dunque non c’e davvero altro, se non nelle fantasiose e poco acute menti di troppi disinformati che amerebbero argomentare e invece sono costretti a vaneggiare.

Chi non é stato – In questo attentato é quasi piú importate capire chi non é stato a compierlo, piuttosto di chi é stato. La mia personale previsione é che  non lo sapremo mai veramente. Quasi certamente non sono stati gli ucraini, come volutamente dichiarato ai 4 venti e dopo appena 24 ore, dai servizi segreti russi (Fsb). No, Kiev non dovrebbe entrarci nulla e la ragione la si evince da un fatto facile da osservare, per chiunque: nessun servizio di sicurezza al mondo, neanche il meno capace, figuriamoci quindi l’erede del leggendario KGB, pubblicizza una sua falla cosí clamorosa, un errore tanto madornale da parte dei suoi agenti. Se invece lo fa significa che vuol farlo perché ci sono dei motivi ben precisi: lanciare segnali. Qualcosa di simile, ovviamente alla amatriciana come si addice al Belpaese, qualche tempo fa accadde anche in Italia: un ufficiale della Marina militare, tale Walter Biot, venne pizzicato mentre intasca una tangente da un russo all’interno di un parcheggio, immediatamente i servizi nostrani si affrettarono a rendere pubblica la notizia dello spionaggio russo ai nostri danni e quindi a denunciare una loro falla. Perché lo fecero ? Ovvio, per mostrarsi fedeli alleati Usa. Della serie: “Sí , abbiamo sbagliato peró ve lo diciamo e lo ammettiamo pubblicamente, pur di dimostrare quanto vi siamo fedeli”. Lanciare segnali, appunto. Ecco, la stessa dinamica, ovviamente con tutte le differenze e i distinguo da fare tra i servizi di un impero e quelli di una provincia come l’ Italia, é successa con la rapidissima, tanto da aver addirittura scavalcato la procura durante le prime indagini, denuncia dei servizi russi nell’attentato Dugina, che hanno immediatamente indicato in una 40enne ucraina, tale Natalia Vovk, l’esecutrice materiale.

La Vovk, secondo la versione FSB, avrebbe agevolmente superato ogni controllo per entrare in Russia, insieme alla figlia 12enne, poi da cittadina ucraina avrebbe partecipato a un convegno dove erano ospiti i Dugin e perfino affittato una stanza nel loro stesso palazzo, per poterli controllare da vicino. Infine, la donna e la figlioletta, subito dopo l’ attentato, sarebbero riuscite a fuggire in Estonia come nulla fosse, cioé proprio in uno dei tre piccoli stati baltici nemici giurati dell’orso russo e dove l’estradizione é impossibile. Insomma, é la denuncia di una serie di mancanze talmente evidenti da far capire come trattasi quasi di una ammissione a chiare lettere: é stata una nostra fazione, siamo stati noi, alcune delle forze dietro a Putin da oltre 20 anni, probabilmente per alcuni regolamenti di conti tra gli ambienti nazionalisti degli apparati statali russi, che forse potranno tornare utili anche al Cremlino in chiave propagandistica.

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